Al momento stai visualizzando Sugheri e boe – Violenza: dalla falsa ironia al femminicidio

Il seguente articolo riporta alcuni brani tratti dal saggio conclusivo di Giulia Letizia Sottile al romanzo di esordio di Pina Mazzaglia intitolato “Il più bel giorno della mia vita”. Per la versione integrale dello studio, si rimanda al libro in cartaceo.

foto di Giulia Letizia Sottile

Il più bel giorno della mia vita” è romanzo familiare, dove, su uno sfondo di degrado socioculturale, emerge in primo piano il tema della violenza domestica. Pina Mazzaglia esordisce nella narrativa con una storia potente, in cui le dinamiche familiari sono mostrate dall’interno, come se si svuotasse una tasca a mostrarne la fodera. Indigna, scuote, anche rispetto a torpori ancora persistenti.

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Ci racconta di una bambina, Rosaria, nata da un abuso sessuale coniugale, nata dunque dalla violenza e cresciuta nella violenza, psicologica ancor prima che fisica. La bambina che non è stata mai amata, né in teoria né in pratica, neppure dalla madre, sottoposta a quotidiane mortificazioni, diviene una ragazza disposta a tutto pur di sentirsi desiderata, voluta bene, e poi una donna abituata a reprimere ogni slancio di orgoglio. Rosaria ha tutta l’aria di essere realmente esistita, voce di un coro di donne che hanno già cominciato a parlare, a volte non già per un amor proprio rinato, ma per proteggere i propri figli o curare una malattia sopraggiunta. È il caso delle molte donne che ascoltavo durante i miei tirocini universitari al servizio pubblico, bestie da soma e fabbriche di bambini con cui tenersi impegnate per non cedere alla natura fedifraga, esecutrici silenziose, creditrici disattese, mogli precoci per fuggire da casa, corpi sopravvissuti.

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Un tempo era più semplice parlare di subcultura e associarla a un contesto circoscritto, socialmente e geograficamente, e anche allora non senza margini d’errore. Oggi la violenza domestica è un fenomeno trasversale, che, senza doversi necessariamente tradurre in femminicidio (che è la punta dell’iceberg) e finire a indignarci su giornali e televisioni, consta di livelli e sottolivelli che prendono diversi nomi, dalla violenza fisica (percosse) a quella verbale e psicologica (insulti, insinuazioni, squalifiche, costrizioni, gaslighting). E poi c’è quel giochino a cui partecipano pure le donne che si chiama sessismo benevolo, che è fatto di battute apparentemente bonarie, barzellette, paternalismi a loro volta mascherati da affetto, pseudo-galanterie e confidenzialità non richieste. Accade oggi e accade dappertutto.

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Certo, la violenza psicologica non ha bisogno di costruirsi su un quadro al completo di tale retroterra sottoculturale. Le basta molto meno per esistere.
È già presente quando si sentono frasi come: “Non è cosa tua, lascia perdere”; “Non sono fatti che ti riguardano”; “Non è una cosa importante”; “Non è vero, è una tua impressione”.
Quest’ultima affermazione apre un capitolo molto interessante, spesso sottovalutato, in questo romanzo molto pertinente: la mistificazione della realtà operata ad arte con l’intento di tenere sotto controllo qualcuno. Il gaslighting.
Gaslight” fu un film degli anni ’40, tratto dall’omonima opera teatrale del 1938, di Patrick Hamilton, che aveva al centro della scena un rapporto coniugale malato, in cui il marito, per appropriarsi dell’eredità della consorte, le prova tutte per indurla alla pazzia o a convincerla di esservi arrivata, manipolando gli oggetti e i luoghi domestici e negando di esserne l’artefice. Tra gli stratagemmi, affievoliva la luce della lampada a gas. Lei aveva avuto un’allucinazione, ricordava male o era bugiarda. Instillando giorno dopo giorno il tarlo del dubbio. Inibendo ogni spontaneità nei comportamenti, soggiogati dal giudizio altrui, unico criterio a quel punto attendibile anche ai propri stessi occhi. La realtà a misura dell’altro.
Ma per non andare troppo lontano dai nostri giorni, con le rappresentazioni dei prodotti culturali, proponiamo anche l’esempio dei romanzi “La ragazza del treno” (di Paula Hawkins) e “Shining” (di Stephen King), da cui sono stati tratti gli omonimi film.
Nella forma di sottomissione a cui si è costretti (e qui uso la desinenza maschile in funzione di neutro perché tutti possono esserne vittime), ci si trova ingabbiati in una versione della realtà soffocante in cui non c’è spazio di manovra neppure mentale, nella disperata ricerca di una versione dei fatti in cui possano coesistere quante più rivendicazioni possibile, mentre ciò che proprio non collima è distorto o rimosso.
Dall’altro lato, l’insistenza quasi delirante con cui si continua a imporre la propria versione dei fatti, anche a dispetto delle apparenze, richiede uno sforzo continuo, a volte avvilente, che prima o poi fa acqua; scontrandosi oltretutto con il percorso di consapevolezza dell’altro, che non era poi così scemo, seppur ritenuto estremamente tale.
Sia l’alcolista Rachel dal suo finestrino che la buona Wendy all’Overlook Hotel avevano capito tutto o molto. Dai destini molto diversi (come diverse sono le sensibilità delle penne da cui sono scaturite), soggiacciono alle stesse squalifiche. Non anticipiamo al lettore a quale delle due donne somiglia di più la Rosaria di Pina Mazzaglia.
Ma il gaslighting può essere operato anche socialmente, quando si persuade gli altri di qualcosa di preconfezionato a proprio uso e consumo (come le menzogne che hanno fatto terra bruciata attorno a Rosaria), come, per andare alla nostra attualità storica, il negazionismo di alcune frange della popolazione e di alcuni personaggi politici di rilievo. Come se bastasse dire qualcosa per far sì che sia vera, come se gli interlocutori fossero incapaci di discernere. In alcuni casi sino a toccare mitomania, megalomania, sadismo.

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Di una sconvolgente efficacia rappresentativa sono alcune immagini che sin dall’inizio iscrivono la storia dei personaggi nel registro della menzogna.
Al matrimonio di Rosaria e Gaetano i fiori sono finti, di stoffa, ricoperti da un involucro di plastica. L’assenza della vita, la simulazione della vita, la parvenza. I confetti sono verdi.
Tocca anche la crudeltà della scena del bacio materno, spietata. Mentre le due sorelle sono accucciate nello stesso lettino, Anna dalla parte della parete e Rosaria all’esterno, la signora Rina (quasi mai chiamata mamma) si china per il bacio della buonanotte, rivolto esclusivamente alla prima sebbene dovesse passare dalla seconda per raggiungerla.
Il lettore non può non far caso ai tre aborti spontanei di Rosaria, prima di mettere al mondo il primo figlio. L’aborto non solo come rifiuto della vita, ma anche come riduzione al silenzio della vita, il silenzio della pancia.
Quando anche la protagonista dovrà tenere con sé un’arma per difesa personale, sembra di sentire, come lei, la canna fredda e dura contro la pelle innocente, simbolo dell’imposizione di un modello, di uno stile di vita, di un pensiero.
Nelle pagine in cui lei comincia a mostrare segni di insofferenza, è una scena thriller quella del dito che disegna fiori sui vetri appannati delle finestre che danno sulla pioggia, e quello stesso dito deforma un petalo nella scritta “AIUTO”, frettolosamente cancellata. Un lapsus inammissibile.

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Giulia Letizia Sottile

Giulia Letizia Sottile

Giulia Sottile è nata e vive a Catania, dove ha compiuto gli studi e ha conseguito la maturità classica. Laureata in Psicologia e abilitata alla professione di psicologo, non ha mai abbandonato l’impegno in ambito letterario. Ha esordito nella narrativa nel 2013 con la silloge di racconti intitolata “Albero di mele” (ed. Prova d'Autore, con prefazione di Mario Grasso). Seguono il racconto in formato mini “Xocò-atl”, in omaggio al cioccolato di Modica; il saggio di psicologia “Il fallimento adottivo: cause, conseguenze, prevenzione” (2014); le poesie di “Per non scavalcare il cielo” (2016, con prefazione di Laura Rizzo); il romanzo “Es-Glasnost” (2017, con prefazione di Angelo Maugeri). Sue poesie sono state accolte in antologie nazionali tra cui “PanePoesia” (2015, New Press Edizioni, a cura di V. Guarracino e M. Molteni) e “Il fiore della poesia italiana. Tomo II – I contemporanei” (2016, edizioni puntoacapo, a cura di M. Ferrari, V. Guarracino, E. Spano), oltre che nell’iniziativa tutta siciliana di “POETI IN e DI SICILIA. Crestomazia di opere letterarie edite e inedite tra fine secolo e primi decenni del terzo millennio” (2018, ed. Prova d’Autore). Recentissimo il saggio a orientamento psicoanalitico intitolato “Sul confine: il personaggio e la poesia di Alda Merini” (2018). Ha partecipato a diverse opere collettanee di saggistica con contributi critici, tra cui “Su Pietro Barcellona, ovvero Riverberi del meno” (2015) e, di recente, “Altro su Sciascia” (2019). Dal 2014 ricopre la carica elettiva di presidente coordinatore del gruppo C.I.A.I. (Convergenze Intellettuali e Artistiche Italiane); dal 2015 è condirettore, con Mario Grasso, della rivista di rassegna letteraria on-line Lunarionuovo. Collabora con la pagina culturale del quotidiano La Sicilia.