Ultimamente mi sono trovata a riflettere sull’intersezione tra alcuni temi, come il multipotenziale, il meridione d’Italia e i percorsi personali e professionali delle giovani donne che cercano di capire chi sono e cosa fare di ciò che hanno già capito, per affermare un proprio spazio nella società e per la società. Alcune di queste affrontano o hanno affrontato percorsi tradizionali che hanno condotto a sbocchi lavorativi tradizionali, pur con sacrificio e perturbazioni, specialmente in questi ultimi due anni in cui il mondo intero è stato messo a dura prova. Altre si sono trovate a ristrutturare più volte il proprio progetto di vita, un po’ in virtù dei cambiamenti nella propria persona, un po’ nel tentativo di trovare la soluzione più efficace e più confacente di integrazione tra le moltitudini presenti in sé stesse. Mi riferisco al multipotenziale, e a come spesso questa poliedricità rischi di indurre confusione, mentre invece dovrebbe rappresentare una risorsa e una marcia in più. Per questa ragione mi piace confrontarmi con giovani donne, più o meno appartenenti alla mia generazione, che si trovano nel pieno della costruzione del proprio percorso e della propria personalità. Per questo ho voluto rivolgere alcune domande a una ragazza siciliana, originaria della provincia di Ragusa, che rientra in pieno in questa (chiamiamola) casistica, Federica Siciliano.
L’ho conosciuta diversi anni fa in occasione di eventi culturali organizzati dal gruppo Convergente Intellettuali e Artistiche Italiane, di cui ho l’onore oggi di essere la presidente e a cui Federica Siciliano allora era vicina. Da allora ho sempre seguito con interesse le iniziative che lei ha portato avanti in autonomia, di operatività culturale al servizio del territorio.
Ed eccomi qui a rivolgerle alcune domande.
- Federica, cominciamo da una delle tue più grandi passioni: la fotografia. Come nasce in te questo interesse e come si è evoluto nel tempo?
La fotografia nel mio percorso di ricerca ha avuto parecchie ispirazioni. In assoluto il maestro Giuseppe Leone con le sue fotografie mi ha permesso di entrare in una percezione del mondo totalmente diversa e fuori dall’ordinario. Che cosa è effettivamente un fotografo? Forse un profeta o un testimone? La fotografia difatti è profetica e testimonia un momento unico e irripetibile che viene fermato dallo scatto fotografico. Un momento che non si ripeterà più se non in altre forme e in altri contesti. La fotografia diventa quindi verità assoluta che racconta la vita e le sue sfaccettature, prese dall’occhio attento e vigile del fotografo, che scava il circostante, rivelando una visione dello straordinario nell’ordinario. Il fotografo è un alchimista della luce, sua alleata nella rivelazione dell’estasi e della bellezza. La fotografia, da puntualizzare, è chimica, che si sviluppa in camera oscura tra i bagni di sviluppo e fissaggio, dove il fotografo realizza l’opera nella sua massima espressione. La poetica di ogni fotografo non è facile da definire e delineare, gli stimoli sono tanti e hanno bisogno di tempo e costanza per essere costruiti e radicati. Una radice che porta continuamente alla scoperta di sé e dell’universo.
- La seconda domanda riguarda la strada intrapresa da qualche anno a livello professionale, che riguarda le discipline orientali che tu hai sposato attraverso la formazione come maestra di Taiji Quan. Cosa spinge noi più giovani e occidentali secondo te ad avvicinarsi a questo mondo in un’epoca generazionale già fuori dalle suggestioni che qualche decennio fa potevano rappresentare per i nostri genitori i film di Bruce Lee? Quali esigenze spirituali muovono la nostra ricerca e in che modo la sapienza orientale può essere applicata alla nostra quotidianità nel contesto della tua esperienza personale in qualità di istruttrice?
Il mio avvicinamento alle discipline orientali come il Qi Gong e il Taiji Quan stile Chen è avvenuto grazie agli insegnamenti di natura tradizionale che mi sono stati trasmessi dal maestro Giuseppe Paterniti Lupo, la cui scuola, Stone Temple Tao, ha sede a Treviso. Il lavoro profondo di queste discipline permette al praticante tramite il corpo di svuotare la mente da pensieri disturbanti per conoscere sé stesso, la sua essenza. Il lavoro sul corpo non è da sottovalutare in quanto è il tempio della nostra relazione tra interno ed esterno. Nel Qi Gong come nel Taiji Quan si struttura un corpo che permette di accumulare forza vitale e di ascoltare l’energia, sciogliendo tensioni e rigidità, creando una mente flessibile e vigile, non conflittuale, e realizzando uno stato di presenza e di quiete che porta ben-essere al praticante. Lo studio di queste pratiche ha bisogno di continuo allenamento per raggiungere delle qualità sia sul piano fisico che quello interiore. Carne e spirito non sono di certo separati, come neanche noi siamo separati dal resto del cosmo, siamo tutti parte di un unico grande nucleo universale. Le nuove generazioni dovrebbero a mio parere avvicinarsi a queste discipline per radicarsi nel presente e scoprire il proprio talento o come lo chiamano i cinesi il proprio mandato celeste. Ognuno di noi su questo universo ha una missione da perseguire e coltivare, molto spesso è la società produttiva che ti dice cosa devi diventare non ciò che il talento ti permetterà di Essere. Queste discipline quindi ricollegano il praticante non solo a sé stesso ma anche alla natura, generando un principio armonico di unità. Coltivare questo tipo di pratiche nella modernità è estremamente importante, soprattutto per mantenere stabile una centratura, che permette di rimanere radicati nel qui ed ora e non oscillare su condizioni psicologiche tra passato e futuro, due dimensioni che non esistono e che allontanano dalla vera realtà dell’esistenza. Tutto questo lavoro nel praticante porta un vero e proprio risveglio della coscienza, “la voce del padrone” come cantava Battiato, realizzando una trasformazione alchemica di raffinazione da piombo in oro, dalla prigione alla libertà interiore.
- La terza domanda riguarda un’esperienza concreta di cui ho appreso con entusiasmo, avvenuta questa estate, dell’organizzazione di una residenza nelle montagne abruzzesi per artisti che hanno avuto l’opportunità di vivere esperienze olistiche di intreccio tra le arti e il contatto con la natura. Puoi parlarci di questa iniziativa e di quale contributo hai portato?
AIR*M, residenza di artisti in montagna, è un progetto ideato e diretto dall’artista abruzzese Valentina Colella, realizzato sul Monte Genzana, nel rifugio La Revote, a 1649 mt di altezza. Ogni anno sono selezionati artisti dalle accademie di belle arti di tutta Italia e quest’anno, giunta alla terza edizione, è stata selezionata l’accademia di Sassari, rappresentata da Giulia Fois e Giuseppe Cossu, affiancati da due artisti con più esperienza nel panorama artistico, Rosanna Pezzella e Giulia Cacciuttolo. Gli artisti si sono trovati a vivere in un ambiente spartano che li ha ricollegati alla parte più atavica di sé stessi, comprendendo un principio di vita sano e naturale più a contatto con la natura e le sue manifestazioni. Insieme alla mia collega Emanuela Alfano siamo state selezionate, lei per la curatela e fotografia, io come tutor olistico e per la fotografia. Il mio contributo quindi è stato da una parte fotografico, immortalando i momenti più salienti di realizzazione delle opere ad alta quota, sia i momenti di condivisione, in cui gli artisti sono riusciti a creare un senso di aiuto reciproco senza conflitto né competizione. Nella propria unicità ognuno ha espresso pienamente la propria poetica, in cui la natura e la montagna abruzzese ne sono diventati parte integrante. L’ulteriore contributo è stato quello di far sperimentare agli artisti il lavoro con corpo, mente e spirito tramite la pratica del Qi Gong, che vuol dire lavoro sull’energia. L’arte è in sé energia e saper veicolare e ascoltare l’energia permette all’artista di avere totalmente coscienza dell’opera realizzata. L’esperienza avvenuta all’alba è stata davvero suggestiva e ha permesso di entrare profondamente in relazione con il circostante, in cui l’alba è diventata la metafora del sé in unità con il tutto, l’Io Sono di tutte le cose che sono state, sono e saranno.
- La cosa che ci ha fatto incontrare è stata qualche anno fa la scrittura. Che rapporto hai con la scrittura e hai nuovi progetti a riguardo?
La scritturarmi accompagna sempre nei momenti di espressione e di racconto. Mi trovo spesso nella condizione di realizzare non solo fisicamente il lavoro ma anche mentalmente, portando sulla pagina bianca parole che permettano di capire meglio ogni ricerca portata avanti. La mia impostazione di scrittura è principalmente saggistica e tende verso una dicitura semplice e diretta che permette di entrare nel cuore delle cose e delle situazioni, di sollevare e di svelare il velo di Maya, aprendo lo sguardo e ampliando gli orizzonti in virtù della bellezza e della verità.
- L’ultima domanda, anche in virtù dell’introduzione da cui io stessa sono partita: Qual è stato il tuo percorso di individuazione di te stessa, dei tuoi talenti e delle tue aspirazioni? Quali eventuali ostacoli hai incontrato in quanto donna? Come hai vissuto da un punto di vista professionale questi due anni di pandemia e quali sono i tuoi progetti futuri?
Il percorso di individuazione di me stessa parte dalla sensazione del piacere del fare, in cui ogni momento diventa motivo di stupore, arricchimento e crescita, il talento viene da sé se ne viene valorizzato la sua vera natura espressiva e le sue caratteristiche. Le arti come la fotografia, il Qi Gong e il Taiji Quan stile Chen mi hanno permesso di osservare con più lucidità il mondo che mi circonda.
Le aspirazioni restano centrate sul coltivare giorno dopo giorno le abilità dell’arte, accogliendo con attenzione ed entusiasmo ogni opportunità di condivisione.
In quanto donna, non credo di aver trovato grandi difficoltà, preferisco non legarmi a questo tipo di condizionamenti di sistema che dividono, andando oltre. Spesso le difficoltà sono, invece, opportunità di crescita e stimolo. Nel 2019 ho fondato la mia scuola Alla Sorgente del Tao con sede a Ragusa, dove è possibile praticare e conoscere il Qi Gong e il Taiji Quan stile Chen.
Il periodo di pandemia mi ha fatto di certo riflettere su quanto la lentezza e l’assenza di stress sono da preferire, per una vita più sana ed autentica, condizione che la pratica personale e quotidiana mi aveva già permesso di esserne cosciente ampiamente. I miei progetti sono legati a portare avanti la conoscenza essenziale di queste arti, con purezza ed impegno.
a cura di Giulia Letizia Sottile