La confusione e le trepidazioni dei momenti schizofrenici con cui Salvini & C, hanno condotto e accompagnato fino all’ultimo le operazioni di voto per la elezione del Presidente della Repubblica, possono aver fatto sfuggire i commenti di alcuni deputati, e senatori, tra quelli più palesemente appartenenti alla categoria degli scappati di casa, il proposito di modificare il dettato della Costituzione sulla elezione del capo dello Stato. Auspicavano anzitutto un’accorciata agli anni e aggiungevano il voto popolare. Lasciamo alla paremiologia siciliana il proverbio che ammonisce: “Cu cangia a vecchia ccu a nova peggiu trova”, non si può fare di tutte le erbe un sol fascio. E quanto a “fascio” gli scappati di casa, non dico che lo amano ma spesso lo praticano. Magari per ignoranza. Ma è la vita. Ora qui non si vuol salire sul podio della politica, noi teniamo a essere letterati, per poco o molto che possa sembrare, a me basta, perché mi consente di poter dire quel che sento anche, ove occorra, ripetendo Alberto Salustri (Trilussa), che quando passava un asino lo salutava con rispetto, chiamandolo asino, o quando gli capitava d’incontrare un maiale, rispettosamente lo salutava con il suo esatto e vero nome di maiale, come per l’asino: Addio maiale. Certo “‘ste bestie non m’intenderanno” concludeva, ma era soddisfatto di aver potuto dire il vero senza ipocrisie e pericoli, quella volta, in quegli anni di “fascio” e di tutte l’erbe un fascio, di finire in prigione.
L’ho fatta lunga. Volevo dire che i Padri costituenti non stabilirono a caso, per alzata d’ingegno, la misura dei sette anni per la durata in carica del presidente della Repubblica. Loro decisero, lo si creda o no, tenendo presente, da persone dotte e portatori di esperienze, ispirandosi a una tradizione biblica mai interrotta e sempre ripetuta, anche per occasioni frivole.
Spiegazione, la mia, quasi ludica, tra cabala e numerologia. Il numero sette corrisponde a quello dei pianeti, ai giorni della settimana, ai gradi della perfezione, e ai petali della rosa. Inoltre, ogni periodo lunare dura sette giorni, e i quattro periodi chiudono in ventotto giorni il ciclo lunare, particolare quest’ultimo su cui si spinse ad acrobatiche ricerche Filone di Alessandria, facendo notare come la somma dei primi sette numeri primi dà la stessa cifra, ventotto. E poi: Salomone costruì il tempio in sette anni, il candelabro ha sette braccia, il settimo giorno è destinato al riposo. E ci fermiamo, perché questa volta c’è di mezzo il bis cui il Parlamento ha costretto l’uscente presidente Mattarella a restare per altro settennato. Costretto perché la inesperienza, la poca dottrina e la levità di tanti scappati di casa, ha portato a una adulterazione delle indicazioni codificate dalla saggezza dei Padri costituenti. Poi i 55 applausi che hanno interrotto il discorso di saluto che il saggio dotto e paziente presidente siciliano, Sergio Mattarella ha rivolto al Paese, hanno dimostrato, con l’impeto proprio delle resipiscenze fanciullesche, la naiveté di una compagine nella quale, alcuni come il mio saggio amico di sempre Luigi Bersani, farebbero meglio a mettersi in quiescenza, adesso sono tempi per gli scappati di casa del tipo che evito di nominare per reticenza di ispirazione trilussiana.
Ludi Rector