La locuzione latina “Ubi Maior minor cessat” che significa “dove vi è il maggiore il minore decade” ovvero “quando c’è chi vale di più, chi vale meno si deve mettere in disparte” è stata spesso citata in questo tempo di Pandemia per giustificare affermazioni, comportamenti, restrizioni e limitazioni della nostra libertà personale.
L’origine di questa locuzione è in verità sconosciuta.
Nonostante la larghissima diffusione, non è infatti possibile risalire a una fonte certa.
Secondo alcuni si potrebbe riferire all’autorevolezza di due importanti personaggi storici, Catone il Censore (234-149 a.C.) e Catone l’Uticense (95-46 a.C.). I due ebbero, per motivi diversi, grande rilievo sulla scena politica romana. Per distinguere il bisnonno e il pronipote, che portavano in realtà lo stesso nome (Marco Porcio Catone), si ricorse agli aggettivi rispettivamente Maior e Minor. Questa interpretazione, elaborata non già in età classica ma in tempi più recenti, non risulta tuttavia particolarmente convincente. L’integrità morale dell’Uticense non sembra inficiata dall’eredità del Censore, non vi sono infatti fonti attendibili che contestualizzino questa sorta di “sottomissione”, né riletture storiche che la giustifichino.
Una spiegazione invece più credibile farebbe risalire l’espressione al contesto giuridico, per analogia con formule come ubi societas, ibi ius («dove vi sia una società, lì domina il diritto»), pure di origine oscura.
Ubi maior minor cessat può essere invocato per creare e impostare gerarchie di valore.
Non mancano poi i contesti antifrastici o eufemistici, in cui invece il ricorso all’ubi maior tende a svelare l’impossibilità di contrastare andamenti prestabiliti. L’idea che un fattore più grande debba necessariamente surclassare una ragione minore rende il detto adatto anche nelle situazioni in cui una ragione, un fine maggiore giustifichi il sacrificio di esigenze più minute o particolari.
In ambito giuridico, se ne rinviene oggi in effetti un‘ampia applicazione, quando si invoca il bilanciamento degli interessi e dei diritti attribuendo la priorità ad uno di essi a discapito dell’altro o degli altri.
Credo nella saggezza dei proverbi ove ho da sempre rinvenuto espressione di sapienza volta a tutelare gli equilibri in diversi ambiti e settori del nostro vivere.
Mi interrogo però sulla valenza attuale di questa espressione, poiché in una società stanca e malata, e non soltanto perché afflitta dalla Pandemia, dove regna la confusione , l’incoerenza e l’incertezza non è così facile scindere il maggiore dal minore, ciò che ha più importanza da ciò che ha meno importanza.
Ebbene, ad ogni quesito è d’uopo segua una risposta, occorre però che sia consapevole esaustiva ed efficace.
Io penso di averla trovata nell’autorevole frase di Socrate: La conoscenza rende liberi!
Ma liberi da chi e da che cosa?
Questo però sta a ciascuno di noi scoprilo.
Fabiola Marsana