Al momento stai visualizzando San Giuda – 2

(…continua dal numero precedente)

Ma, penetrando l’aria come gli artigli dell’aquila più veloce, la voce del santo, amplificata da morbidi altoparlanti, si intersecò con lo sproloquio del vescovo e lo dominò.

«La nostra, la “vera”,
è del corpo Religio
e questo, si spera,
tornerà nel prodigio
il giorno, di un’era
che dopo tale servigio
compare a noi ignara:
della vita il fastigio,
apice della storia.
E tanto ci porta
in questa strada contorta
a pregare, sudare,
il tempo sprecare
in suppliche, orazioni,
o in lodi, ovazioni,
memorie d’antichi cultri,
La dolce fanciulla ideale,
se è stata obbligata in prova
dall’uomo, Quinziano (la voleva),
e se, al divino fedele,
lo repulse fra mille emozioni
di stracci, supplizi e trazioni,
a noi può donare canzoni
per Dio modellate con toni
corretti a scacciare orchi e oni.
Ma oggi c’è altro colore,
la storia in noi scava
diversi orizzonti senza bava,
di torture
non vogliamo più sentire.
Seni stravolti ed estirpati,
dolori sofferti, sopportati!
Turpe violenza, sia cancellata!
Sorriso e altruismo oltre la grata
dell’Io troppo spesso oltraggiato.
Solidarietà, che sia riscattata!
La sua voce sta ad ascoltare…»
lacrime stillava.
«Preghiera ragione non trova
se un ragazzo affoga in mare…
Dio vuole un contributo reale!
Per la vita dobbiamo lottare!
Invidia, avarizia, smodate ambizioni,
gelosia, il mio il tuo, ipocrite finzioni,
guerre, terrore, lotte per i troni
lasciamo macinare nei cassoni,
spazzatura abituale
della routine ignava»
e adesso di rabbia ghignava.
«Del piacere carnale
donne pur d’altra cultura
han diritto dietro le mura
di sporchi alloggi, di stazioni.
E che ai poveri sia offerta mansione
di un credo vissuto in azioni
e nei selvaggi dell’Amazzonia
trovino specchio tutti i coloni
nel rispetto della loro figura
e della natura.
Domani avrete male
e io vi guarirò,»
giurò.
«Oppure il paradiso, puntuale,
aprirà le porte al vostro sorriso.
Fiducia voglio sul viso
di tutti voi
perché siete Suoi
e non vi abbandonerà mai!»

“La manderemo il prima possibile a svolgere in segreto una missione che potrebbe rivelarsi la più importante della storia umana. Nelle Sue mani stiamo rimettendo il destino di tutte le povere anime che trepidano davanti al palcoscenico della vita di Cosma: stiamo donandoLe il bottone che potrebbe lanciare l’atomica sulla Chiesa Cattolica o salvarla per molto da qualsiasi minaccia, quando sul capo di Cosma potrà pesare una corona che non avrà pari nei secoli, perché il grande santo non è uomo qualunque, padre Giordano.
A Lei il compito di impedire che il fiore del ventunesimo secolo appassisca prematuramente.”
Se non c’era altro concetto che potesse esprimere Padre Giordano per impedire alla Chiesa di investirlo di un compito a cui lui non si sentiva adeguato… perplesso e sconcertato, si lasciò trasportare dall’altrui volere forse per spirito d’obbedienza, più probabilmente per curiosità, oppure per seguire un flusso senza opporsi: non per l’orgoglio di ricevere un premio ai lunghi sforzi o per l’opportunità di realizzare qualcosa di vero, ma per inerzia dettata dalla spinta ad agire, un energico colpo alle spalle su un’altalena che da un momento all’altro sarebbe tornata, passiva, nuovamente giù.

 

– 3 –

Si guardava le mani di pelle e ossa, mani rugate da segni che lasciano impronte, mani che non avevano impresso orme né gesti aggressivi, e le sentiva scuotersi sotto l’influsso del filosofo ribelle, psicologo ben conscio della propria repressione. Aveva scelto quella strada per fuggire la paura della vita, ma soprattutto la paura di se stesso brutale. Ogni sera si riconosceva allo specchio e si confortava di essere riuscito a resistere mondo per un altro giorno ancora, ma non rifletteva che proprio questo fosse il vero miracolo: la forza che dominava un violentissimo impulso a rivoluzionare il fluire lento e inarrestabile del tempo.
Meravigliosa la luna a cui lui non ululava e che illuminava una strada da percorrere a luci spente! Se padre Giordano non avesse saputo che qualcuno fosse lì, si sarebbe immerso in una natura lontana dalla vita abituale, una natura che, così silenziosa, permetteva di vedere persino il colore delle maioliche di questo pavimento senza tetto. Se non avesse saputo di essere atteso, avrebbe creduto che il mondo gli fosse discosto per un raggio di chilometri e che solo un uomo, lui, ne calpestasse l’erba fangosa.
«Non si dovrà fare intimorire dagli uomini di Cosma», gli aveva raccomandato il vescovo. «Forse i loro volti e i loro modi non saranno fra i più rassicuranti, in compenso queste persone conoscono il valore dell’onore meglio di chiunque altro».
Onore. La smorfia che coprì il volto del giovane prete avrebbe raggelato qualsiasi spettatore. Eloquente era la sua espressione, eloquente la parola onore.
Uomini nati per vendersi a un destino di eterna sopravvivenza. E le lotte, gli omicidi, le vendette trionfavano abitualmente. In compenso, militi inarrestabili, si facevano chiamare “famiglie” e i boss erano come padri. Cosa c’entrassero loro con Cosma e soprattutto cosa avesse a che vedere lui stesso con tutta la storia, avrebbe preferito non sapere mai.
La campagna d’inverno offriva alberi scarni e minacciosi, nascondeva isole di vita fra l’erbaccia altissima e, quando l’autista, sudaticcio per la tensione, l’aveva fatto scendere vicino il caseggiato deserto, padre Giordano, aspettando che sparisse dietro l’angolo, aveva intravisto un barbagianni agitare lento le ali (che gli erano parse enormi) e ne aveva udito anche la voce.
Ripensandoci, ora che era immerso nella pace, rifletté su quanto fosse bella, come il riflesso sui vetri rotti del palmento in abbandono, come le stelle adombrate dalla luna.
Si incamminò fra i filari d’argento, salticchiando qua e là le pietre che sporgevano dal biancheggiare della terra. Sentiva odore di muffa, fruscii di bisce e di volpi, il suono sommesso di una finestra che, cigolando, sbatteva al fuggire del vento.
Questa era la prima esperienza. Niente laurea o rapporti umani con un mondo crudele. Padre Giordano aveva sempre cercato di sprangare le porte a profondi coinvolgimenti affettivi, aprendo senza posa le copertine di libri che avevano riempito un cuore colmo di furia, una mente che, sola, aveva già assistito a molto. Adesso, inesperto, veniva impacchettato e spedito, dono, a un santone impazzito che si faceva proteggere da una ciurma di mafiosi.
Abbozzò un sorriso, passandosi la mano fredda sul collo e lo sentì in fiamme. Non sapeva se avrebbe saputo controllarsi sotto la rudezza di un delinquente, né di fronte alle lacrime di uno che diceva di parlare con Dio e invece nasceva per prenderLo in giro e per ingannare il resto del mondo.
Le fronde di alcuni ulivi si stirarono per assecondare raffiche d’aria come i capelli del prete che, un po’ trasandati, gli scendevano sulla fronte attendendo il barbiere.
«Patri Gioddano D’Ancilu?» domandò un figuro, sporgendosi d’improvviso dal bordo di un muro mezzo divelto. Il sussulto che ne seguì fu inibito e trattenuto dall’abbraccio di un secondo nuovo arrivato che lo intrappolò da dietro la schiena. Il suo cuore allora iniettò sangue con estrema furia.
«Gli uomini di Cosma?» riuscì a scandire, nonostante il braccio del killer che gli stava dietro premesse sul pomo d’Adamo, doloroso.
«Mutu statti! Mutu ggiubbu!(1)»
Raccogliendo gli stracci della maturità che si faceva largo nel suo carattere, padre Giordano sopportò lo stupro dalle mani che lo perquisirono con attenzione, movimenti bruschi ma professionali, quel respiro roco da bestia asmatica, le zaffate di lezzo umano. Non si trovava di fronte a un contadino che sapeva fare qualche lavoretto, ma a un passo dall’assassino di ruolo che non vede niente al di là dei propri credo. Glielo leggeva nello sguardo acuto che risplendeva a tratti di un fuoco interiore, nella pelle dura e tesa, nel fare rabbioso carico di piccole cicatrici, nella snellezza muscolosa che compensava la bassa statura…
Pur torturato dal proprio Io inorgoglito e dal braccio duro che lo strozzava, scelse di non emettere suono. Immobile, rigido, attese che finissero, perché prima o poi avrebbero finito e allora, forse, avrebbero abbandonato le scortesie.
«Sento il pulsare delle sue vene», disse sottovoce il giovanotto che lo teneva, tono folle e giocoso, «il tremore sale verso il cervello assieme a una linfa sporca di paura. Guardalo, Pietro, ci avevano detto che avremmo trattato con un uomo, invece padre Giordano D’Angelo è un piciuciu (2). Dovrebbe essere lui a salvare il nostro Cosma? Se la sta facendo sotto per noi… con lui tutte le lacrime del mondo non gli bast…»
Era stato zittito dall’occhiata omicida dell’altro che, tirata fuori la pistola e portatala sulle labbra di padre Giordano, gliela spinse contro i denti che lui trattenne chiusi.
«Uhe! Corvu cascittùni! Arrisicati a fariti sèntiri e t’astutu cu chissa! (3)»
Padre Giordano non aveva capito i particolari di ciò che gli era stato detto, ma che facesse meglio a non fiatare, questo, sì, era più che chiaro.
Fu condotto a spintoni dentro una stanza dal tetto sfondato, dove si intravedevano rovine, paglia e travi. A tratti i muri cadenti coprivano con massi e ombre secchi rotti o lamiere abbandonate come in una discarica abusiva. Oltre il buco rimasto al posto della finestra, la carcassa di una macchina bruciata faceva da culla a ragni e lucertole; più vicino, all’interno della villa romana in disfacimento, c’era un tavolo integro sul quale, dentro un bicchiere, brillava immobile liquido incolore.
«Bevi!» sussurrò il giovane, premendogli una canna di pistola contro la nuca.
E mentre padre Giordano, respirando profondamente, cominciava a  comprendere che davvero ci fosse in gioco qualcosa di molto importante, più di una basilica o di un potere nazionale, si avvicinò al tavolo, pronto a salutare per un po’ la propria coscienza.
“È uno stupefacente? Va bene!” pensò “Non è mai troppo tardi per cominciare a vivere!”
Sorrise con se stesso perché sapeva che non gli era stato concesso di scegliere, che quella notte era sottoposto a un sopruso inaudito e che questa violenza gli era offerta proprio dall’immensa organizzazione a cui lui era stato sempre dedito.
“Pedina!” si rimproverò. “Morirai vile, dopo essere nato folle.”
Ma in fondo nessun uomo al mondo poteva vantarsi di non interpretare la parte del manichino.
Bevve senza pensare e non passò molto prima che non ci fosse più.

Note:

(1) «Sta zitto!»

(2) Individuo che non è tenuto in considerazione

(3) «Ehi! Prete spia! Osa farti sentire e ti ammazzo con questa!»

Marcella Argento

(continua al prossimo numero…)