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Ho scritto poesie per alberi, poeti, fontane

ho mosso la mano sul foglio con grafemi baciati

da pensieri nostalgici, rabbiosi; lontane

le terre lasciavo, dietro nello zaino ho portato salati

 

ricordi di una distesa immensa, blu, striati

i momenti pieni e vuoti, serate malsane

d’aria di cemento. Mi han chiesto i peccati

e ho elencato i fatti più divertenti e le meridiane

 

ore infuocate nella lotta con me quando stretta

in un busto di sogni invocavo farfalle

a volare su azzurri brillanti e una casetta

 

nel verde smeraldo di un’altura o una valle

e nell’istante in cui ho raggiunto la vetta

non ho sostato e il mio zaino erano ali di percalle

Secondo il mio metodo

Dietro lasciamo l’Alchimista,

gli elementi che s’incontrano per creare.

Sul tavolo il lavoro che si autodetermina.

La magia.

Ed ecco ancora l’Imperatore al suo posto

con lo sguardo al passato,

l’uomo che c’era.

 

Le Stelle lavorano loro,

conversano, proteggono

guidano verso una nuova

fruttuosa (?) solitudine.

 

Seduta alla razionalità,

trono di un regno difficile,

sta l’Imperatrice,

colei che oggi vuole raccontarmi

con parole mie.

A Torino 

Dove si perde l’occhio

fra tegole che vedo e la punta

cemento pinocchio

all’insù; bandiera presunta.

 

Parabola di bianco cotone

giugno in azzurro e aria gasata

si stappa dalla finestra in balcone,

solletica in me la risata.

 

Una voce che canta giù spunta

e mi arriva stonata

all’orecchio

 

apparecchio

una nuova giornata

sul foglio passata. Riassunta.

                               Alessandra Ferrara