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“La poesia è un mostro: è musica fatta con parole e persino con idee: nasce come nasce, da un’intonazione iniziale che non si può prevedere prima che nasca il primo verso…” Questa considerazione di Eugenio Montale, mi fornisce lo spunto per sviluppare qualche riflessione sui legami e sulle affinità tra poesia e musica; e sul ruolo rivestito dalle canzoni.

Il mio modo di procedere non sarà lineare. Non può esserlo; sono un over-60, nato e cresciuto in un mondo analogico. Un praticone del web, su cui raccoglierò qua e là frammenti di ricerche dettate da personali ricordi, citazioni, connessioni più o meno logiche. Su queste pagine disporrò in maniera confusa i frutti del mio “saccheggio”, come tessere di un mosaico da ricostruire. Quello che il lettore ricaverà sarà un insieme non completo, necessariamente soggettivo, forse stimolante, proprio perché disorganico, per ulteriori riflessioni individuali.

Giacomo Leopardi, in una visione al di fuori del tempo della poesia, riteneva che “tutto si è perfezionato da Omero in poi, ma non la poesia”.

A proposito di Omero, recentemente due ricercatori austriaci Georg Danek e Stefan Hagel hanno sviluppato una tecnica per riprodurre in canto e in musica i versi di Omero, così come è plausibile venissero presentati al pubblico della Grecia antica. Il metodo, a voce e a orecchio, era probabilmente il più appropriato per tramandare i versi stessi.Il lettore potrebbe trovarne interessante l’ascolto[1]. E magari concordare, come me, con Jorge Luis Borges, secondo cui “La poesia è precedente alla prosa: si direbbe che l’uomo canti prima di parlare”.

Del resto la dimensione musicale della poesia, l’unione tra la componente fonica e quella semantica delle parole, la ritmica dei versi che si modula in armonia, sono le caratteristiche della poesia di molti grandi poeti.

Le parole, ovviamente, sono fondamentali nella poesia, come le note nella musica. Ma nella musica, per dare un senso compiuto a una composizione, le pause sono importanti quasi quanto i suoni.Se ci riflettiamo, è lo stesso anche in poesia. Sintetizza molto efficacemente Paul Claudel“la poesia non è fatta di queste lettere che pianto come chiodi, ma del bianco che resta sulla carta”.

Proseguo nella mia opera di confusa estrazione di pagine web; dall’Enciclopedia Treccani: “sonetto Composizione metrica, (dal francese antico sonet «canzone, canzonetta»), di carattere prevalentemente lirico, composta di 14 versi (quasi sempre endecasillabi nella letteratura italiana), distribuiti in due quartine e due terzine, con rime disposte secondo precisi schemi” [2]. Le analogie con una composizione musicale appaiono molto forti.

Per chi fosse interessato ad approfondire l’evoluzione nel tempo dei diversi schemi di sonetto, tutti estremamente rigorosi nella loro struttura, consiglio la pagina specifica di Wikipedia [3], da cui estrapolo anche quanto segue: “Il sonetto è stato inventato da Jacopo da Lentini vers o la prima metà del Duecento, nell’ambito della scuola poetica siciliana, sulla base di una stanza isolata di canzone….Se sull’origine del sonetto i pareri sono discordi, consenso totale vi è – come rileva Giovanni Getto – per quanto riguarda il nome. Respinta l’ipotesi ingenua affacciata nelle antiche pagine De rhitmisvulgaribus di Antonio da Tempo, che riteneva che il sonetto fosse così chiamato “quia bene sonat auribus audientium” [“perché suona bene alle orecchie degli ascoltatori”] e soprattutto“quod haec nomina ad libitum antiquorum inventa fuerunt” [“perché questi nomi furono inventati per il capriccio degli antichi”], è ben certo che tale nome (nel provenzale sonet) fosse impiegato nel designare in genere un componimento poetico musicato, e in particolare, come par probabile, un componimento di una certa brevità, quasi a dire “piccolo suono”, breve melodia, secondo già Gian Giorgio Trissino e altri ritenevano: “Il sonetto, il cui nome non vuol dire altro che canto picciolo, perciò che gli antiqui dicevano suono a quello che oggidì chiamano canto…”.

Proseguiamo nel nostro “gioco”, in una sorta di ideale “passaparola”. Sempre estraendo dalla Treccani: “canto 1 s. m. [lat. cantus -us, der. di canĕre «cantare»]. – 1.a. Movimento ritmico della voce dall’uno all’altro grado della serie dei suoni; 2.b. Ciascuna delle parti in cui è diviso un poema o una cantica: la Divina Commedia ha cento canti”. Sinonimie a cavallo tra musica e letteratura.

E se,per analogia, da “canto” passassimo a “canzone”? Ricorriamo ancora una volta al “saccheggio” da Wikipedia: “Una canzone è una composizione vocale scritta per una o più voci per lo più con accompagnamento strumentale[4].

Oltre alla semplice definizione, è riportata la suddivisione della canzone in tre principali filoni: 1) il filone folk, che recupera arie, canti antichissimi e locali che provengono dai campi, dal mare e dai monti; 2) il filone della canzone per la danza, che prevede una prevalenza della musica sui testi; 3) il filone poetico, che cerca di esprimere sentimenti e ideali da diffondere. Interessante, soprattutto dal punto di vista di un poeta. Così come interessante, per un non addetto ai lavori, è lo schema secondo cui una canzone è generalmente caratterizzata da quattro elementi principali:

  1. a) una melodia, ovvero la linea del canto; b) un’armonia, ovvero gli accordi e le progressioni; c) un tempo, ovvero la velocità e l’andamento ritmico; d) il testo, da cui dipendono spesso gli altri tre elementi.

Il testo di una canzone è spessostrutturato perrime e segue un filo narrativo all’interno dei suoiversi. Esistono anche canzoni che sono il proseguimento narrativo di un’altra canzone contenuta nello stessoalbum(concept album). Questi ultimi possono essere considerati veri e propri modernipoemi sinfonici(tra le tante possibili citazioni, un paio di titoli che derivano dall’essere stato giovane negli anni ‘70, The Wall dei Pink Floyd e, in ambito italiano,Felona e Sorona, delle Orme[5]).

Per realizzare una canzone, sono quindi necessari un compositore, che scriva la musica; un arrangiatore, che la armonizzi in melodia, armonia e tempo;un paroliere che scriva il testo;alme un singolo suonatore; e infine un cantante. Questo schema di massima è stato in qualche modo rivoluzionato, a partire dai primi anni ’60, dalla comparsa di una nuova figura, il cantautore.

Il Corriere d’Informazionedel 1-2 ottobre 1960 pubblicò un articolo che tra l’altro riportava“Sono state gettate le basi della categoria “cantautori”. Cosa vuol dire? È il sogno di alcuni giovani e quotati compositori di canzonette. Vogliono mettersi insieme, unire le ispirazioni e presentare una parata di cantanti-autori, di quelli però che scrivono testi “mica stupidi”, canzoni che abbiano un significato nelle quali cuore non faccia rima con amore”.

Si apre così in Italia la grande la “stagione dei cantautori”; i lettori più “agès” ricorderanno senz’altro, in un periodo in cui la globalizzazione non era stata neanche concepita, la schematizzazione secondo diverse “scuole”: la “genovese” (Sergio Endrigo, Fabrizio de Andrè, Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Gino Paoli), la “romana” (Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Renato Zero), la “torinese” (Ivano Fossati, Eugenio Finardi), la “bolognese” (Francesco Guccini, Lucio Dalla), oltre ai due fuori scuola, che considero almeno una spanna al di sopra di tutti gli altri:Franco Battiato e Lucio Battisti.

Certamente compio numerose importanti omissioni, ma il lettore potrà colmare le lacune ricorrendo,oltre che alle pubblicazioni specialistiche, anche a soltanto alla salvifica Wikipedia. Sarà una piacevole sorpresa, scoprire (o riscoprire) quale ribollente officina culturale fosse l’Italia di quegli anni.

Tornando ai cantautori, la definizione sopra riportata è chiara: “cantanti-autori, di quelli però che scrivono testi…“. In realtà il termine cantautore è stato rapidamente esteso anche a chi era compositore della sola musica, ma non dei testi delle canzoni che cantava.

Io apprezzo la buona musica, ma di una canzone presto maggiore attenzione alle parole. “Esplorando” il web ho scoperto diverse chicche su diversi “cantautori”.Lucio Dalla, per esempio,è stato autore,per molti anni, solo delle musiche delle sue canzoni; soltanto nella maturità è stato anche paroliere e autore dei suoi testi.

Invece Antonello Venditti scrive da sempre sia i testi che la musica delle proprie canzoni e in uno dei suoi primi album, nel 1973, cantava: Le cose della vita fanno piangere i poeti /ma se non le fermi subito diventano segreti”.

E che dire delle canzoni di Fabrizio de André? Molte di esse sono considerate dai critici vere e proprie poesie, tanto da ricevere gli elogi anche di un grande nome della poesia come Mario Luzi e da essere inserite in diverse antologie scolastiche di letteratura.

I cantautori cantano anche la poesia: “Poesia, poesia, / sembra che non ci sia/ Poi ritorni per caso / a quand’eri bambina e tu…/ Tu correvi cantando / sorridevi per niente/ E potevi volare / e tutto questo era poesia.” Questa è la prima strofa di una canzone del 1973, cantata prima da Patty Pravo e poi da Riccardo Cocciante, uno dei cantautori di maggiore successo nell’Italia di quegli anni. Cocciante ha scritto le parole e la musica di numerose sue canzoni, ma quasi nessuno sache non è stato l’autore dei testi dei suoi maggiori successi.I versi di Bella senz’anima, Quando finisce un amore, Margherita, Poesia, appunto)sono diAmerigo Paolo Cassella. Un paroliere o un poeta?

In effetti, la linea di demarcazione tra canzone e poesia sembra essere davvero sottile. Roberto Sironi [6], autore del libro “Canzoni d’autore”, sostiene che “Tra il mondo della canzone e l’universo della Poesia, c’è un angolo blu dove le parole si incontrano per scegliere il loro destino”.

Purtroppo, nel mondo di oggi, lo spazio che riserviamo alla lettura di poesie e alla necessaria meditazione diventa sempre più esiguo. La curiosità nei confronti della poesia non viene più (salvo eccezioni sempre più rare) coltivata nelle scuole; e senza lo stimolo della curiosità è difficile che nasca un amore. Non ce ne siamo accorti, ma da diversi anni, piano piano, il ruolo che svolgeva la poesia è stato soppiantato dalla canzone, soprattutto tra i giovani. Con l’avvento del digitale, le canzoni sono diventate di facile fruizioneediffusione. Si possono ascoltare canzoni mentre si fanno le faccende di casa, si viaggia in metropolitana, o correndo (passeggiando) su un prato o su una spiaggia (o su un ben più triste tapis-roulant, in palestra). Le canzoni possono essere agevolmente riascoltate infinite volte, anche scrivendo al computer, come sto facendo in questo momento, fino a quando musica e parole vengono assimilate in maniera quasi subliminale.

Avviandoci verso la conclusione, consiglio calorosamente un’attenta lettura dellapuntuale e approfondita analisi di Francesco Foti[7], proprio sui rapporti tra poesia e canzone. Secondo Fotiescludendo gli assolutismi,sostengo che si possa musicare e render cantabile una poesia, ma che non valga il contrario: in pratica, non tutti i testi delle canzoni sono poetici e identificabili in quanto tali.”

La prima parte di questa affermazione trova riscontri, anche molto autorevoli. Già nel 1960, Salvatore Quasimodoautorizzò Domenico Modugno a mettere in musica due sue poesie, Le morte chitarre e Ora che sale il giorno. Un altro poeta che collaborò con la canzone d’autore è stato Pier Paolo Pasolini, che nel 1967 scrisse il testo della canzone “Cosa sono le nuvole”, musicata e cantata da Domenico Modugno, anche attore nelfilm omonimo,diretto proprio da Pasolini. Il quale già nel 1963 aveva autorizzato Sergio Endrigo a utilizzare alcuni versi tratti dalla silloge La meglio gioventù, per la canzone Il soldato di Napoleone. Sempre Endrigo, nel 1969, collaborò con Giuseppe Ungaretti e col poeta brasiliano Vinícius de Moraes, per la realizzazione dell’album La vita, amico, è l’arte dell’incontro.

La seconda parte dell’affermazione di cui sopra (non tutti i testi delle canzoni sono poetici e identificabili in quanto tali) troverebbe concorde, tra gli altri, Francesco De Gregori, che in 50 anni di carriera ha inciso una sola canzone di cui non abbia scritto il testo, spesso versi ermetici, esistenziali. Eppure De Gregori [8] afferma: “Non mi piace quando dicono che le mie canzoni sono poesie. La poesia è ben altro e se leggi La donna cannone senza pensare alla musica, è una boiata pazzesca, non sta in piedi. È la musica che dà potenza… (omissis)… No, nemmeno degli autori più famosi si può leggere il testo come una cosa autonoma, nemmeno Bob Dylan che è tra quelli che amo di più”.

Non è stata dello stesso parere l’Accademia Reale di Svezia, che nel 2016 ha insignito del Premio Nobel per la Letteratura, proprio Bob Dylan. Il quale, forse caduto in stato confusionale, indeciso se le belle canzoni siano o meno opere letterarie come le belle poesie, non partecipò alla cerimonia ufficiale di consegna del premio [9], salvo poi ritirarlo in seguito, in forma privata.

Lascio quindi al lettore la propria valutazione. Italo Calvino sosteneva che “la poesia è l’arte di far entrare il mare in un bicchiere”. Una bella immagine, anche se io trovo più poetico Gino Paoli con “il cielo in una stanza”.

Stefano Gresta

Bibliografia

[1] https://www.oeaw.ac.at/kal/sh/

[1] https://www.oeaw.ac.at/kal/sh/

[2] www.treccani.it › enciclopedia

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Sonetto

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Canzone

[5] https://www.youtube.com/watch?v=ntnfku7KGnY

[6] https://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1234224/canzoni-dautore-vol-i_1246505

[7] Francesco Foti, 2020. POETICITÀ DI UNA CANZONE E MUSICABILITÀ DI UNA POESIA. In: Col dire Poesia, ed. Prova d’Autore, pp 86-90.

[8]https://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2015/02/08/news/ma_tutto_questo_alice_ora_lo_sa_francesco_de_gregori_ho_scritto_canzoni_strane_adesso_ve_le_spiego-106786917/

[9]Annamaria Squadrito, 2016. A proposito di Nobel. Lunarionuovo, 75/53.

Stefano Gresta

Stefano Gresta nasce a Senigallia nel 1956. Si laurea in Fisica presso l'Università di Bologna nel 1980. Nello stesso anno si trasferisce a Catania, dove tuttora vive. È professore presso il locale Ateneo e le sue ricerche riguardano la fisica dei terremoti e dei vulcani. Coltiva la passione per gli scacchi e le immersioni subacquee. Autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche, con la raccolta di poesie Tèssere (2019, editrice Prova d’Autore) fa il suo esordio nel campo letterario. È socio del Gruppo C.I.A.I. – Convergenze Intellettuali e Artistiche Italiane.