Al momento stai visualizzando Ma come si legge una poesia?

Se leggere è l’atto del “legare”, “raccogliere”, “adunare” per comporre in unità, la lettura comporta già un’azione che spesso è svolta dagli occhi, e dal cervello che elabora ciò che vede. Mentre nel vedere un film siamo spettatori, poiché il nostro occhio è mosso dalla camera da presa, nella lettura di un romanzo o di un racconto siamo attori, poiché siamo noi a muovere il nostro occhio e ad attivare la nostra immaginazione. E nel leggere una poesia?

 

La lettura di una poesia non può accontentarsi dell’aspetto semantico, poiché vuole fruire del ritmo e della fonetica che stanno nell’eufonia delle parole e dei versi. Una poesia si legge se la si ascolta, quindi se la si declama a se stessi. L’intonazione, le pause e il ritmo sono gli elementi essenziali della declamazione, che deve appartenere alla stessa lettura. Il lettore di una poesia è molto più attore di chi legge un altro genere di testo; attore in almeno due accezioni: in una prima, nel senso di agente-utente, in quanto per fruire della poesia deve agire sulla poesia e per la poesia, in altri termini, deve agire sul testo poetico per avere la poesia; in una seconda accezione, il lettore è attore nel senso di interprete. In quest’ultima accezione, più nota, chi legge deve fingere di non leggere ma di pensare ogni parola e ogni frase come “nata” nello stesso istante (o poco prima) in cui la sta pronunciando. Nonostante l’occhio di chi legge abbia già visto le frasi successive, il lettore-attore deve ignorare quella visione per esprimere quelle frasi aspettando la giusta pausa: quella pausa e quel silenzio che chi pensa per la prima volta quelle frasi avrebbe rispettato.

 

Per rendere chiaro quanto sto cercando di esprimere, posso ipotizzare che la lettura di una poesia sia come l’esecuzione di uno spartito musicale. Un testo poetico è infatti come uno spartito che deve essere eseguito: quello poetico, per essere letto, deve essere declamato. In questo modo, chi legge agisce sul testo, conferendo ad esso il proprio senso, che condensa il proprio vissuto, dando alla sua interpretazione una unicità. Insomma, nella lettura di una poesia, l’azione ha la sua massima valenza.

 

Per tutto questo, non riesco a leggere una poesia in un autobus o in una sala d’aspetto, perché in quei luoghi non riesco ad ascoltarmi mentre leggo. La lettura di una poesia è un momento di raccoglimento e di intimità tra il lettore e il testo, perché la poesia sarà il frutto di quella lettura. È questo il punto, e anche il quesito: la poesia è il testo di cui è composta o quel testo ne è solo la codifica, mentre la poesia è il risultato della de-codifica di quel testo? Volendo continuare la metafora dello spartito, una sonata non è lo spartito ma la sua esecuzione. Se la metafora regge, un sonetto non è il testo poetico ma la sua lettura-declamazione. Così alla domanda: ma come si legge una poesia? dovremmo rispondere riformulandola dicendo: ma come si legge un testo poetico per ricavarne una poesia? Si chiarisce così l’affermazione riportata poco prima: nella lettura di una poesia, l’azione ha la sua massima valenza, poiché il testo e la sua lettura producono la poesia.

 

Se ho voluto scrivere e condividere questa riflessione è perché penso spesso a ciò che mi è stato detto da un mio fraterno amico pianista: la musica continuerà ad esistere se qualcuno avrà voglia e sarà in grado di suonarla. Così sarà forse anche per la poesia, che continuerà ad esistere se qualcuno vorrà e saprà leggerla.

 

Acireale, 25 agosto 2017

 

Antonio Leotta