La pioggia pellegrina
Impure membra all’ora selva
spogliano piogge pellegrine
in un fulvo rigagnolo, alveolo al palato.
Spingono i sensi, gli incensi di tremole
scompensando saline ili di nubi
in una mano fiumale.
Il silenzio
Il melo dorato,
il più sontuoso
tra i granelli gioielli,
saltella sul silenzio
opulento,
e ancor porpora
se mi colpisce
sull’anima.
Il gaudere
D’oro
il gaudere,
trasuda
ignudi apogei
come primule
alla carne,
accoccando
di vibro colato,
montuose aureole
di guazza terra.
Agosto
calura di folate
come pioggia
cincischia con razzolo,
profumata di pineta.
Ferino eco estivo
dall’arsura, smura
la dura andatura.
Il senso minore
A gocciole sul senso minore,
scaglioso salmastro come il vischioso
fiore accolto dal bell’umore, addobba
lo stupore. Per molle seta i tuoni
sfioro. Il mirto è come umida
essenza, nella brezza
accolta sulle labbra.
Ouverture
Di madide ouverture nel nembo
l’ode tondeggia il molle foco.
Su saviezze razziate e voluttà
maculato dorso un pomario irradia,
candide accosciano i lavacri
dall’abbondo sgrondare di carmi.