Il quotidiano delle Isole d’alto mare, in queste poesie, è ripreso dal 1992 fino al 25 maggio 1995.
Lo straordinario invece, scritto durante il mio servizio a Lampedusa, l’ho già proposto nel racconto “Naufraghi”.
Sospese briciole di verde
tra le secche pietre
mentre le canzoni del mare
tramandano una marea intensa
che sosta
tra le barche abbandonate.
Ma la rissa dei pescatori
è una risata in attesa di partire.
*
Col vento che sega i pini
la conquista della terra ci rassegna
all’asilo dei muretti…
anche noi gariga tra le pietre.
Se in questo mondo basso
e immenso
sperdersi è destino
chiederemo un carnevale
da danzare fino in fondo
risoluti
come se la fine ci attendesse
dell’allegria.
*
Sulle spine polverose dell’estate
cala la notte delle maree
mentre le lucertole tra i capperi
rompono pettegolezzi di meraviglia
e le barche fanno ancora il giro dell’isola
le grigliate
i bagni nelle calette
avventurandosi fino alla grotta
quando le acque hanno riflessi di luna.
Ma solo i pescatori fermano l’alba
con le pietre che hanno sommato nella loro rete
riconoscendo che non è servito a niente
perdersi nella notte
perché solo un miracolo occorrerebbe
per trasformarle in pane.
*
L’estate ti crolla addosso
come i palazzi sotto le bombe
di Sarajevo.
Noi abbiamo tentato di avere paura
abbiamo rotto involucri
e sorprese e giorni di pianto.
Ora che tutti gli argini sono stravolti
furiosi invalidi calpestiamo
anche i nostri sogni.
Nemmeno gli inutili sogni ci restano
che rendono i carceri liberi.
*
Ma ora ti sento vicino
seduto su questo mio stesso tempo
se mi scuote la tua lontananza
e quella di tua madre.
Diventati siete il mio silenzio
l’allegra giornata di cui piango
e colpevole diventa
il mio irrecuperabile abbandono
e il mio orgoglio natura morta
che squarto perché il pezzo
che più mi duole
taccia per sempre.
*
Quando arriva la nave
come gli zingari leggiamo
fino in fondo il sogno
salvo poi a ritrovarci
abbandonati sulle nostre valige
sotto il calmo sole di questa sosta
a chiedere un volo.
Ma passeggia nei nostri pensieri
una fila assorta di bambini
e il gelato tra le loro mani
è una densa nuvola che si scioglie
in allegra rissosa pirateria.
*
A Natale riceviamo
l’ultima raccomandazione
da chi è partito in cerca di neve
e gli salutiamo le pietre
della nostra mensa
perché senza famiglia restiamo
a mescolare gli aerosoccorsi
coi bambini nati sotto le bombe.
Nell’ultima indecisione
disfo infine la nostra stanza di regali
per arrivare al Capo di Buona Speranza.
*
La notte dritta insegui
di scoglio in scoglio
fin dove si pescano i saraghi
e i grossi polpi si avvinghiano
alle alghe luminose e tenere…
hai solo paura che il sonno
spenga le lampare:
l’approdo non ti è lontano
ma invisibile se scendi
mattiniero verso la sua spiaggia.
Sulla sabbia i nostri piedi
hanno lasciato un geroglifico
che altri ancora si perdono
a decifrare.
*
La sera quando capita di rincasare
se non hai in mano la torcia della luna
i cani t’inseguono
ringhiando sulle tue scarpe
così finisci la serata
piantando con quattro chiodi
la paura di perderti
in una di quelle bocche.
Di giorno invece è un’altra cosa
a mare accucciati coi turisti
hanno un bel dafare
ad accalappiarseli.
*
La luna del porto risuona
di nenie africane
ma all’Europa il caldo sfrigola
nei piatti dal sapore acceso…
A due passi l’ultimo sbarco
di annegati
mentre i pescatori sventolano
come una bandiera
il miracolo del guadagno inaspettato.
*
Abbannunati…
Perché non c’è di peggio
che avere occhi puntati
che non vedono
ma l’estate scoppia lo stesso
balla sotto la luna
e sbarcano i clandestini
e i vacanzieri
passeggiano a fiume
da punta a punta
sfoderando nuove lingue.
Estremo lembo questa sosta
o terra d’approdo
dibattito serrato di proteste
l’ultima proprio stamattina
dei pescatori
arrivati sotto al Municipio
con venti cassette di sardine
da sversare in tutti gli uffici.
Ora stanno disinfettando!
*
L’estate è caduta in un fosso
di brusche piogge e le attese
precipitano il loro volo sulle maree.
Di queste ore coi sassi
ci affrettiamo a parlare di carcere
e a sognare
qualche ora di aria in più.
*
E’ ormai una luna bombardata
la tua vita o quest’isola
che alle vacanze precipita
senza strutture e senza allegria.
Se il mare con lingue di fuoco
scalfisce il suo cuore
impietosa s’accende la solitudine
delle pietre abbandonate
che ai pescatori resiste
col filo perduti negli abissi.
*
Ieri il tuo invito
e sopralluogo lo chiami:
cimitero di poche strade
di tombe tra le erbacce
e di recenti croci senza nome.
Eppure mentre ti rallenti
in questo abbandono
nessuna tristezza m’assale
e tutte le voci rinascono
ad ogni barca
che mi scorre attorno.
La morte navighiamo come la vita
in uno spazio di calma luce.
*
Con un tramonto di case
l’isola nera ti chiuse
nel suo ventre di fuoco e di maree
ridotto a sopravvivere
con una perlustrazione al giorno
perché d’inverno l’orizzonte tace
sulle decisioni di Nettuno
e il traghetto fugge dai sassi
per dimenticarsene.
*
Tunisi sta a due passi
con la rete la catturerebbe
il vecchio pescatore
che la lingua araba conosce
e che vive delle sue ricette
e di un nascosto amore.
A due passi sta Tunisi
e il suo cuore.
Salvatore Bommarito