Al momento stai visualizzando Una indimenticabile serata

Il senso di ospitalità, dalle nostre parti, oscilla tra estremi opposti.
Il peggio lo diamo in forma collettiva.
Ne sanno qualcosa gli Alpini: cui qualche anno fa venne in testa l’infelice idea di eleggere Catania a meta del loro annuale raduno nazionale.
Complice la nuova moneta, i gloriosi forestieri ne uscirono spennati senza freno e senza vergogna.
In quei giorni, i piatti di risotto allo zafferanno e le cotolette alla milanese – pietanze inedite tra i nostri altrettanto gloriosi ristoratori – raggiunsero quotazioni vertiginose; così come una miriade di altre chicche per turisti. Forse soltanto il prezzo dei giornali e quello dei caffè rimasero dentro la media nazionale.
Uno di quei simpatici pennuti mi disse: “Siamo Alpini, ma non siamo mica cretini! Peccato. Non torneremo più”.
Comunicai con tristezza la notizia dell’addio allo zio Antonio Bellini, allora consigliere comunale.
Con la consueta forza dialettica, lo zio Antonio mi rispose alla maniera dei Gesuiti, con una domanda.
“Sì, capisco; siamo d’accordo, non sono cose da farsi… ma risponda a questo: questi Alpini, chi li aveva invitati?”.
E così sulla faccenda lo zio Antonio mise una pietra tombale.
In forma individuale – e previo invito, si intende – le cose vanno però in tutt’altro modo.
Jonas, da Göteborg, tempo fa accolse me e Chicco Baracca dalle sue parti.
Dovevamo ricambiare e lo abbiamo fatto, come si doveva.
I primi due giorni abbiamo portato Jonas sull’Etna in mountain Bike: tra pini, faggi e betulle, lo svedese si è sentito come tra i suoi laghi dalle parti di Alingsås. Ma, alla vista della lava è rimasto senza parole.
Poi abbiamo veleggiato tra i Faraglioni di Acitrezza ed il Castello; meglio che nella baia di Marstrand, ha dovuto ammettere.
Non abbiamo trascurato nulla, neppure le bellezze canoniche di Taormina, Castelmola e dell’Alcantara.
Tutte le sere abbiamo cenato in ristoranti stellati, annaffiando la comune allegria di Nerelli e di Passiti.
“Skål!”.
“Skål! Amico mio!”.
Delizie e squisitezze che il nostro caro Jonas ricorderà per un bel pezzo, potete scommetterci.
Ogni sera, a fine cena, lo stesso dilemma: “Chi guida l’auto adesso?”.
Lo svedese sornione dice di non reggere l’alcol; ha noleggiato lui l’auto con cui ci muoviamo, ma preferisce lasciar fare a noi. Dalle sue parti si cena presto e si chiama un taxi. Oppure ci si procura un astemio per autista. Le multe per la guida in stato di ebbrezza sono salatissime: e cadono inesorabili sui trasgressori.
Il nostro astemio abbiamo finto ogni sera che ci avesse dato forfait.
Il giorno del commiato, abbiamo cenato all’ombra del Castello in piazza Federico di Svevia: tra bistecche alla brace alte tre dita e piramidi di interiora di agnello, abbiamo onorato la vicina partenza.
Anche il vino – forte, padronale – è scorso a fiumi.
Al momento di montare in auto, Jonas ha chiesto: “L’auto è mia, giusto? L’ho noleggiata io, corretto?”.
Ho idea che Jonas abbia già imparato pure il siciliano!
Ma forse è solo il vino.
“Si certo, è corretto”, abbiamo risposto.
Allora, Jonas si è messo al volante e ci ha guardato senza dire una parola; gli occhi celesti da bambino cresciuto parlavano per lui: “Mica sono il più fesso della comitiva!”, pareva intendere.
Così, per tornare al Bed and Breakfast di via Etnea, lo svedese sornione ha imboccato su due ruote la via Plebiscito, disceso in controsterzo la via Vittorio Emanuele.
Al momento di girare a sinistra per i Quattro Canti, il bambinone ha scalato di marcia e ha svoltato a destra, di nuovo verso il Castello.
Quindi ha rifatto il percorso di prima: stavolta in metà del tempo.
In Svezia Jonas lavora per la Volvo, fa il collaudatore, e al volante non teme rivali.
Alla fine, davanti al Bed and Breakfast, ha dovuto vomitare pure l’anima; ma poi ha svelato il suo pensiero.
“Ragazzi: che serata indimenticabile! In che Paese meraviglioso vivete!”.

Ausilio Ignazio Lotti