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Il mio nome è Vincenzo. Vincenzo Bellini.

Siedo su marmo, una sedia di marmo che considero trono (per comodità, non regalità), in piazza Stesicoro nella Catania mia. Mattino, pomeriggio, sera. Ogni ora del giorno e della notte. Primavera, estate, autunno e inverno. Siedo qui. Fin dal lontano 21 settembre del 1882. Corso Sicilia alle mie spalle, cuore finanziario della città. Uno scorcio della splendida Via Etnea dinanzi a me. Oltre questo segmento, i resti del suggestivo Anfiteatro romano. Tutto ciò, e altro, fan parte del mio personale belvedere.

Non fosse per l’alta colonna quadrata ai miei piedi, potrei anche scender da quassù, perché ad ogni suo lato vi son sette gradini, come son sette le note musicali: eppur in un modo o nell’altro vi ero salito, non ricordo come e poco importa direi. Gradini anche come pergamene con pentagrammi ed incipit di quattro mie celebri opere, I puritani, Il pirata, La sonnambula e Norma, le cui allegorie mi tengon compagnia, portando alto il mio nome e difendendo la mia persona. Ancora, più in basso, un parallelepipedo di tre metri di altezza. Poi una cancellata a fortificare il tutto.
Questa è la mia postazione. La mia torre di vedetta. Se qualcuno tra voi dovesse aver la puzza sotto il naso potrebbe pensar ch’io sia senza dimora. Ebbene, signore e signori, non mi dispiace affatto deludervi: possiedo una casa, una villa, un teatro, e vi dirò di più, son proprietario persino, mi si dice, di un aeroporto! Però mi piace star qui in pianta stabile, seduto a circa 15 metri dal suolo, perché non soffro affatto di vertigini. Chiamatela mania se volete. In realtà, è semplicemente amor per un luogo.
A scanso di equivoci, considerando l’ignoranza che alberga sempre dietro l’angolo: non son scultore, né architetto. L’opera di cui vi ho parlato, ovvero il mio monumento, è firmato Giulio Monteverde. Non l’ho di certo costruito io!

Il mio nome è Vincenzo. Vincenzo Bellini. Compositore.

A detta di critici e cultori di musica, son stato uno dei più celebri operisti del mio secolo, l’Ottocento, e son ad oggi uno dei più grandi tra i grandi. Non vorrei mi confondeste con Bernini, Gian Lorenzo. Bellini, chiaro? Inoltre, potrei ricordarvi un cocktail, un cigno o una pizza: il primo lo bevo, la terza la mangio, il secondo è appellativo per l’eleganza delle mie opere.
Credo in Dio, nei santi tutti e in Sant’Agata: la mia Santa. Lei conosce bene la sua Città e la chiesa di San Biagio (anche chiamata di Sant’Agata alla Fornace) che sorge al mio orizzonte, oltre l’Anfiteatro cui vi ho accennato poc’anzi, ove purtroppo subì martirio, ma il pensiero di poterla veder passare in festa ogni anno da qui mi riempie il core di gioia e mi dona serenità per concentrarmi sulla mia vera e sola ragione di vita: la musica.
E con la musica, purtroppo, le note dolenti. Non quelle scritte.
Credete sia facile comporre con tutto il chiasso che mi giunge alle orecchie? Se non scrivo da tempo, c’è più di una causa! Fin dal mattino l’incessabile rumore prodotto dal via vai dei vostri moderni mezzi di locomozione e di passanti, molti dei quali sostano qui davanti ad ammirarmi, e ciò mi piace inutile negarlo: mi distrae. Voci, clacson e addirittura biciclette dalle quali si propaga un frastuono che definire un’accozzaglia di note e parole è un complimento: mi distraggono. L’artista di strada che si esibisce nella mia piazza, dandomi le spalle, e cantando moderne melodie: mi distrae. Tutto mi distrae. Per non parlare poi dei piccioni, che un tempo tenevo a distanza, ma che adesso per mia inerzia siedono ovunque, dai miei piedi alla testa, senza tralasciare le spalle: distrazioni.
Sarà per via degli anni, del mio cervello stanco, delle mie orecchie maltrattate, direte voi e posso darvene atto: ma tutto diventa distrazione. Anche raccontarvi ciò: mi distrae. A dire il vero non ricordo neanche perché ho iniziato questo monologo. Non dovevo descrivermi, perché mi vedete, nessuno l’ha chiesto. L’ho fatto per incuriosirvi sulla mia musica? Sì, sono un compositore, dunque ascoltate qualcosa così quando vi fermerete a guardarmi avrete considerazione e pareri da darmi. Un feedback come vi piace chiamarlo oggi.
A proposito di domande e risposte, avevo già ricevuto pochi anni fa una lettera, scritta da un cantautore (mi risulta si dica così), alla quale ovviamente non ho mai risposto. Non per qual sorta di cattiveria, ma perché non mi andava, non era il giusto momento. Per ogni cosa esiste un giusto momento. Lui per vendicarsi del mio silenzio trovò addirittura chi gliela pubblicò! La chiamò “Lettera aperta a Vincenzo Bellini” e vi dirò qualcosa a riguardo: mi conosceva, però mi distrasse, mi distrasse parecchio.

Tornando al presente, al momento in fieri, c’è più tranquillità, sia per l’orario, sia perché oggi nelle locande qui intorno non si canta e di artisti di strada se ne vedon pochi, ma son stanco, e cosa che non vi ho detto: anch’io riposo, a volte sotto uno stupendo cielo rosato pomeridiano, altre sotto un cielo stellato notturno. Sono un romantico. Non uso ombrello, bagnandomi se piove: altro motivo di distrazione.
La soglia di attenzione si abbassa col passare degli anni, non sono un alieno, ma un essere umano come voi e tanti altri.
E poiché per raccontarvi queste poche righe mi son distratto abbastanza, e che l’abbiate capito o no, adoro ribadire questo concetto, mi congedo da voi. Ordunque, come direbbe uno storico cronista, la cui voce ho spesso ascoltato con piacere provenire dai dintorni: “Gentili amiche e gentili amici, da piazza Stesicoro è tutto, una cordiale buonasera da Vincenzo Bellini”.

Francesco Foti

Francesco Foti

Francesco Foti è nato a Giarre (CT) il 28-9-1979. Cantautore, autore, poeta e cultore del siciliano. Nelle vesti di cantautore ha pubblicato: - Il singolo “La Libreria dell’Alchimista”, Distr. CD Baby, 2019. - Il singolo “Renzo il torbido”, Distr. CD Baby, 2017. - Il singolo “Tàn Tàn Tàn”, Distr. CD Baby, 2016. - Il singolo “L’uomo nero”, Ed. ROS Group, 2013. Nelle vesti di autore ha firmato le canzoni “L’amore è amore” e “Sarai” presenti nel disco “Io” di Alessandro Canino, Ed. ROS Group e Distr. Self, 2013. EAN 8054377790035. È socio del Gruppo C.I.A.I. – Convergenze Intellettuali e Artistiche Italiane con il quale svolge un’intensa attività culturale in tutta la Sicilia sin dal 2002. Da marzo 2015 cura la rubrica “Orologio con cuculo” per la prestigiosa Rassegna di Letteratura Lunarionuovo. Ha pubblicato due sillogi di poesie in dialetto etneo: - Afotismi, Catania, Ed. Prova d’Autore, 2009. ISBN 978-88-6282-027-1. Con prefazione di Mario Grasso e lettera di presentazione di Carmelo D’Urso. - Jettu uci senza vuci, Catania, Ed. Prova d’Autore, 2012. ISBN 978-88-6282-090-5. Con prefazione di Mario Grasso. Ha pubblicato una lettura critica su Catania: - “Lettera aperta a Vincenzo Bellini” in “Catania giorno e notte”, AA.VV., Catania, Ed. Prova d’Autore, 2013. ISBN 978-88-6282-114-8. Ha pubblicato il racconto: - “I Commensali Arcani” in “La Mastunicola - Racconti di pizzerie galeotte”, AA.VV., Catania, Ed. Prova d’Autore, 2013. ISBN 978-88-6282-111-7. Ha pubblicato uno studio critico sul romanzo "Un posto tranquillo" di Enzo Marangolo: - “Sonorità di un posto tranquillo tra grilli e cicale” in “Baroni, bombe & Balilla, nella città dalle cento campane”, AA.VV., Ed. Prova d'Autore, 2013. ISBN 978-88-6282-120-9. Ha pubblicato uno studio critico sulla pittura di Pietro Barcellona: - “La pittura di Pietro Barcellona: pop e contatti interrotti per interposizione” in “Su Pietro Barcellona, ovvero, riverberi del meno”, AA.VV., Ed Prova d’Autore, 2015. ISBN 978-88-6282- 154-4. Riconoscimenti  Premio “Il Gabbiano d’argento” per “L’uomo nero”, Catania, 2006;  “Premio Miglior Testo” per “L’uomo nero” al IX° Lennon Festival, Belpasso (CT), 2007.  “Premio alla Musica” alla 2ª Ed. del Premio Vittorio Ribaudo, Augusta (SR), 2017.