Al momento stai visualizzando Leonardo Lodato e le Esperidi

Siamo da sempre tra gli ammiratori di Esiodo, abbiamo cominciato fin dalle prime curiosità che ci stimolavano verso la mitologia. Ebbene, Esiodo ci ha fornito una messe di informazioni, e anche qualche suggerimento da tener presente nella vita di ogni giorno, come quello sull’invidia di cui non furono esenti gli stessi dèi di quella volta. Riflettendo sul particolare che questo Poeta scriveva nel sesto secolo avanti Cristo, qualche suggestione resta. Tra quello che ci ha divertito e diverte è il suo affannarsi a individuare la sede del Giardino delle Esperidi, la cui ubicazione era oltre i confini del mondo di quella volta e chi vi arrivava, realizzazione improbabile, vi avrebbe trovato la beatitudine. Pindaro la porta a conclusione in modo diverso, più realistico rispetto al codice mitologico e qualche indicazione sulla ubicazione del mondo delle mele d’oro non si perita da darla raccontando la parte avuta da Atlante nel risparmiare ad Ercole la fatica di uccidere il serpente Ladone, un essere che dalle Esperidi era stato posto a guardia delle mele d’oro perché dotato da facoltà straordinarie: non chiudeva mai gli occhi per alcun riposo, aveva molte teste, come l’Idra e molte tonalità di voci, tutte terrificanti. Al contrario delle sorelle proprietarie del Giardino, le Esperidi, che erano tre, ma forse quattro, e avevano voci chiare, armoniose, allettanti, benevole, al contrario delle voci delle maliarde Sirene. Dunque Atlante, il vicino delle Esperidi, il Titano che era stato destinato a sorreggere e portare l’asse del cielo, pose ad Ercole la condizione: avrebbe pensato personalmente a andare a prendere le mele d’oro a patto che Ercole, per tutto il tempo della sua assenza, lo avrebbe sostituito nel reggere il cielo. Raggiunto l’accordo, ciascuno si rivolse al proprio impegno e dopo un paio di giorni Atlante fu di ritorno con le mele d’oro. Ma non ci volle molto a Ercole per capire che il furbo Titano non gliele avrebbe cedute. Fece allora ricorso alla più semplice delle trovare, chiese ad Atlante di riprendere il suo impiego di reggere il cielo, per il tempo brevissimo di potersi, (Ercole) sistemare un cercine. Atlante ingenuamente accettò, posò le mele a terra e riprese a reggere l’asse del cielo. A questo punto Ercole si impossessa delle mele e via verso la dimora di Euristeo.

2. Ma dove abitavano le Esperidi? Dove si trovava, allora, questo luogo di serenità e armonia che gli uomini immaginano senza mai avere avuto uno straccio di bussola per orientarsi nel mettersi in viaggio per raggiungerlo? Ma non tanto la bussola quanto la indicazione di una sede. Il discorso si fa interessante nei nostri giorni, che non sono più quelli di Esiodo e di Pindaro e che danno disponibilità di un navigatore elettronico a chiunque. Leonardo Lodato, scrittore, giornalista professionista, responsabile della pagina culturale del quotidiano La Sicilia, è un cultore assiduo di sport subacqueo. Ed è questa sua esperienza che lo ha portato a trovarsi tra le Esperidi. Esiodo quella volta non poteva por mente a tale soluzione, preoccupato di inventare una residenza immaginaria, virtuale e in funzione religiosa cara ai propri tempi.

Lo ha intuito Leonardo Lodato come e dove cercare con successo di certezza il Giardino delle mele d’oro, cioè della beatitudine dove l’armonia del modo si è rifugiata. Lo ha intuito percorrendo fondali marini, dove come ha tradotto Giovanni Raboni da W.H. Auden ci si chiede: “Hanno gli squamosi, guizzanti pesci, giù / nelle loro dimore senza fuoco / notizia del calar della notte? Forse no / Ma chi in terra cammina / e tutti coloro cui le penne / danno la piena libertà del cielo / mutano modi all’imbrunire, / dando retta ciascuno / ad una sua / curiosità di specie. Più comune che il moto / s’attenui, e gli altri sensi, ma non mancano / stravaganti eccezioni: così il gatto / e il gufo, non appena / cede il giorno alle tenebre /, più grandi / fanno i loro pensieri, / e per dar vita / toglierla / si mettono in cammino.”

3. Il confronto che Leonardo Lodato propone nel suo “Cielo, la mia musica” (Domenico Sanfilippo editore, pagg.130, €10), nasce dunque dalla sua esperienza di sportivo del subacqueo, dalle sue esperienze a contatto con un mondo “altro” e irripetibile e non come Auden invocando a confronto la terra, ma attingendo al cielo come nido e Giardino delle Esperidi. Dove tuttavia anche l’uomo, novello Ercole delle avventure, cerca a suo modo con la prospettiva di viaggi interplanetari, il Giardino improbabile, se a lume della esperienza di quanto si è raggiunto in terra, potrebbe l’impresa umana, portare veleni e frastuoni, plastiche e rifiuti. Il resto sul bel libro di Lodato, i lettori di Lunarionuovo lo leggeranno nell’intervista che Stefania Calabrò ha ottenuto dallo stesso Autore, a cui va il nostro saluto cordiale e l’ammirazione per il suo viaggiare sportivo, letterario e artistico tra le affascinanti Esperidi.

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