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Sapete dunque l’infelicità,
questo effimero e fragile riserbo
che conserva il sentire più acerbo,
la vita nell’ora che non verrà?
Benché di una perpetua verità
possediate invece il giocoso verbo
volete imparare. Anche il superbo
esalare dei cuori è in voi pietà;
Perché? Forse intuendo mancanze
ed assenze sarete ciò che resta?
Per esistere portate speranze
che solo in noi avrebbero richiesta;
Perciò nei petti volete alleanze
di rimpianti alla vostra eterna festa.
*
Ecco, con me sei innanzi all’ultim’ora;
cosa provi avvertendo questo atterrito
travaglio? Puoi sentire il mio quesito
soffocare nel cielo che scolora
fra le nubi viola, e così, ferito
spiccarsi come un’esigua spora
del cuore… Sia per te nuova aurora
mentre è in me paura d’infinito!
Oh questa sarà la prova più straziante:
preservare ciò di cui son sprovvisto,
esalando lasciare sul versante
della tua eternità ciò che ho visto.
E mentre dici “muoio”, delirante
gridare al transeunte: ancora esisto.
*
Come rituale affondo infermo
dentro al cuore il pugnale esitante
degli anni; quale risposta è al fermo
reclamare, al tuo muto no d’astante?
Quali preghiere disfioro e riaffermo
volendoti discorde: incurante
che la dimenticanza vi sia schermo
del ricordo per l’angelo restante?
E guardo la tua immagine, miele
dolcissimo nell’animo più povero,
alveare d’umiltà, e pianto e sorte….
Nelle mattine adagiate nel fiele
dei fiori, ancora farfalle avran ricovero,
e perdono sulle tue labbra morte.
*
Avvinto all’anima è il tuo volere,
da sempre scelta, dono protettore
del suo libero agire, ispiratore
come solo un soffio può persuadere,
preghïera felice di vedere.
Cosa accadrà alla mia morte, il tepore
del tuo ascolto si volgerà al cuore
d’altre o tornerà forse alle frontiere
del tempo? Oh ma questo non importa;
Tu non sarai la mia reminiscenza
soltanto; di gioie facesti scorta
e di lacrime, per nuove vite senza
che nulla le avesse. Una porta
ci apri: a un filo uniscile con pazienza…