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[... continua dal numero precedente]

Nonostante la luce obliqua della candela non fosse sembrata posizionata in modo da favorire un simile evento, nonostante l’incenso si gasificasse in fumo annebbiando tavoli, sedie e pianoforte, nonostante le lenti fossero sembrate davvero troppo scure, per un istante padre Giordano riuscì a scorgere comunque le pupille di Torre, come se un miracolo avesse spezzato la barriera delle leggi fisiche, tramutando in atto leggi psichiche. In quel momento Turi Torre era del tutto tornato uomo e fu l’uomo che Giordano vide attraverso gli occhiali, l’uomo che adesso gli occhiali non avevano il potere di nascondere. «Io non feci l’amore con Agata» disse l’uomo Turi Torre con gli occhi che specchiavano luce ed emozione. «Non feci mai l’amore con nessuno.»

 

Come un fiume in piena l’emozione fluì dagli occhi alle gote, fin sulle labbra che leggermente, appena, tremarono. Era asciutta, nonostante fosse così mobile e forte, asciutta e spaventosamente gelida, gelata.

«A quel punto», continuò, «sì, udirono. A quel punto, troppo, troppo tardi, entrarono e mi trovarono nel bagno di sangue che io avevo respirato, guardato e bevuto, una volta che, copioso, mi era finito fra le labbra e fra quelle che forse erano ancora lacrime».

Asciutta come i suoi occhi sbarrati, gelida come i muscoli rigidi delle mani, mobile come il vibrare della lingua e della voce. L’emozione che lui ricacciava dentro, dominandola, lo dominava completamente.

Padre Giordano non aveva dubbi: Salvatore Torre era morto quel giorno e chi parlava adesso era un cadavere che viveva di rendita, era un‘anima che doveva rinascere, se ancora sperava di appartenere a un essere umano.

«Il resto è un’altra storia, altrettanto lunga e… non ho più tempo perché… fra poco… devo dare il cambio a Chimaglia, perché è il mio turno in questo lavoro… dove… finalmente ho trovato una strada. Io, qui, non sono più un ragazzo, non sono un essere umano, non nel senso in cui lo percepivo prima; qui sono quel numero di cui la società ha bisogno, un numero in mezzo a tanti uomini, un numero in più che può essere utile. Almeno. Non mi interessa nient’altro. È per questo, ti pare, che sono diventato così importante, perché non ho badato al dolore, perché di me, così, come di un robot, ci si può fidare».

Turi Torre si alzò, d’incanto riacquistando quella rigidità che goffamente lo faceva assomigliare alla copia di un mafioso e le lenti tornarono a riflettere il buio, le labbra si abbassarono ai lati, espressione da duro, il mento si contrasse. «Va a strizzare la ciricoppola a qualche altro cretino, corvo cascettone!», biascicò.

Marcella Argento

[continua nel prossimo numero…]