Col 20 novembre di quest’anno 2019 ne sono trascorsi trenta dal giorno della scomparsa di Leonardo Sciascia. E ci saranno eventi che ne ricorderanno la personalità e le particolari valenze delle sue non poche opere. Nella nostra consuetudine di mantenerci un passo indietro, anche quando potremmo o dovremmo muoverne due in avanti, non abbiamo mai ostentato da quali singolare e solida amicizia siamo stati legati allo scrittore cui molto deve in ordine culturale la Sicilia e il Paese intero. Ma non ci sporgeremo in questa sede a esibizione di meriti o di primazie di chi oltre a essere stato, tra l’altro, autore di Le parrocchie di Regalpetra, Il consiglio d’Egitto, La corda Pazza e la Recitazine della controversia liparitana, oltre che del più frequentato Il giorno della civetta e fino a Il Cavaliere e la morte, con tutta una serie di altri romanzi e saggi, è stato a nostro parere, il maggior giornalista moralista del Secondo Novecento.
Solo un argomento sentiamo necessità di evocare in questo consueto editoriale che pomposamente continuiamo a firmare da Ludi rector. L’argomento riguarda l’indole umana di straordinaria generosità che abbiamo sperimentato nell’uomo che spesso preferiva tacere perché aveva molto da dire. Indole taciturna che però noi non abbiamo riscontrato mai, in contraddizione a quanto effettualmente ci capitava di sentire raccontare e con gustosi aneddoti, da autorevoli testimoni.
Qui il nostro ricordo – a pendant delle acute ponderazioni di Gaetano Cellura che si possono leggere in questa medesima occasione con altro importante contributo a questo numero di Lunarionuovo, di cui Sciascia fu collaboratore negli anni dei 53 volumi in cartaceo – che si soffermerà su quanto di intimo sentimentale si legge nei racconti della Noce, veri e propri diagrammi dell’anima sentimentale celata in Sciascia.
Non conosciamo quali e quanti tra gli amici dello scrittore ricevevano, inviati con dedica autografa i libri. Ma non dal servizio stampa delle case editrici, come ci capitava con tutti gli altri amici scrittori siciliani e non, ma inviati con spedizione curata personalmente dallo “zio Leonardo”, come affettuosamente ci era preferito chiamarlo adoperando sempre il pronome di terza persona. Un particolare quest’ultimo che più volte lui faceva notare gratificandoci in presenza di altri amici con cui si scambiavano il confidenziale pronome di seconda persona: “Da sempre dico a Mario di darmi del tu ma mi risponde disarmando la mia insistenza e facendomi ricordare la medesima difficoltà che io provavo verso Carlo Bo di cui mi inibiva l’alta statura e persino quel sigaro che perennemente teneva tra le labbra …”. Questa frase che riporto tra virgolette e stata acquisita dal registratore di Santino Bonaccorsi che, in quella occasione pubblica, aveva documentato quanto detto nel corso dell’incontro conviviale a Catania con il Maestro.
Un giorno che eravamo andati a trovarlo di pomeriggio a Palermo, volle che restassimo a cena e al momento di andarcene ci sorprese con un gesto che ci fece commuovere: gli avevamo parlato di un nostro incontro in tempi pregressi con Tono Zancanaro in casa di Andrea Zanzotto a Pieve di Soligo, e, licenziandoci ci trovammo a ricevere dalla generosità sensibilità di “zio Nanà” una preziosa litografia del maestro padovano. Litografia di cui constatammo si era privato per donarla a noi e che da allora, dalla parete che fronteggia il nostro tavolo di lavoro, continua a dare calore e ricordo indelebile verso la memoria della personalità straordinaria di “zio Leonardo”.
Un giorno che era venuto a trovarci insieme a Ferdinando Scianna per via di una ricerca relativa al racconto di Giovanni Verga “La chiave d’oro”, dopo essere stato a pranzo, con un menù di triglie alla livornese, che Nives si era ingegnata a preparare, non volle assolutamente essere accompagnato in auto a Palermo. E assieme a Scianna, rientrarono con l’autobus. Da quella volta non consentimmo più che zio Laonardo (per la precisione zzu Nardu) si muovesse in autobus per raggiungere Catania, e ci sentivamo orgogliosi di poterlo andare a prelevare e poi riportare a Palermo, in tutte quelle occasioni in cui ci preannunciava per telefono la intenzione di qualche puntata tra Catania e Ragusa.
Caro indimenticabile Maestro! Quanti aneddoti belli potremmo e forse dovremmo raccontare rammemorando le conversazioni che con normale sua sorprendente loquacità, contrariamente a quanto di quasi leggendario si raccontava circa il suo mutismo, come detto prima, animava i momenti dei nostri incontri. Tra le lettere che ci ha inviato, una dell’estate del 1974 ha per noi significato “storico”; c’è l’invito a raggiungerlo in contrada Noce di Racalmuto, contrada, come tutti sanno, divenuta mitica proprio per i periodi in cui Leonardo Sciascia vi tornava insieme alla moglie . Ci scrisse aggiungendo, autografa, una chiara, minuziosa mappa-guida per farci raggiungerei in auto senza alcuna difficoltà, la sua dimora estiva sul poggio della contrada che notoriamente prende il nome dall’albero suddetto.
Altri tempi e altri Maestri, altre chiavi di lettura per occasioni di grandezze umane autentiche, singolari, “mitiche”. Forse non sempre e in tutto da tutti comprese. La frase scuotente “Né con lo Stato né con le Brigate rosse” fu da lui pronunciata rispondendo al giornalista Tony Zermo mentre eravamo insieme in occasione di una curiosità, dello scrittore circa la personalità di uno dei pregressi vescovi di Acireale, monsignor Ottavio Branciforti. Una curiosità da cui poi non venne fuori alcun esito narrativo come ci era parso di intuire da una lunga dissertazione sul personaggio e le sue eredità, da noi apprese leggendo la ricerca storica di un professore acese.
Ma forse abbiamo già detto abbastanza, se proprio dobbiamo mantenere il proposito di scriverne altrove. Ci accingiamo quindi a concludere citando ancora una volta le preziose “Cartelle” intitolate agli Amici della contrada Noce, le dediche allusive e sempre affettuose. E ancora e sempre tra i doni che ci ha riservato a sorpresa, quello di inestimabile valore economico (per noi solo morale e affettivo), di una custodia in cuoio speciale con inciso nel frontespizio il suo ritratto e con all’interno sette quaderni con il racconto “Una commedia siciliana”sontuosamente illustrato da Bartolo De Raffaele e Antonio Calascibetta, in edizione d’arte in poche copie numerate, curata dall’editore Fortunato Grosso di Orizzonti Bibliofilia Italiana. Di tale prezioso cadeau riportiamo qui alcune immagini e la dedica.
La commozione prende il sopravvento adesso ed intensa come quella provata il 22 dicembre 1983, nel ricevere dalle mani del Maestro simile atto di grandiosa generosità in dono natalizio, al momento di congedarci dalla sua dimora momentanea in quella antivigilia natalizia a Racalmuto.
Ludi Rector