Me ne accorgo
che quando pianto l’ombrellone sulla sabbia
mi viene storto
e dico che
lo inclino verso il sole
per fare più ombra.
Sì ombra
quale ombra
quale sole
che mi pare la presa forzosa
del Regno degli Accattoni.
Non ci sono certezze
c’è l’infamia
qualche bagliore di desiderio
tante matasse
tanti bandoli
e il sole questo sole famoso
da dove sorge dove tramonta
mi metto col naso in aria
dove sorge
dove tramonta.
C’erano delle armonie
nella mia testa
molecole di verità assolute
che si ricongiungevano
dolorose e scintillanti
dove sono finite
dove sono andate.
Oggi abbiamo questo
una presa di distanza
che dura
quanto può durare
una corsa da Scarami
a Cifali
perché a un certo punto
a un certo punto
nella fatica mi sembra d’intravedere
Gioppo o la sua controfigura
e allora
può darsi che sia stato fortunato
può darsi
perché c’erano scintille
che si ricongiungevano
una volta
avevano la grazia scalza
d’ogni piede scalzo.
E non voglio farci i conti
voglio lasciare le cose come stanno
e non ricordare non ricordare
la catastrofe
non combattere non guarire
la malattia
questa moria
di punti esclamativi e interrogativi
come quella dei conigli d’allenamento
schiacciati dalle molle dei Maghi Maldestri
lo sterminio delle virgole affettuose
il latrato di qualche cesura moribonda
che cade dove vuoi che accada.
Ci siamo fermati alle apparenze
che il cielo è puntiforme
come la vita
e un nesso un ordine
le conduce di pari passo
a un concerto all’alba
sopra una vallata
perché tutti gli appuntamenti
sono mancati tutti
perché ci dovevamo fidare
di quella conta lieta
di spiccioli là appena
sotto Erice appena sotto
dove le parole
sono cose che si pesano da sole
nel regno dissoluto degli Allanzafame
non hanno tempo
non hanno valore incondizionato
sono scintille che si
ricongiungevano
una volta
dolorose e scintillanti
dove sono finite
dove sono andate.
Le assonanze
nei cunei della solitudine
nei chiodi di Gessi il Fachiro
sono tracce
che mi portano lontano
mi portano a pomeriggi freddi
con le ginocchia ferite
con l’anima violata
da una tristezza canterina
che metteva un punto lì
una bandiera
un conto salato
mai pagato.
Ma forse la vaghezza spaesata
della mia vita
è rimasta un centimetro sotto
il segno esatto della tira punti
il segno esatto della tira punti
e dobbiamo prenderne atto
che non ci sarà un gran consiglio
non ci sarà nulla per valutare la deformità
eravamo rassegnati da tempo
avevamo capito
sapevamo.
Nossignore
il confronto
l’algoritmo da buttar dentro
in tempi e momenti indefiniti
ne può portare di buone nuove
non credo non penso
diventi tutto irreale pericoloso
durante la moria dei punti esclamativi
e interrogativi.
Così avevano insegnato
lunghi tempi e millenni
per prepararci a una visione
ordinata gigantesca
senza aver considerato
senza aver previsto
che allontanarsi dalla riva
posizionarsi ignudi ai quattro venti
a Donnafugata
attendere lì la zattera sopra la lava
era cosa probabile verosimile
non meno di questa cosa
molliccia e pallida che chiamano vita
molliccia e pallida
e pensare che la sfida era altrove
magari in un palcoscenico abusato
magari fuori dal perimetro
di una terra infame
fuori dal perimetro del disonore.
Lo spreco è stato questo
considerare quarti di organismi
macellati emblematici
mentre erano carni miserevoli
e quanto ci sono costati cari
quanto ci sono costati cari
quanta sofferenza al chilo
quanta sofferenza al chilo
allora eravamo in tempo forse
allora eravamo in tempo forse.
Ora il buio basta.
Giuseppe Digiacomo
*
Giuseppe Digiacomo è laureato in Lettere Moderne. Scrittore, ha pubblicato saggi, romanzi e raccolte di poesia.
Nel 1980 Alchimie per vivere con Sciascia e, con lo stesso editore, nel 1985, Il giorno fariseo; successivamente, nel 1991, sempre con Sciascia, pubblica Balena bianca, e, nel 1993, l’instant book, Io non sono il boss. Nel 2007la raccolta Canti di guerra e divine inconcludenze (Archilibri). Nel 2009 il pamphlet Come abbiamo fatto a fare l’aeroporto di Comiso. Nel 2017 Pettine bello, Salarchi Immagini e, nel 2019, La Cartiera del principe (Archilibri). È presente in varie antologie.
Ha vinto il premio di poesia Massarosa ed è stato finalista del premio di narrativa Italo Calvino bandito dall’Indice dei libri.
Nato a Comiso nel 1957, amico di Gesualdo Bufalino, Salvatore Fiume, Salvatore Adamo, Giovanni La Cognata, Nunzio Zago e altri.
Da Giuseppe Digiacomo è laureato in Lettere Moderne. Scrittore, ha pubblicato saggi, romanzi e raccolte di poesia.
Nel 1980 Alchimie per vivere con Sciascia e, con lo stesso editore, nel 1985, Il giorno fariseo; successivamente, nel 1991, sempre con Sciascia, pubblica Balena bianca, e, nel 1993, l’instant book, Io non sono il boss. Nel 2007la raccolta Canti di guerra e divine inconcludenze (Archilibri). Nel 2009 il pamphlet Come abbiamo fatto a fare l’aeroporto di Comiso. Nel 2017 Pettine bello, Salarchi Immagini e, nel 2019, La Cartiera del principe (Archilibri). È presente in varie antologie.
Ha vinto il premio di poesia Massarosa ed è stato finalista del premio di narrativa Italo Calvino bandito dall’Indice dei libri.
Nato a Comiso nel 1957, amico di Gesualdo Bufalino, Salvatore Fiume, Salvatore Adamo, Giovanni La Cognata, Nunzio Zago e altri.
Dal febbraio del 2020 è presidente della Fondazione Gesualdo Bufalino.