PER L’ESORDIO LETTERARIO DELLA BAGHERESE MARIA GIAMMARRESI
Abbiamo preso a caso dalla produzione di Maria Giammarresi alcune poesie. E ne abbiamo prelevato sia dalla silloge delle scritture in lingua locale (di Bagheria), sia dalla più nutrita raccolta in lingua della comunicazione nazionale. È un esordio, questo della Giammarresi, una “uscita allo scoperto”, cui abbiamo contribuito più che con incoraggiamento con dimostrazioni. Le abbiamo infatti mostrato (come meglio ne siamo stati in grado), che le sue scritture di momenti e pause di riflessione appartengano a una resa di vibrazioni interiori in parole e concetti che solo il poeta possiede come dote magica di organizzare spontaneamente voci e concetti, altrimenti inesprimibili. Le abbiamo ripetuto che non sono i contenuti – o solo essi – a dare splendore di poesia a un componimento, perché se così fosse basterebbe scandire in versi qualsiasi resoconto cronachistico, e spacciarlo per poesia. Ed ecco l’evidenza di quella indispensabile “forma” al momento di dovere e poter definire approssimazione all’ala più nobile della Letteratura, quella che scaturisce da sorgenti che propongono l’inesprimibile nella sua segreta aspirazione a rendersi codificato. Quasi un “mestiere”, una prodigiosa occasione per l’inesprimibile, che attraverso immagini e armoniche combinazioni ritmiche (o stridori e dissonanze come nella musica di Stravinskij) comunica, stimola, provoca, affascina.
Una serie di condizioni – ci si consenta la parola – che insieme, alla resa in sintesi, alla reticenza, all’assenza dei luoghi comuni, alla palese creatività in omaggio alla radice greca della parola poesia, dimostra il motivo che rinvia ciascuno agli anni delle scuole, quando proprio la poesia ci veniva spiegata, commentata dagli insegnanti fin dalle elementari, e poi dai docenti negli altri momenti progressivi degli studi, dai licei alle facoltà universitarie. Maria Giammarresi propone due modulazioni delle sue scritture creative, quella in dialetto, che per una bagherese è già doppiamente significativa se si pensa al grande Ignazio Buttitta, verso la cui memoria finisce con l’avere, comunque, un imprescindibile momento di omaggio. Ma l’omaggio di Maria Giammarresi è alla “lingua delle Madri”, al siciliano che ha il singolare vantaggio di non avere una koiné! Vantaggio perché consente di contenere, di volta in volta e di caso in caso, un codice territoriale da tramandare, e un tracciato subliminale del poeta che lo scrive (o lo parla) nel quale c’è il DNA di una realtà autentica in quanto humus di un mondo irripetibile, resa di aure locali come altrettante identità culturali. E identità culturale territoriale propone il dialetto di Maria Giammarresi quando chi lo legge vi ritrova la potenza espressiva della poesia del compianto Giuseppe Giovanni Battaglia, che nacque e visse nella vicina Aliminusa, quando vi ritrova il vibrare di una comunicazione genuina personalizzata fino a farsi momento d’identità , come, appunto, deve essere ogni scrittura che sia degna di essere definita poesia. Per un momento, proprio noi che di dialetti siciliani siamo fanatici cultori, ci ha dato da riflettere il “lumie” che Maria Giammarresi scrive per dire limoni. Sì, è vero, abbiamo sicuramente pensato al pirandelliano “Lumie di Sicilia”, ma poi, più appropriatamente ci siamo soffermati sull’appropriato femminile lumìa (contro il maschile limone)e sulla corrispondente voce “lume” a voler figuralmente dare ragione al colore delle “lumie”, come tante luminosità appese all’albero limone. Tutti elementi che ci inducono a citare un incarico significativo che Maria Giammarresi, architetto e operatrice culturale ricopre in qualità di presidente per il comprensorio bagherese della provvidenziale BCSicilia, la istituzione che ha a cuore recupero, restauro, valorizzazione, documentazione e memoria dei beni culturali e ambientali di Sicilia, un istituzione di cui è presidente regionale il dott. Alfonso Lo Cascio, un operatore capace di rendersi quotidianamente ubiquo in tutti gli angoli dell’Isola, con competenza, slancio, lungimiranza e amore. Insomma, tornando alla Maria Giammarresi architetto, che aggiunge ai meriti professionali e a quelli della operatività anche la sua voce genuina di Poetessa, concludiamo che il suo è un esordio che promette in duplice registro lirico un impegno di autentico valore, sia perché lo promette la ungarettiana partitura delle scattanti immagini nelle partiture in lingua italiana , sia perché, sull’altro versante del recupero di codici dialettali “una lingua che non so più dire” (per rivolgere un pensiero alla grandezza letteraria di Stefano D’Arrigo), Maria Giammarresi fin da questo suo esordio dimostra riserve di prossime novità letterarie. (mario grasso)
SCHEGGE IN BAGHERESE E IN ITALIANO
di Maria Giammarresi
Lumii
Sicca jè a me
terra
unni sunnu i iardini
r’i frutti gialli,
i lumii ciàurusi.
Sicca jè a me
terra
i jardini ccu l’àrbuli
asciluccati, sunnu tutti
abbannunati.
Sicca jè a me
terra
ma u ciàuru
r’i lumii, nun nu putemu
scurdari.
Lumie – Arida è la mia/terra/ dove sono i giardini / dai frutti gialli/ le lumie odorose? /Arida è la mia / terra /i giardini con gli alberi /accartocciati /sono tutti /abbandonati /Arida è la mia/terra /ma l’odore delle lumie /non riusiamo a scordarlo.
A matri
Ti viu ancora stinnicchiata
tra arbuli sempri virdi
ccu i frutti gialli, uguali ai ciuri
di maggiu, airi comu a vita.
Comu na principissa
abituata a vveli e antichi trini
ti ni sta’ bedda e muta, vistuta
ancora r’i ricordi maistusi.
N’ê strati ritti, iavanu
ranni cappeddi piumati
purtati r’i nobili cavalieri.
Vecchi pinsiari ca i mura umirtusi,
nivuri comu vituvi vistuti,
si riurdanu e si cunsumanu. .
Dda ‘ncapu, a Butera, comu ’na vecchia
stuolita, aspietta r’avanzi a porta
du nuddu ca mai viani. .
E doppu Palaunia, Malavainiera, Trabia,
vecchi giuielli ancùora lustri, ma
chini ri làcrimi e nustargia.
E i to’ megghiu figghi?
Du pitturi, ca r’a to arma
Cantò ô munnu i culuri.
U poeta, ca sulitariu
jucò ccu i sintimianti e l’autru
ca ci misi u muvimianti,
tiennu n’ô cuari
u rimuarsu e u patimentu.
Mentri acchiananu e scinninu
russi, virdi, stiddi e tutti
canciamu cammisa e bannera . .
Chi faciamu vecchi e novi
piscaturi ri nuvuli
ppi sta antica e stanca matri?
La madre– Ti vedo ancora distesa tra alberi sempre verdi /con i frutti gialli, uguali ai fiori di maggio /aspri come la vita. /Come una principessa /abituata a veli e antiche trine /te ne stai bella e muta,vestita /ancora di ricordi maestosi. /Nelle strade dritte,andavano /grandi cappelli piumati /indossati da nobili cavalieri. /Vecchi pensieri di cui i muri omertosi, / vestiti di nero come vedove /si ricordano e si consumano. /In alto,Butera /come una vecchia / stolida, aspetta davanti la porta /un nessuno che mai verrà. /E poi, Palagonia,Valguarnera, Trabia / vecchi gioielli ancora lucidi, ma / pieni di lacrime e nostalgia. /E i tuoi figli più importanti?/Quel pittore che della tua anima /ha cantato al mondo i colori. /Il poeta, che da solo/ha giocato con i sentimenti e l’altro /che ci mette il movimento /custodendo nel cuore/il rimorso e il patimento./Mentre salgono e scendono / rossi,verdi,stelle e tutti /cambiamo camice e bandiere. /Che facciamo noi /vecchi e nuovi /pescatori di nuvole / per questa vecchia e stanca madre?
FORSE
Non ho più parole
le ho giocate
tutte.
Il cuore stanco
vuole tacere.
Domani, forse
tornerà
la vita.
PER TE
Sei andato via
una fredda mattina
d’inverno
lasciando a terra
opaca
la tua stella cometa.
SENZA TE
Errando, vado
nei labirinti della vita.
Cieco, che ha perduto
la sua Luce.
VITA
Riprendimi
alita sul mio viso
portami su spiagge
deserte
dimenticate
ritrovate.
ETERNITÀ
Quel giorno sarà
festa
avrò piegato
la testa.
Quel giorno
riderò
perché
ti raggiungerò.
Qualcuno piangerà
ma chi lo ascolterà.
Questo mondo
lascerò
e dall’altro
brinderò.
Lascerò un mondo
amaro
per raggiungerne
uno più caro.
Lascerò queste ossa
a riempire
la fossa.
No fiori, no candele
andatevene a bere.
Brindate al caro estinto
che finalmente ha vinto,
è stato richiamato
degno considerato.
Pesate le sue pene
e pure le
catene.
L’amore se ne ha dato
sarà ricompensato.
Inferno-Paradiso
le carte son divise
e finalmente sarà
quel giorno
Eternità.
Maria Giammaresi