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Ritrovata la recensione a Es-Glasnost di Giulia Sottile
in un testo di un personaggio di un romanzo di Julio Cortàzar, La Rayuela

Com’è piccolo in mondo! Sembra che tutti i garbugli, nella teoria del ‘mondo piccolo’, dai grafi informatici alle relazioni sociali, siano dipanabili in, più o meno, sei gradi di separazione, sei legami che ci costringono in una relazione con qualunque sublime o precipizio…

Mi capita di fare questo gioco con i libri (e i film, le canzoni, i sassi…), con un sospetto di arbitrarietà insensata che non guasta.

Per esempio: il capitolo 79 del romanzo “La Rayuela” di Julio Cortázar, mi sembra una buona recensione di “Es-Glasnost” di Giulia Sottile, edizioni Prova d’autore.

Si tratta, nella finzione romanzesca, di un foglio di appunti in cui un certo Morelli, autore moribondo osannato da un gruppo di letterati stranieri in crisi a Parigi, traccia le linee programmatiche di una sua ‘nuova’ letteratura.  Ebbene, mi sembra una recensione azzeccata del romanzo di Giulia Sottile “Es-Glastost”

Lascio al lettore di verificare la ma intuizione sulle indicazioni del fantomatico Morelli riguardo al romanzo di Giulia Sottile. Riporto più avanti qualche stralcio, magari insinuando il movente di leggere l’uno e l’altro e lasciami maledire per la fatica procurata.

Io invece continuo il gioco dei gradi di separazione, come fosse il uno “Sciancatello” il “Gioco del mondo”, una “Rayuela, tirando la pietra e provando a saltare da una casella all’altra senza bruciarmi, o come ne gioco degli specchi messi l’uno di fronte all’altro…

Giulia Sottile autrice di “Es-Glasnost” dirige la rivista Lunarionuovo, insieme al fondatore della rivista Mario Grasso, il poeta arcano giocoso e abissale di Concabala. Il quale, sicuramente per gioco e a tradimento, mi invitò tempo fa a contribuire ad un testo che indaga il significato della parola “poesia” (“Col dire ‘poesia’ ”, AA.VV., Prova d’Autore). Il libro fu definito dall’editore, l’Avalovara della poesia. Confesso che non avevo idea di cosa fosse l’Avalovara, dovetti ricorrere all’onnivora Rete, dove scoprii si trattasse di una figura mitologica volatile, costituito da una infinità di piccoli esseri in volo, perfettamente e indipendentemente coordinati tra di loro. E non accontentandomi, mi procurai, con significative difficoltà, un testo in inglese del libro di Oman Lins intitolato proprio “Avalovara”, che la traduzione italiana era introvabile. Il prefatore del libro citava proprio il Morelli inventato da Cortàzar in La Rayuela per spiegare il tipo di letteratura di Lins.

Mi trovai costretto a leggere anche Cortàzar, trovando, tirando con pazienza l’ultimo filo, finalmente Morelli e la sua recensione a Es-Glasnost di Giulia Sottile!

Julio Cortàzar, La Rayuela, capitolo 79

(Non sparate sul traduttore)

Nota pedantissima di Morelli: «Tentare il ‘roman comique’ nel senso che un testo riesca a insinuare valori altri e così collabori a quell’antropofania che continuiamo a ritenere possibile. Sembrerebbe che il solito romanzo rovini la ricerca limitando il lettore al suo ambito, tanto più definito quanto migliore è il romanziere. Detenzione forzata in vari gradi di dramma, psicologico, tragico, satirico o politico. Provate invece un testo che non afferri il lettore ma lo renda complice borbottando, al di sotto dello sviluppo convenzionale, altre direzioni più esoteriche. Scrittura demotica per il lettore (che altrimenti non andrebbe oltre le prime pagine, rudemente smarrita e scandalizzata, maledicendo quanto gli è costato il libro), con un vago rovescio di scrittura ieratica. Provocare, assumere un testo spettinato, slegato, incongruo, completamente antiromanzistico (sebbene non antiromanzesco). Senza vietare i grandi effetti del genere quando la situazione lo richiede, ma ricordando il consiglio di Gide, ne jamais profiter de l’élan acquis. Come tutte le creature scelte in Occidente, il romanzo si accontenta di un ordine chiuso. Decisamente contrari: cercate anche qui l’apertura e quella per sradicare ogni costruzione sistematica di personaggi e situazioni. Metodo: ironia, incessante autocritica, incongruenza, fantasia al servizio di chiunque.» Un tentativo di questo ordine parte da un rifiuto della letteratura; rifiuto parziale poiché si affida alla parola, ma che deve vigilare su ogni operazione intrapresa dall’autore e dal lettore….

 

Es-Glasnost, Giulia Sottile, Prova d’autore, pagina 196

L’uomo procede procede procede, poi sbatte contro il muro della sua stessa razionalità. Non ammette parzialità, incertezze, limiti, mancanze. Non ammette nemmeno presenze. Hic et nunc come tassello si un universo olografico che aveva il sapore di quella smania di dover a tutti i costi trovare una spiegazione. A me serviva confutare anche questo, non è la scienza tale falsificazionismo? Trovare tregue è arrendersi?

La verità è divisa in tre parti: una appartiene solo a noi stessi, l’altra appartiene all’incontro con l’altro – e la scopri così – poi ce n’è una terza, che resterà mistero per sempre. Basta sapere che c’è senza per forza volerla trovare. Ci toccava sapere di essere piccoli, e procedere con il solito dubbio, le solite domande. Dove stava la differenza? Nelle domande.

Specchio delle mie brame, sei come il contapunti di un videogame. Siamo in un sistema a livelli. Io becco la domanda giusta, tre punti, prossima domanda. Becco la domanda sbagliata, sfinge, resto bloccata nel livello. Non si ammettono salti, si va per tappe, lo specchio non risponde a domande appartenenti ai livelli futuri, bisogna sbloccare quelle dell’attuale. Se sei in C e tu chiedi E lo specchio tace. Lo specchio risponde in base al tuo livello del percorso. Siamo in un atomo, ancora la storia dell’insiemistica, scatole nelle scatole. Il granello di sabbia è il deserto e noi siamo elettroni.

Il mio volto osservava il mio al mio cospetto mentre il vecchio si dileguava nell’ombra. Io parlai, fu il mio riflesso a farlo, chiamandomi per nome e seppi allora di incontrare Angelica.

Osservavo le mie labbra muoversi ma le dita si portavano alla bocca e trovavano stasi. La culla della mia voce non stava nelle mie corde ma oltre quella superficie riflessa. Era mia ma non mi apparteneva, non rispondeva ai miei comandi. Io stavo ferma in silenzio e ascoltavo qualcuno che si serviva della mia immagine per giungere a me. Nonna Angelica, qui c’è Gracy che mi dice di amarti, la senti? Certo che la senti. Nonna, ti chiediamo aiuto. Ricordi Ghiri Gori? Ricordi il suo errare? Qui abbiamo al pari un’anima errante ma ci atterrisce il presentimento, speriamo non voglia confermarlo.

Un tuono mi distrasse da qual tupertu facendo vibrare la vetrina. Mi assicurai che le serrande fossero abbassate e nessuno potesse scorgermi da fuori. Ma chi doveva vedermi a quest’ora di notte? Nonna… dimmi solo che Libero è vivo, che è da qualche parte, che non è inspiegabilmente morto quella notte nel bagno di un hotel in cui era accaduto qualcosa che non era mai accaduto.

Maurizio Cairone