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Da sinistra: Giorgio Maltese, Carmelo Zuccaro, Laura Giordano, Mimmo Aiola

Adattamento di Laura Giordani. Da Nino Martoglio

Da sinistra: Giorgio Maltese, Carmelo Zuccaro, Laura Giordano, Mimmo Aiola

Sinossi.

Catania secondo millennio. Un’aria greve aleggia sulla città, un’atmosfera che risulta molto peggio rispetto ai tempi di Nino Martoglio. In un’aula giudiziaria di Catania irrompe una inviata di tale Babbara Dusso, che si sostituisce anche al giudice nel fare le domande ai testimoni; nell’aula si tiene (meglio si dovrebbe tenere) un singolare processo per sfregio contro tale Giovanni Marsillara che ha dato di coltello contro Natale Fraschinella, con arma da taglio e punta, forse per questioni di malavita. L’accusato sostiene invece che per caso si trovava armato perché stava, proprio in quel momento, sbucciando un cetriolo.

Testimone chiave dell’intera vicenda è “Cicca” Stonchiti, che si presenta in tuta leopardata, corredata da sovrabbondanti gioielli di incerto valore; la donna però è dubbiosa sulle sue reali intenzioni per poter testimoniare contro il malfattore, che minaccia pesantemente la testimone con occhiatacce se non esplicitamente; per questo “Cicca” si ingarbuglia in dichiarazioni tanto contraddittorie quanto fantasiose, questo per cercare di salvare capre e cavoli, ovvero la giustizia e la pelle, la pelle sua.

La Stonchiti riscatta il suo ruolo popolano prendendo la scena e gorgheggiando, con mielose svisature, una canzone d’amore napoletana, facendo propria la profezia di Andy Wahrol: “ogni essere umano ha diritto a dieci minuti di celebrità”.

Il pubblico ministero riesce comunque, tra un selfie ed un altro, ad inquisire il Marsillara, facendo anche da traduttore simultaneo, dal siciliano all’italiano, per le domande del giudice e le risposte dell’imputato. Comunque il cancelliere trascrive tutt’altro discorso. Quello che sarà il fatto per come trasmesso ai posteri.

Divo dello schermo è l’avvocato difensore, un gigione che si dilunga sempre a beneficio del cameraman, lanciando occhiatacce sensuali verso la telecamera. Manifestando anche la sua ambiguità sessuale.

L’interrogatorio diviene paradigma di confronto/scontro tra il popolo e la giustizia, che anche se rappresentata, in qualche modo, da esseri umani veri e propri, come i giudici, i cancellieri ed i poliziotti, diventa un’entità astratta, tranne quando prende le forme dell’usciere, unico uomo onesto della vicenda, che cerca di mantenere “l’ordine”, oppure, molto peggio, con le vessazioni che il poliziotto opera lucrosamente nei confronti dei civitoti.

Difatti il poliziotto in scena è un esponente del “bel vivere”, amante anche delle donne, che non è del tutto estraneo alla vicenda tra i due malavitosi, anzi è quello che conosce meglio di tutti la vicenda e fa di tutto per renderla segreta. Chiedendo pure di poter trattenere nelle sue tasche la multa comminata all’imputato per detenzione di arma.

Ma la vera protagonista è la Televisione che, grazie alla aggressiva inviata di Babbara Dusso, documenta passo passo l’intero processo, aumentando all’inverosimile il grottesco della vicenda, come purtroppo, da qualche decennio, accade nei pomeriggi televisivi, specie domenicali.

Ecco che si formano ben tre diverse verità: la verità dei fatti, la verità giudiziaria e la vera verità, che è soltanto quella della televisione, che è oggi e sempre più il tribunale supremo di ogni decisione e volontà.

Difatti tutti i personaggi in scena sono come presi da un tedio profondo, ben sapendo che rarissimamente si può raggiungere una qualche verità.

Soprattutto in un’aula di giustizia.

Laura Giordani

N.d.A. Lo spettacolo è stato rappresentato nel 2018 al “Teatro della Civita” proprio dentro il quartiere dove viveva Nino Martoglio e dove  lui ha ambientato la vicenda “ricostruita” nel processo.