Al momento stai visualizzando A-Tu-Per-Tu. Flipped Classroom

Gentile dottoressa, sono papà di due ragazzi, uno di 14 anni e l’altro di 16, e da mesi ormai li seguo nel loro percorso scolastico da remoto. Mi accorgo delle difficoltà e mi pongo tante domande. Una di queste riguarda un argomento di cui ho sentito parlare i miei figli tempo fa e che mi ha incuriosito. L’insegnamento capovolto. Mi hanno spiegato cos’è, ma davvero può essere utile all’apprendimento? Io vedo solo problemi. (Matteo P.)

Gentile Matteo, le dico intanto sì per poi dirle ma.

Spieghiamo intanto cos’è l’insegnamento capovolto, il Flip teaching, detto anche flipped classroom. Si tratta di una metodologia didattica di recente formulazione e oggetto già di molti studi. Consiste nella inversione dei tempi e delle fasi del percorso di insegnamento-apprendimento, nel ribaltamento della logica dello studio. Se tradizionalmente il primo contatto con la conoscenza gli studenti l’hanno in classe con la mediazione del docente, per poi approfondire e ripetere a casa; nella lezione capovolta lo studente accede all’informazione in modo diretto e attivo a casa, servendosi di strumenti molteplici, mentre a scuola è possibile approfondire, chiarire, consolidare, attraverso il sostegno del docente. Si parte dal presupposto che è proprio questa seconda fase quella in cui il ragazzo ha in realtà più bisogno. Oltretutto, così facendo, quest’ultimo viene responsabilizzato del proprio processo di apprendimento, “imparando ad imparare” a prescindere dalla cornice contestuale della scuola, sviluppando una competenza per la vita. Il docente a questo punto incoraggia, guida, motiva, corregge. Attingendo sia ai propri materiali che al web, prepara risorse multimediali da caricare su una piattaforma di e-learning appositamente predisposta, assegna per casa materiali con cui avere un primo approccio personale che successivamente verranno discussi in classe. Gli studenti, dal canto loro, collegandosi allo spazio virtuale, possono in qualsiasi momento della giornata accedere a queste informazioni, impostare il tempo del proprio studio in modo soggettivo, potendo anche più volte tornarvi. In classe si potranno effettuare esercitazioni, approfondimenti, semplificazioni di concetti complessi, domande, verifiche, per poter fare in una fase conclusiva, a consolidamento avvenuto, la valutazione vera e propria.

Naturalmente è necessario l’utilizzo delle nuove tecnologie. Questa formula ha il vantaggio di andare incontro a tutti i diversi stili cognitivi e dunque di apprendimento, permettendo a tutti, in un modo o nell’altro, di poter digerire quella conoscenza e farla propria. Lo spazio della classe diventa lo spazio della condivisione in un percorso di co-costruzione.

La difficoltà è spesso più degli insegnanti, che non hanno tutti le competenze digitali necessarie, in alcuni casi neanche quelle di base. Naturalmente questo non è un limite che può essere ignorato o semplicemente alibi per scaricare colpe, dal momento che una formazione continua diventa valida alleata. Ma sicuramente questa metodologia didattica, come tutte le altre, ha i suoi pro e i suoi contro.

Ricorrendo molto spesso alla mediazione della tecnologia, rischiano di essere penalizzate le relazioni interpersonali, sia a casa che a scuola, a cui si aggiungono aspetti di natura organizzativa come la gran quantità di tempo e di energia impiegati nella programmazione delle attività e nella selezione dei materiali, oltre che nella registrazione delle video-lezioni e dei podcast. Infatti può accadere che sia più utile per un docente confezionare da sé i contenuti digitali piuttosto che proporre quelli già presenti in rete, non sempre adattabili ai programmi, all’età, al percorso logico che vuole proporre. Oltretutto si presenta quel problema che è stato già da alcuni analisti individuato al di fuori e a prescindere dal contesto scolastico che è la grande dispersività dell’universo della rete virtuale. Internet può essere un labirinto in cui perdersi se si è senza coordinate e criteri di selezione adeguati. Quanto ai criteri di selezione di ciò che davvero può servire, i nativi digitali non sono sempre sufficientemente smaliziati e addestrati.

È auspicabile che il docente, aperto alle nuove conquiste delle scienze pedagogiche e didattiche, di volta in volta con spirito critico, cerchi di integrare le varie metodologie a seconda della necessità e del tipo di interlocutore, in modo da non robotizzare né mortificare. A condizione che si parta con questo approccio, il Flip teaching diventa un ottimo metodo complementare ad altri, quali la lezione frontale tradizionale, la didattica collaborativa, per progetti, metacognitiva, laboratoriale, per non parlare della educazione tra pari e tutte quelle formule che aprono di più all’ascolto e alla relazione e a cui forse la scuola italiana non è ancora pronta.

Questa sua domanda ci ha fornito un pretesto, anche per dire che questa pandemia ci sta costringendo ad affrontare problematiche serie a cui in realtà avremmo dovuto pensare già da molto prima. Una scuola cristallizzata non si adatta a una società fluida, ma occorre che si diventi fluidi innanzitutto noi. Che molti insegnanti stiano sperimentando e si stiano mettendo in discussione è un buon segno.

Giulia Sottile psicologa

P.S. La invito a leggere l’intervista rilasciata dalla professoressa Graziella Di Mauro per questo stesso numero di dicembre. E’ stata un’occasione per guardare la didattica digitale dall’interno, dal punto di vista di chi la vive senza subirla ma facendone tesoro con spirito critico.

Giulia Letizia Sottile

Giulia Sottile è nata e vive a Catania, dove ha compiuto gli studi e ha conseguito la maturità classica. Laureata in Psicologia e abilitata alla professione di psicologo, non ha mai abbandonato l’impegno in ambito letterario. Ha esordito nella narrativa nel 2013 con la silloge di racconti intitolata “Albero di mele” (ed. Prova d'Autore, con prefazione di Mario Grasso). Seguono il racconto in formato mini “Xocò-atl”, in omaggio al cioccolato di Modica; il saggio di psicologia “Il fallimento adottivo: cause, conseguenze, prevenzione” (2014); le poesie di “Per non scavalcare il cielo” (2016, con prefazione di Laura Rizzo); il romanzo “Es-Glasnost” (2017, con prefazione di Angelo Maugeri). Sue poesie sono state accolte in antologie nazionali tra cui “PanePoesia” (2015, New Press Edizioni, a cura di V. Guarracino e M. Molteni) e “Il fiore della poesia italiana. Tomo II – I contemporanei” (2016, edizioni puntoacapo, a cura di M. Ferrari, V. Guarracino, E. Spano), oltre che nell’iniziativa tutta siciliana di “POETI IN e DI SICILIA. Crestomazia di opere letterarie edite e inedite tra fine secolo e primi decenni del terzo millennio” (2018, ed. Prova d’Autore). Recentissimo il saggio a orientamento psicoanalitico intitolato “Sul confine: il personaggio e la poesia di Alda Merini” (2018). Ha partecipato a diverse opere collettanee di saggistica con contributi critici, tra cui “Su Pietro Barcellona, ovvero Riverberi del meno” (2015) e, di recente, “Altro su Sciascia” (2019). Dal 2014 ricopre la carica elettiva di presidente coordinatore del gruppo C.I.A.I. (Convergenze Intellettuali e Artistiche Italiane); dal 2015 è condirettore, con Mario Grasso, della rivista di rassegna letteraria on-line Lunarionuovo. Collabora con la pagina culturale del quotidiano La Sicilia.