Gent.le dott.ssa Sottile, sono Rossella, una vostra recente lettrice. Scrivo gli anni col 4 e sono da poco rientrata in ufficio. Qualche giorno fa mi sono sentita molto giù di morale e ho chiesto una consulenza psicologica per capire meglio cosa mi sta succedendo. Lo psicologo mi ha rassicurata e mi ha prescritto lunghe camminate. Ero un po’ inibita e non ho saputo chiedere spiegazioni. Può dirmi lei cosa c’entra il camminare?
Gentile Rossella, ci fa piacere averla come lettrice e che lei abbia affidato a noi il suo dubbio.
Può essere normale sentirsi giù di morale adesso, anche se il lockdown è finito e tutto prova a tornare al consueto andamento. Anche qualora questo tentativo sociale non fosse contaminato dalle nuove incertezze e da nuove paure, sarebbe comunque abbastanza normale il suo malessere. Sicuramente lo psicologo le avrà detto che può avere accumulato tensione nel reprimere ogni pensiero negativo nei mesi più critici, per poterli fronteggiare con ottimismo e operatività. Ha scacciato dalla porta ciò che, quasi sempre nelle nostre vite, tende a rientrare dalla finestra. È come se avesse sottoposto un muscolo ad allenamento serrato, ignorando il dolore o sedandolo con antinfiammatori, e adesso si ritrova a terra a un giorno dalle gare.
Non conosco i particolari delle sue giornate di quarantena, ma le parole del dott. rassicurano anche me, che guardo con entusiasmo al consiglio che le ha dato e che io stessa spesso do.
Lockdown a parte, è comunque condizione dell’uomo moderno la posizione da scrivania, con i piedi su, che perdono contatto col suolo, a scapito del nostro radicamento (immagini un albero le cui radici vengano sradicate), e la testa giù, a ridurre drasticamente il nostro orizzonte visivo (ben prima che arrivassero gli smartphone). L’apertura dell’orizzonte è stata la prima conseguenza della conquista della posizione eretta nella storia del genere umano. Questo ha consentito una maggior padronanza dello spazio e la possibilità di utilizzare le mani per manipolare gli oggetti. Da qui è stato un effetto domino. La possibilità di muoversi su più ampi territori, ha richiesto la necessità di formare gruppi coesi, capaci di cooperare e organizzarsi. A tal fine (necessità fa virtù) si è cominciata a usare una comunicazione simbolica (il linguaggio verbale) corredata da un pensiero più sofisticato, andando a complessificare le modalità interattive.
Ebbene, per farla breve, come più volte gli studiosi hanno evidenziato, camminare e pensare sono strettamente legati. Il ritmo moderato dei passi attiva processi che consentono di pensare in modo più ordinato, più ricco di associazioni mentali e creatività (che non è solo quella artistica ma anche nella risoluzione di problemi pratici quotidiani). Le due funzioni entrano in collisione solo quando sono spinte a intensificarsi, l’una a scapito dell’altra: provi a svolgere complesse operazioni matematiche o ad accelerare sino alla corsa. Nel primo caso sarà costretta a rallentare, nel secondo caso non riuscirà a pensare a niente, il che può essere di enorme utilità per svuotare la mente. Ogni tanto ci meritiamo una pausa dall’iperattività dei nostri pensieri!
I benefici sono innumerevoli: sul piano fisico (molti studi hanno evidenziato come camminare per un’ora al giorno migliori tutti i parametri corporei) e su quello relazionale (camminare insieme, lavorando sulla sincronizzazione o anche sulla semplice condivisone di uno stesso sguardo, si allenano i neuroni specchio con benefico impatto in termini di empatia).
Insomma, Rossella, potrebbe non bastare questa buona abitudine per ritrovare il suo equilibrio, per cui innanzitutto continui ad andare dallo psicologo; tuttavia, non trascuri, almeno 2-3 volte a settimana, di camminare. E non per andare a fare la spesa, ma senza altro obiettivo che godersi il viaggio.
Dott.ssa Giulia Sottile, psicologa