Quella di far sloggiare la pescheria dal centro della città non è l’unica utopia a basso costo di Chicco Baracca.
Stiamo invecchiando: e veder passare due, tre, quattro, anche cinque anni per pochi metri di asfalto fresco è una cosa che lascia il segno; almeno quanto le spalle alzate dei nostri concittadini davanti alle eterne barriere Jersey, agli eterni scatoloni di plastica bianca e rossa riempiti a sabbia e lasciati a deperire sull’orlo del precipizio: spalle alzate che fanno eco alle parole dell’obelisco, alla traduzione posticcia di quel genio di Don Ciccio Petrina: “Chi se ne fotte”.
Così il mio amico Chicco è costretto a ridimensionare i propri sogni: a immaginare solo modifiche urbanistiche a buon mercato e di pronta esecuzione.
In pratica gli è rimasta soltanto la toponomastica.
“Hai presente piazza Giovanni Verga?” mi chiede ex abrupto.
Siamo a San Giovanni Li Cuti.
E’ dicembre e non c’è una nuvola; il cielo è turchese, come pure il mare; l’aria è fine e fredda; le biciclette ben legate di fianco alla panchina.
Con le guance al sole e gli occhi socchiusi, rispondo come un gatto pigro: “E certo che ce l’ho presente”.
Vorrei ben vedere: la piazza davanti al tribunale per me non ha segreti.
“Ecco … piazza Giovanni Verga andrebbe chiamata piazza Giovanni Falcone”.
Rispondo meccanicamente: “Sì, e Verga? e di Verga che ne fai?”; gli occhi ancora socchiusi, le guance ancora al sole.
Chicco risponde senza esitazione; si capisce che ci medita da tempo: “Verga andrebbe messo al posto di Stesicoro; un nome che non dice nulla”.
A proposito di nomi che non dicono nulla, chiedo tanto per chiedere: “E il corso Italia? che facciamo col corso Italia?”
Anche questa volta Chicco risponde rapido: “Viale Andrea Camilleri, senza dubbio!”.
Pure sul viale più chic della città Chicco ha le idee chiare; tutto merito delle bionde fresche di Coiffeur, sono pronto a scommetterci.
E bravo Chicco; sembra avere una risposta per tutto; allora decido di spiazzarlo.
“E via delle Finanze? la via delle Finanze come la chiameresti?”.
Parlo della storica vie delle prostitute; sono curioso di vedere cosa risponde.
“Facile: via Vitaliano Brancati!”.
Volevo spiazzare Chicco e invece è stato lui a spiazzare me.
Non mi resta che rilanciare la posta: “E via Plebiscito?”.
Questa volta Chicco indugia un po’; non se l’aspettava.
Cuore dello Street Food, del sanguinaccio e della carne di cavallo, l’arteria attraversa il quartiere più fiero e più feroce di tutta la città. Un amico da quelle parti è un tesoro che vale doppio.
Chicco ci pensa e ci ripensa; poi trova la risposta, mi dice: “Via Quentin Tarantino… peccato che sia ancora vivo; bisogna pazientare qualche anno ancora”.
Il sole sulla guance è un piacere; di muoversi nessuno dei due ha gran che voglia.
Cerco altre strade cui pensare.
Con gli occhi socchiusi vado al viale Mario Rapisardi, la strada intitolata al precursore.
(1868, Victor Hugo: “J’ai lu, monsieur, votre noble poème. Vous êtes un précurseur…”.)
Giro il quesito a Chicco: “Viale Mario Rapisardi; che mi dici?”.
Ancora una volta Chicco indugia.
Starà pensando allo stadio, che si trova lì a due passi; o forse pensa alle botteghe con le mercanzie esposte sui marciapiedi per metri e metri; oppure al fumo delle caldarroste che copre le luci dei semafori; o forse ancora agli ambulanti che vendono il pesce in mezzo alla strada; lo si potrebbe comprare senza neppure scendere dall’auto; oppure pensa al venditore di presepi messo lì al centro del marciapiede.
Vallo a sapere.
Fatto sta che alla fine Chicco trova la risposta che mi tace.
“Viale Diego Armando Maradona”.
Ausilio Ignazio Lotti