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Il fenomeno di cui sto per rappresentare alcuni aspetti di palese tenerezza non è solo di carattere regionale siciliano ma proprio dell’Italia intera. L’Italia terra di Santi, navigatori e poeti, come capitava di sentire ricordare negli anni della mia fanciullezza iblea. Ma non è che le cose siano cambiate granché, tra Bel Paese e patria di Dante la nostra Terra qualche merito può giustamente vantarlo. Qui parlerò di poeti e solo di poeti. Non mi intendo molto di navigatori e preferisco non parlare di santi perché seguo il vecchio ammonimento che suona: Scherza con i fanti ma non scherzar con i santi. Per spiegami meglio è che vorrei dire come l’Italia oltre alle pretese di circa un milione di poeti, cifra piuttosto abbondante rispetto alle altrettante presenze nelle altre nazioni del mondo, è anche un poco straripante nel genere Santi. Forse perché essendo lo Stivale sede del Vaticano delle memoria di San Pietro che lasciò per testamento quella facoltà di legare e sciogliere al Vescovo di Roma, che definiamo papa, qualche odore di preparadiso l’Italia tutta tende ad assumerlo. Anche con le sue ladronerie e i suoi ladroni. Ma non scherziamo con i Santi. Con i poeti sì, anche perché in genere più in bassa macelleria li incontriamo più irascibili li troveremo. Ire che a noi, gente iblea di una Sicilia antica in chiave moderna, non potranno scalfire perché nel nostro mestiere di cronisti dell’attualità non siamo suscettibili né siamo vulnerabili dagli strali di qualche agguerrito verseggiatore che non esita a credersi poeta.

Alcuni anni or sono Lunarionuovo ha pubblicato il resoconto di alcuni inconfutabili dati statistici. Lo ricordo perché ne conservo la documentazione in fotocopie. Un documentazione fitta di reazioni dei rappresentanti dei mille e passa Dante e Petraca che in Sicilia sgomitano come politicanti in vena di spartizioni di prebende e di poteri. Mille solo in Sicilia! Ma perché mille in tutta la Sicilia, come dalla statistica pubblicata e documentata? Mille sono solo i Dante e i Petrarca presenti nella sola provincia di Catania. Un primato che deve rendere orgogliosi i devoti di Sant’Agata. E non scherziamo nemmeno noi iblei con i nostri poco meno e con il vantaggio di avere uno dei nostri quasi mille, già candidato al Nobel! Il che non è cosa da poco, come vantaggio provinciale e regionale. Ancora-ancora che non so bene se Palermo potrà conservare un primato assoluto o solo un ex aequo con Catania. Su La Sicilia quotidiano di quest’ultima città ho letto una recensione a firma di tale Privitera, che suonava a raccolta per celebrare l’opera nuova di uno dei Petrarca isolani, ma poi mi hanno detto che il Santo Privitera della illustre firma altro non è che un plurioperatore tra prosa, giornalismo e saggistica, quindi un poco distante dalla lista d’attesa per l’alloro di Dante e Petrarca. Né colpa né pena, ma una rosa amichevole per Santo Privitera che non scrive poesie, ma si piega riverente al fascino poetoso del poetare. Verbo e derivati che celano nella dolcezza del dittongo il segreto che prelude a quelle selezioni che poi fatalmente finiscono tra le pagine della Letteratura italiana tramite la insindacabile crudeltà dei suoi curatori così meticolosi nel privare d’una vocale un così prestigioso titolo, quello di poeta.

Una folla di emergenti poeti che rende fiorente il territorio di tutta la Sicilia in versi come la sua politica in corsi. Il corso della politica e il verso dei suoi poeti. Che vogliamo di più contingente per illustrare questa nostra Isola visitata da due premi nobel per la letteratura nell’arco di mezzo secolo?

Sebastiano Cannata