Evelina Larzio, laureata in giurisprudenza, racconta in un’intervista la sua passione per vari materiali: penne, matite, pastelli, gessetti che l’hanno spinta sin da piccola al mondo del disegno fino ad arrivare oggi a opere di vario formato visibili sulla propria pagina Instagram.
Ogni momento è utile per produrre una nuova creazione, persino mentre aspetta l’inizio di un evento Evelina crea, lasciandosi andare all’impeto del momento, partecipando anche a esposizioni personali e collettive.
Le sue produzioni spaziano da piccole cartoline su vari soggetti: nature morte, ritratti, paesaggi a tele dipinte in acrilico.
Tutto può essere rappresentato seguendo il desiderio del momento al quale si affida utilizzando tecniche che seguano la sua istintività come l’acquerello fino alla massima realizzazione del dettaglio con matite colorate, pastelli arrivando ad alti livelli di iperrealismo.
L’artista partecipa al progetto “Ultimi: ti racconto una storia”, che consiste in una mostra connessa ad una serie d’iniziative a scopo benefico con l’associazione “Nés- nessuno è straniero”, che cura l’accoglienza e l’inserimento sociale di immigrati nel territorio italiano, avendo già portato a buon fine una serie di attività quali il conseguimento di titoli di studio e l’inserimento nel mondo del lavoro a beneficio degli ospiti della struttura; iniziativa volta alla creazione di un corridoio umanitario per accogliere una famiglia che fugge dal conflitto in terra siriana e che, al momento, ha trovato ricovero in un campo profughi in Libano.
Sensibile ai temi sociali, nella serie per la mostra “Ultimi”, Evelina usa la tecnica per dar voce a chi spesso non viene ascoltato e visto; le matite diventano la voce delle rughe, del riflesso delle pupille, rendendo l’immagine opera quasi tangibile.
Lo spettatore si sente istintivamente spinto dalla sapiente gradazione tonale a sentire l’epidermide, l’intreccio di una barba, la leggerezza serica di un tessuto.
Evelina inizia il suo iter creativo partendo dallo studio sapiente della fotografia, ricercando spunti di una realtà da raccontare attraverso una trama di segni, contrasti di luce e ombre che facciano emergere la forza d’animo di una persona abituata a vivere in contesti difficili.
Con maestria tecnica, ricerca di dettaglio, cura per i materiali utilizzati si arriva al cospetto di un disegno che sembra quasi un’opera di artigianato, le trame delle matite sembrano fili intessuti singolarmente per creare un ricamo visivo da cui si è rapiti.
Attoniti ci si ritrova ipnotizzati davanti ad uno sguardo magnetico di una persona semplice, non curanti che le concavità delle orbite degli occhi non ne mascherano la fatica.
Ci sono ritratti che mostrano la bellezza della relazione tra la realtà vissuta e rappresentata come “Smirk” le cui rughe che la solcano enfatizzano la felicità che non muore mai, come se l’artista volesse elogiare la bellezza della vita che si insinua nelle pieghe del vissuto e del mondo.
“Alba” che serena ci guarda e si lascia guardare attraverso un velo che squarcia lo spazio, “Maktub” che travolge con lo sguardo fiero della cultura iberica, avvolto da un bianco che si trasla in luce diafana.
I disegni sono generatori di racconti visivi, nel tempo e nello spazio, “Anima la vecchia armena” si fa riferimento alla cultura armena variopinta e variegata che si afferma non per ricchezza, ma forza morale. L’artista lega l’immagine che lei stessa sceglie ad un significato simbolico, morale e storico.
Un esempio ulteriore è “Faith”, ritratto dove un gioco di significati doppi si interconnettono dalla fede religiosa, fede materiale come simbolo del matrimonio, fede in se stessi intese tutte come energie che si manifesta nella luce che traspare dalle mani della donna.
La trama del colore si infittisce come se tutto fosse un intreccio di energia.
Nel “Il terzo occhio” il colore diventa folklore, cultura, tradizione e storia ricordando le cerimonie induiste dell’Holifestival che circondano il soggetto e plasmandolo ci trasmette vitalità.
Si giunge anche a Cuba con la “Curandera” ispirata da una caratteristica donna che trasmette sensazioni tattili, olfattive oltre una grande ilarità.
“Cap” e “Andy” sono racconti visivi di un’umanità sofferta che si intravede nell’umor vitreo dei loro occhi, le cui arcate orbitali sapientemente definite dalle ombre ne evincono la profondità d’animo.
La scrittrice e l’artista si fondono in un percorso visivo- immaginifico, dove la scrittura sposa la scrittura e l’immagine dove entrambe le arti si contaminano influenzano e diventano interdipendenti come “conditio sine qua non”.
Dal lockdowon al coinvolgimento di un’associazione che si occupa di aiutare l’inserimento sociale di immigrati, “Nessuno è straniero”, l’artista utilizza l’arte a scopo benefico nella mostra “Gli ultimi ti racconto una storia”.
In passato si è occupata del tema della violenza sulle donne con riconoscimento ufficiale “Volti di Donna”, “Soror optima” nel club Soroptimist Val di Noto a Palazzo Nicolaci di Noto evolvendo a livello tecnico e artistico.
L’artista dichiara d’essere giunta all’esplosione per l’arte attraverso la “resilienza”, riemergendo da uno stato emotivo difficile per rinascere attraverso il disegno.
Il percorso di ritorno all’arte che intraprende un artista è identico ad un ritorno al mondo inconscio, celato, temuto ma da sempre amato, ripercorrendo le proprie tenebre e passioni si trova la strada per ritrovare se stessi.
Ombretta Di Bella
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