Al momento stai visualizzando Si riparano bambole in movimento

 

Hai spento la luce e, adesso, nel buio si muovono forme, densità che si accalcano e si dissolvono in seno alla circolarità dell’occhio. Hai spento l’occhio e il buio, mosso, si fa spazio dentro. Come un emisfero limitato, di scintille e assenze minuscole. In avanti risale e cade, fuori, dalla bocca, fuori, dai capelli. Indietro, ridiscende sotto la pianta dei piedi che avanzano in aria, dita, gambe in su, piante allargate, poi in rovesciata levitare senza accorgimenti. Se accendi la luce le forme tornano al loro posto: un tonfo, nei perimetri perfetti. Libri uno sull’altro, vite anteriori, interruttori switch, sbarre, ante degli armadi secolari e specchi oscurati dalle invidie, corde logore delle serrande verso immagini proibite dal futuro, fogli sparsi e quaderni di indicibilità, bottiglie semivuote semipiene dove galleggiano imbarcazioni la cui unica meta è prigionia, note trascritte di isterica poesia, penne di musiche inaudibili, leggii aste, cavi arrotolati in connessioni mancate, un temperino sembra scalzo ed è solo, inavvertitamente, caduto in un cassetto. Perimetri certi, scatole e tubi, morbide gomme, felpe, plastiche perpendicolari al desiderio di asfissiare una forma, anche, solo a tratti, mutevole. Un passaggio macchiato d’inchiostro, informazioni che si cancellano nelle velocità. Più camminano le punte che le imprimono, più sostengono il peso di ossa scricchiolanti e nastri attorcigliati alle caviglie come filo spinato. Se stai levitando il passo da un’inferriata all’altra, nella penombra striata, somiglia a un brivido. Fuori qualche lampione a sfera emette luce quasi arancione. Dal concavo delle anche al ricciolo in mezzo all’ombelico: una trasmigrazione. Sfila sfila, è lì che giunge il suono. Inspira, gonfia l’addome, espira, spingi l’ombelico al confine della colonna, vertebra dopo vertebra, poi… Bounce chassé, dondola morbida testa di gomma, grand-jeté, curva e cadi, cloche, avanza e striscia sui gomiti come un soldato trincerato sotto la linea di Gaza. Danzano al buio forme di demoni, e il soldato che si unisce alla danza. Gomito infranto, splash, chiuditi, si direbbe, cigolando, cadi sulla spalla, chiuditi e riposa. Un due tre, inspira. Se ti stai addormentando è risalendo i secoli della dimenticanza, il sonno delle anime che il tuo corpo attraversa nel ritmo. Anime di cui conosci il respiro. Espira. Il tuo sonno è blu, come un tappetino spesso pochissimi centimetri, come il suolo. Switch da interruttore: Ti devi svegliare, apri gli occhi, alzati. Cammina, cammina…

 

Maristella Bonomo

E' nata a Catania ma vive a Roma. Si è laureata in cinema al Dams di Bologna con una tesi su Proust e il cinema. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Italianistica, sempre all’Università di Bologna, sulla sceneggiatura cinematografica. Ha pubblicato alcuni racconti sulle antologie: I racconti della Garisenda (Re Enzo editore, Bologna, 2002), Gli Intemperanti (Meridianozero, Padova, 2004) e I racconti sul caffè (Caffè Moak, Modica, 2005) e in alcune riviste e quotidiani. Sue poesie sono apparse nella rivista Graphie, nelle antologie Donne e poesia (Giulio Perrone editore, Roma 2007) e Eros e poesia (Giulio Perrone editore, 2007). La sua prima raccolta di poesie Passi segreti è edita da Prova d’Autore (Catania, 2008). La sua prima raccolta di racconti Riflessi è edita da Giraldi editore (Bologna, 2009), con una postfazione di Enrico Ghezzi. Sempre con Enrico Ghezzi ha realizzato quattro videoclip per il duo pianoforte e voce Mama’s Gan. Ha lavorato come redattrice, critica e traduttrice per le riviste letterarie ClanDestino e Griseldaonline.