Al momento stai visualizzando Quattro poesie

Dicono Poesia abbia gene pazzo
se tra umili antenati sboccia
non v’è mai occhialuto tra le fronde
a sollevare le fatiche dei fiori introversi

Corpo curvo di voce magra
poca lena nella corsa
un gheriglio di maschere pronte all’opera
miti cuciti per lei su misura
sentenze d’esilio per la faccia allunata:
se scrive di russi, partono governi
se aiuta i poveri, ci prende per fessi

Cento cani abbaiano alla stessa ombra:
strega, brigante, spia
gallina, cantante, funivia
losca pretesa di sogni suadenti
la bella epoca provincialotta
scambia un saluto di donna per ultimatum di lotta
una lei Parola – non me – che è Sapienza veniente
ora capovolta appare come mostro al confine

Ma dei vostri cortili io faccio nevischio
grottesca balugina alla Pietà che vi guarda
la farsa delle tribune e del regime il rischio
il sintomo di una civiltà ormai beffarda.
 
*
Natale

Racconto non mente se in ventre conserva
i passi del bambino nel padre dimesso
dentro pietra anonima
anche il silenzio del pastore s’incarna
affinché cominci una musica del nome
fuoco continuo ne scalda
il primo suono sghembo
e non è delinquente se resta poco lontano
Presepio è uscita di scena:
fuori dal palco, una zolla d’umano.

*
“Credo alla lettera” si chiamava un libello
ma non di Lutero era argomento
né per gli idoli la stella sgomento:
è credere al senso delle sventure
speranza capace di deporre
la vetrina di scherno pungente
destino imposto da condanna silente:
la derisione degli esperti su dignità di bambina.

*
Moltitudini calate nella paura
coltura per miti e superstizioni
eroi fanti salvatori
caccia aperta all’eretico e all’untore
l’uno della mente, l’altro della carne
il flagello o l’amore:
così ruota dentellata muovendosi muove
lasciando esistere un residuo di setaccio
una bestia il malato, un vegetale insapore.
Ma ecco un tumulto alla fine della strada
tra polveri cabaliste diabolici ispettori
lì dove Fenice risorge il Pellicano ristora
v’inquieti adesso il corpo travisato
il dubbio, ambiguità irriducibile
il sospetto, l’allarme non amato.
                                           Marina Guerrisi

*

Marina Guerrisi è nata a Milano nel 1985. Laureata in Filosofia e Teologia. Scrittrice in “prova” eterna, utilizzò per gioco lo pseudonimo Marta Anice, anagramma di Marina Tace, durante una giovinezza poetica ormai del tutto estinta o forse mai cominciata.