Marta guardava la sua splendida bambina riposare nella culla. Era così piccola!Le manine paffutelle, le guanciotte rosee, un esserino avvolto in un body rosa, un esserino che fino al giorno prima dormiva nella sua pancia e adesso era lì davanti a lei. Un senso di felicità la pervadeva, lei aveva donato la vita! La potenza della sua femminilità le si sprigionava addosso con una furia incontrollabile. La donna era realmente l’intermediaria fra l’uomo e Dio, in un breve arco di tempo era capace di poter mettere al mondo un altro essere umano. Marta era felice come non mai e questa felicità nasceva dalla sua nuova condizione di mamma che dava senso ultimo e completo al suo essere donna. Era come se avesse fatto un balzo di categoria, non più una ragazza o una donna, era una madre. Ormai avrebbe guardato le altre ragazze nubili o senza figli con una consapevolezza diversa, loro non erano al suo livello perchè ancora non avevano donato la vita. Le fatiche del parto adesso non le sentiva quasi più; si ricordava quei tragici 9 mesi in preda a nausee, voglie, dolori e sbalzi d’umore ma adesso li sentiva distanti. Erano stati il prezzo da pagare per ricevere il dono della maternità e di sua figlia. Sorrideva compiaciuta quando diceva “sua figlia”. Una parte di lei e del marito le si era materializzata davanti e dormiva placida di fronte a lei. Tutta la sua famiglia aveva celebrato quel giorno ed infatti la stanza della clinica portava i segni della sua presenza: palloncini, fiori, cioccolatini, tutine per bimba, giocattoli,confetti. Era un caos piacevole e confortante, tutta la famiglia aveva riconosciuto il suo essere madre: insieme alla figlia era rinata anche lei.
D’improvviso i suoi pensieri furono interrotti da un’ombra nera alla porta. Era già sera, non credeva si potesse ancora ricevere delle visite eppure una figura le si parò davanti. Era una donna, alta e pallida, vestita di nero e con dei fiori neri in mano. Marta cercò di mettere a fuoco nella penombra della stanza per cercare di capire chi fosse. La figura restava immobile sulla soglia della porta in attesa di un suo cenno di riconoscimento.
“Zia Adelaide, sei proprio tu?” Disse rivolgendosi alla sagoma.
“Si, Marta, sono proprio io.” Rispose la donna con una voce bassa e intensa.
“Che sorpresa! Vieni, entra! Sei venuta a salutare la bimba?” Marta si sentiva a disagio ma non poteva certo mandarla via. Aveva visto la zia quando lei era ancora una bambina, era la sorella della madre, considerata la pecora nera della famiglia a causa dei suoi strani comportamenti luttuosi e freddi. Ora che ci pensava, la zia era stata come cancellata dalla famiglia che non voleva più averci a che fare. La sua presenza era insopportabilmente funerea e nessuno voleva starle accanto. Ma che ci faceva lì adesso? E chi l’aveva avvistata?
La zia entrò ma non si accomodò sulla poltrona, rimase in piedi di fronte a lei ai piedi del letto. Si muoveva lentamente e il suo volto non mostrava cenni di allegria. Guardò distrattamente la bambina e poi le puntò addosso i suoi occhi gelidi.
“Sono venuta a porgere le mie condoglianze a tua figlia” le disse aspra.
“Condoglianze? Ma di che stai parlando?” la zia le fece un sorrisetto sardonico e continuò a parlarle con la sua voce lugubre.
“Povera Marta, ancora non l’hai capito? La vita è il più grande cavallo di Troia che esista al mondo. Quando nasciamo c’è sempre una grande festa e felicità, tua figlia vivrà la sua bella vita fatta di gioie e di speranze, di attese e di solitudini. Magari si sposerà, magari no; magari viaggerà e vedrà posti meravigliosi, si commuoverà davanti alla bellezza del creato; proverà amore e compassione, capirà tante cose e si interrogherà invece su altre. Ma sai qual è il prezzo da pagare per avere tutto questo? La morte. Tua figlia vivrà con la consapevolezza che tutto ciò che le è stato donato le verrà portato via un giorno e lei non potrà farci niente se non arrendersi a questa consapevolezza. Quindi, sono venuta a porgerle le mie condoglianze perché dal momento che è nata ha iniziato anche a morire.” Marta restò senza parole, la zia adagiò i fiori sul letto ed uscì silenziosamente dalla camera. Il dono della vita che le era sembrato meraviglioso fino a qualche istante prima, adesso assunse un’altra connotazione: era anche il dono della morte.