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POESIA: VALVOLA NATURALE PERENNE! RELIGIONE: NECESSITÀ UMANA CONTINGENTE?

La sparata più (in)degna di memoria nel merito della Poesia potrebbe essere stata quella lanciata dal filosofo di origini ebree Theodor W Adorno: La critica della cultura si trova dinanzi all’ultimo stadio della dialettica di cultura e barbarie. Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro e ciò avvelena anche la consapevolezza del perché è diventato impossibile scrivere oggi poesie.

Questa dichiarazione, che il noto pensatore ha scritto nel 1949, all’indomani del suo rientro dall’America in Germania, è stata fortemente contestata, come tutti sappiamo. E tra le tante osservazioni di allora citiamo: “Segno che un’affermazione così radicale andava a toccare uno dei punti chiave del dibattito sul rapporto fra intellettuali e società, dove i primi percepiscono il senso profondo di una sconfitta epocale di fronte al nazismo prima e alla cultura di massa dopo. Nel corso degli anni successivi Adorno avrebbe chiarito meglio la sua posizione e i fraintendimenti a cui, secondo lui, era stata sottoposta, ma alla fine ammettendo che si trattava di un errore. Nel 1966 scriveva infatti: Il dolore incessante ha altrettanto diritto di esprimersi quanto il torturato di urlare; perciò forse è sbagliato aver detto che dopo Auschwitz non si può più scrivere poesie”.

  1. Nihil sub sole novum, è la locuzione appropriata al momento di far seguire a una richiesta di udienza una proposta che ripete qualcosa di già detto o di già visto. Infatti nulla sarà nuovo in questo mondo. A metà del secolo scorso per la Poesia, nei nostri anni a bilancio morale e religioso di questo inizio di certo Millennio, per il Cristianesimo. (Le iniziali maiuscole, qui, come segno vagamente estetico). Dopo il cimitero del mar Mediterraneo non è più appropriato attribuire cristianità all’Occidente. A voler essere pignoli non c’èra cristianità nemmeno ai tempi (remoti) delle crociate contro gl’infedeli, con la conferma (secolo scorso fascista) di “benedizioni delle armi”. E va bene. Anzi va malissimo e se si esclude dal conto il cristiano “porgere l’altra guancia”, che nella pratica quotidiana universale potrebbe essere letto come sodomizzare, tracimando nel greve dell’allusione talmente reale da offendere brutalmente, come offendono tutte le verità. Se si esclude la guancia e si torna a chi dà acqua all’assetato, pane all’affamato e ospitalità al pellegrino, si scopre che la cristianità è utopia, non esiste. Cristianità come codice rivoluzionario senza uguali in nessun altra religione. E senza dire del Capro espiatorio, del’artefice del riscatto, del morire in croce per aver operato il bene. Tutto un discorso che non ha ancora censito un proprio Euripide, malgrado i tentativi. Ma è la vita. Come quella volta nell’incontro tra Celine e Heidegger, quando, l’orfano di genitori inceneriti perché ebrei, fugge desolato al momento di farsi fotografare con il filosofo che era stato nazista. Storia dell’umanità. Ma la storia non bada alle anime. I fatti sono fatti. Anche se filiazione della voce del verbo fare, che viene adoperato anche per dire: “Ho fatto un bagno”.
  2. A Caltagirone tra Agesilao Greco e Luigi Sturzo c’è spazio nella storia anche per un certo Mario Scelba, che da ministro dell’Interno in Italia ha gestito le cariche della Polizia di Stato e le manganellate sugli scioperanti che, quella volta, chiedevano lavoro ed equità sociale. Altri tempi. Anche per dire il ridicolo di rivisitare luoghi persone e azioni consegnate all’archivio della storia. A ogni stagione le sue piogge, direbbe un agricoltore.

Poi per grandiosa beffa tutto torna, persino il ministro Scelba, che era stato discepolo di don Sturzo; torna con un patronimico (Salvini) che potrebbe far pensare, ingenuamente, a una voce apparentata con salvezza. Torna un ministro dell’Interno che mentre chiude i porti con una mano con l’altra tira fuori dalla tasca il simbolo cristiano per eccellenza di una coroncina di rosario! (Mentre l’altro Occidente, quello a strisc’e stelle dell’attuale Trump innalza muri esibendo il retroepuloneo delle sue immense ricchezze personali). Tutto si ripete anche se in regimi di più bassa macelleria e maschere a vernici populiste alla Meo del Cacchio (che proprio non c’entra).

Coraggio, gentili lettori, munnu ha statu e munnu è, com’ha statu accussì è! E chi fosse di parere diverso è invitato a documentarsi sul successo del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, in gran parte dovuto alla ripetizione in chiave calligrafica, letterariamente lucidatissima rispetto a quanto aveva spiegato Federico De Robero mezzo secolo prima ne’ “I Vicerè”, sul cambiar tutto affinché tutto possa rimanere com’era.

C’è differenza tra un millepiedi e un centopiedi, infatti sarebbe un evidente vantaggio di ben novecento arti in più per l’uno rispetto allo svantaggio dei novecento in meno per l’altro. Ma questo esito di abbaglio ha avuto credibilità fino al giorno in cui Alberto Salustri (Trilussa) non si è peritato di informare che quella del millepiedi era una leggenda per gonzi, un falso clamoroso. Ed ecco la vita! Infatti Trilussa conclude la sua rivelazione-informazione con una malinconico: “C’è un fottìo di gente che è diventata celebre così!” E buona notte.

Abbiamo iniziato questo paragrafo citando Caltagirone, e proprio dalla siciliana città delle ceramiche viene la voce inedita della insegnante Ester Bonelli, autrice da sempre di poesie interessanti e importanti, che non ha mai destinato a pubblicazioni. Forse solo una eccezione di cui le siamo grati questa attuale di poterne far leggere un paio agli amici di Lunarionuovo tra le pagine di questo stesso numero. Dignità è il titolo che Ester Bonelli ha dato alla poesia che, per sua gentile concessione – e dietro nostra insistente richiesta – qui pubblichiamo come chiave di lettura della parte di questa divagazione che azzarda l’ipotesi di una crisi della cristianità:

DIGNITÀ //Ti ho guardato / accasciato all’angolo di una piazza / a spiare muto / dolorante / senza pelle / quel mondo alieno che ti respinge / ostile. / Ti ho guardato sorridere / malinconico e furtivo / a quei ragazzi come te / solo nati dalla parte giusta / vergognandoti d’essere straniero / tu che sei precipitato / ignaro su un pianeta di voci senza suoni / di sguardi ciechi. / Ti ho guardato uomo bambino / inutilmente vivo / coi tuoi occhi liquidi / grondanti nostalgia e paura. / Una statua di carbone / tra fredde porcellane / un passo stanco / a braccia tese / un granello di sabbia / negli occhi della gente perbene. / Ti ho guardato / davanti a un supermercato / una smorfia triste / che assomiglia / a un sorriso / osservare sconfitto / i barboncini al guinzaglio / più sazi di te. / E ti ho guardato inchinarti / per una monetina / a un semaforo / ringraziare / a gesti in quella lingua / che nessuno ti ha insegnato. / Ti ho guardato chiedere in silenzio / d’esser visto. (Ester Bonelli) (*)

(Ludi Rector)

(*) Altre poesie inedite di Ester Bonelli in questo stesso numero.