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© Violeta Lopiz, dal libro "Les poings sur les îles"

(bottone)

Il signor testa di cuoio stava o per meglio dire era digiuno. La lince aveva soffiato più forte e lui non se l’era sentita di continuare a rubare. Per questo andava appoggiando i piedi come fossero ruote a partire dall’ultimo dito su su fino all’alluce e intanto sbracciava per tenere l’equilibrio con l’eleganza di chi nella vita ha fatto atterrare almeno un aereo. Non si poteva confonderlo tanto per via del bottone a metà tempia destra che lo chiudeva come fosse uno scrigno. Era un bottone rotondo e gonfio di stoffa color melanzana importata da piazza unità e bagnata ancora di mare e di bora. Dove fosse attaccato nessuno sapeva, se alla pelle alle ossa o ancora più giù. Una donna un giorno dispari di un anno bisestile lo aveva sedotto con sidro andaluso e, distesi nel gesto di amarsi, aveva tentato di aprirlo e scoprirne i pensieri. “Se avessi avuto almeno orecchie grigie di topo sarebbe stato diverso” aveva dichiarato lui e un minuto dopo non c’era già più.

*

(dita disponibili)

Nessuno l’ha visto per anni o secondi da sembrare anche manciate di ore poi durante la raccolta dell’ortica una regina con le mani occupate (per assonanza amava portare con se nella destra una viennetta e nella sinistra una vignetta) riconobbe il bottone, nonostante la pelle di cuoio fosse anch’essa viola di ortica. “Messere le porgo le uniche dita che ho disponibili” e intanto allungava un piede nella direzione di lui che lo raccolse con entrambe le mani come fosse una palla. “E io faccio lo stesso sovrana” indicando con gli occhi i suoi piedi ormai ruote.

*

(mosto)

Non si separarono più scambiandosi compiti a seconda degli arti necessari. La regina saliva sulle spalle di lui, ogni tanto spingendolo come un monopattino, e riusciva così a controllare le terre; lui in più le firmava le carte e le spremeva i limoni. Cominciarono i sudditi a considerarlo uno schiavo ma a lui andava bene perché con le mani occupate lei non avrebbe mai cercato di aprirgli la testa così ripeteva “quello che faccio non vale il modo in cui lei pesta l’uva” strizzando l’occhio e aprendo un poco la giacca da far intravedere una piccola botte odore di mosto.

© Violeta Lopiz, dal libro "Les poings sur les îles"

Claudia Mariotti

E' nata a Foligno(PG), dove lavora attualmente come medico veterinario. Vittima di studi esageratamente scientifici la sua mente si rifugia nella letteratura quando e come può.