Avrò avuto quattordici anni quando mi imbattei per la prima volta in un evento inspiegabile.
Avevo mente metodica e pratica (diremmo, scientifica) già da ragazzina, per cui credevo in ciò che potevo constatare e sperimentare personalmente e solo quello.
Mi ritrovavo sulla pelle delle mani e delle gambe, delle verruche che mi davano fastidio, e si moltiplicavano con il progredire degli anni.
Mia madre mi propose di esporre il problema alla signora Maria, nostra dirimpettaia, una vecchina dalla corporatura minuta leggermente curva, con i capelli bianchi raccolti in un piccolo tuppo (crocchia) sulla nuca, lei conosceva le “orazioni” e mi avrebbe aiutato a fare sparire “i purretti”.
La mia prima reazione fu di rigetto e di incredulità, che una semplice orazione o preghiera avrebbe fatto sparire le mie verruche. Mia madre, non insistette per niente, si limitò all’avermelo suggerito e non me ne parlò più.
Nei paesi tante tradizioni del tipo praticato dalla signora Maria venivano tramandate e sulla mia stessa via di abitazione, scendendo, due case prima, abitava “La Pasqualitta”, una vecchina col tuppo e occhiali spessi sul naso. Viveva in una casetta del genere che troviamo descritto nelle fiabe, con sopra al tavolo un vecchio lume a petrolio a struttura portante di ottone, annerito dal tempo, che conferiva all’ambiente un’aria di magia. Anche lei aveva il dono di conoscere le “orazioni” che facevano sparire la febbre ai bambini che avevano “I scumunicati” e che da Lei venivano accompagnati, sapeva anche l’orazione contro il malocchio, per il fuoco di S. Antonio o herpes zoster, malattia assai grave e fastidiosa che con le “orazioni” spariva o quantomeno rendeva sopportabili le sofferenze che venivano alleviate.
Dopo qualche tempo, maturò in me la curiosità di sperimentare la veridicità di queste strane pratiche e rivolgendomi a mia madre l’autorizzai a chiedere alla sig.ra Maria, cosa avrei dovuto fare di mio per ottenere la guarigione dei fastidiosi purretti. Mia madre si rivolse a donna Maria, la quale le disse che le verruche avrei dovuto contarle esattamente, altrimenti l’orazione non avrebbe avuto un esito positivo.
Così feci, li contai con attenzione, sperando di non trascurarne alcuno. Erano sedici, al che mia madre mi invito ad andarla a trovare per dirle, di persona, quanti ne avevo riscontrato. Così feci e contrariamente a quanto mi aspettassi, donna Maria, mi congedò in fretta, mentre le chiedevo cosa avrei dovuto fare, mi rispose: “Nenti a fari!” “i cuntasti giusti?”e se ne andò nel retrobottega, di sua nipote Maria, dove essa alloggiava, salutandomi e dicendomi che entro quindici giorni “i porretti” sarebbero spariti.
Pensavo a chissà quale unguento, magari a base di aglio, mi ci avrebbe passato sopra, o chissà quale rito magico avrei dovuto praticare, nulla di tutto questo, attraversai la strada e fui subito a casa, ancora più incredula di quando ero partita.
Dopo una decina di giorni, notai che le verruche o ”porretti” come comunemente venivano chiamati, cominciarono a sgretolarsi fino a sparire del tutto senza lasciare traccia, nel giro di quindici giorni, così come preannunciato.
Sicuramente l’orazione aveva dato i suoi effetti benefici di guarigione, malgrado la mia incredulità, anche se poi nel corso della mia vita ho avuto modo di conoscere cose ben più prodigiose e persone che se ne occupano con attenzione e professionalità da ricercatori, come Paola Giovetti.
Da allora capii che ci sono cose che non possiamo spiegarci, ma che esistono, dobbiamo solo cercare di capire, senza chiusure e senza preconcetti e che avere una mente scientifica può aiutare a vagliare con discernimento.
Acquisire la conoscenza di ciò che non capiamo facilmente, implica impegno, apertura, studio e fede.
E ancora adesso a distanza di molti anni questa esperienza viene elaborata nei miei vissuti onirici, con messaggi di apertura a questo mondo e di testimonianza di ciò che avviene a livello esoterico.
Trascorsi alcuni giorni, dell’avvenuta guarigione, mi trovai a parlarne con sua nipote Maria, amica di mia madre e provai a capire meglio, bersagliandola di domande del tipo: ma che preghiera recita sua nonna, per avere queste guarigioni?
Io è da anni che avevo i “porretti” e adesso con la preghiera che mi ha detto sua nonna, sono miracolosamente spariti…
Essa mi rispose che non conosceva le preghiere che recitava e alla mia domanda: ma come mai non imparate, qualcuno della vostra famiglia?
Essa mi chiarì che le preghiere vanno trasmesse ad altri che si reputano degni, nella notte di Natale (solstizio d’inverno) e mi congedò con un gesto che stava ad indicare la poca importanza che Lei dava alla questione.
Avrei voluto chiedere di imparare io, quelle preghiere, ma ero troppo giovane e timida per farlo, anche se dopo aver capito che, qualcosa che non conoscevo, esisteva veramente.
La magia popolare siciliana delle campagne è sicuramente di origine pagana, ma chi opera queste tradizione, non è un pagano, anzi le pratiche sono incentrate sul culto dei Santi, della Vergine e di Dio. Può operare solo chi ha fede. Pur non essendoci scritti, queste preghiere o orazioni, costituivano un dono per chi li possedeva, esse sono state tramandate verbalmente e in segreto,
a chi si riteneva degno di un tale compito, chi veniva prescelto a imparare, doveva promettere che non avrebbe chiesto in cambio alcuna remunerazione o regalia, pena l’inefficacia di ciò che avevano imparato.
Tramite anziani del paese di Adrano sono riuscita ad avere alcuni anni fa delle orazioni tra le quali l’orazione per il mal di testa o malocchio e una per i dolori:
Orazione per il mal di testa
Santa Limia, no voscu si ni iva
pi strada ci incuntrau na mala persona
ca terra ci ittau l’ucchiatura su scalpisatura
Liberatemi sta santa creatura.
(Si prende un piatto con un po’ d’acqua dove si aggiunge un po’ d’olio di oliva e si fa il segno della croce sul piatto. Se l’olio resta legato non c’è malocchio. Se l’olio si separa c’è il malocchio.
L’operazione si ripete per tre volte, successivamente si getta nel water e si dice:
jetto st’acqua na sta valle oscura dunni non miri non soli e né luna e non senti mancu scrusciu di campana.
Per i dolori
Alle quattro cantoniere è l’Angelo Gabriele
e l’angelo si vota (dire il nome) si cunorta quattru pani quattru pisci
U beni mi si avanza e u mali ci sparisci (si conclude col Padre Nostro).
Personalmente non ho mai provato a sperimentarle, già avevo una certa ritrosia a pubblicarle, ma vorrei far conoscere ad altri questi piccoli misteri e curiosità del nostro costume, usanze praticate fino a circa cinquanta anni fa, che scompaiono senza lasciare traccia.
Nelle campagne, la medicina arrivava a rilento e per le classi più agiate, le classi sociali meno agiate, invece, cercavano di difendersi dalle malattie rivolgendosi alla figura del guaritore, persone di scarsa cultura, ma di grande fede, sempre pronto ad aiutare gli altri, che con i loro poteri-doni segnavano le malattie con riti esoterici e sciamanici. In genere i guaritori erano dei pranoterapeuti, anche senza saperlo. In questi ultimi anni anche gli antropologi si stanno occupando di ricercare queste antiche conoscenze dei popoli, uguali, anche tra paesi lontani tra loro, persino tra gli indigeni dell’America del Sud e in molti paesi extraeuropei.
Forse questi vecchi riti andrebbero rivisti alla luce delle nuove conoscenze della medicina, perché anche sul piano psicologico il rapporto che si può creare con un onesto guaritore può essere di supporto alla medicina che riduce tutto a formule, scienza e medicine, non tenendo conto che in ogni animo umano ci sono spinte psicologiche di autoguarigione che un guaritore potrebbe, anche se a livello inconscio, ben conoscere.