– Ciao Nonno, è tanto tempo che non ci vediamo, come va la tua vecchiaia?
– Come va, piuttosto, la tua gioventù, gli amori, le avventure e le imprese, le fantasie e le opportunità?
– Bene, bene, piuttosto, volevo raccontarti un sogno che mi ha svegliato e mi ha scosso.
– Sono qui ad ascoltarti.
– No, ho voglia di raccontartelo di presenza.
– Quando vuoi; domani pomeriggio?
– Va bene.
Il pomeriggio era luminoso e assolato.
-Ho sognato un’aquila, quest’aquila era su un castello posto su un’altura. Io ero giù, vicino a un villaggio, l’aquila ha spiccato il volo e si è diretta verso di me, poi, però, è volata via in alto. Io sono andato per la mia strada, verso il villaggio, lì ho incontrato due vecchini, alti e magri, dall’aspetto orientaleggiante, uno aveva una barbetta lunga, l’altro si appoggiava a un lungo bastone, erano i guardiani del villaggio o forse erano i capi, io ho chiesto loro se gli ideali a cui credo e per cui mi sto impegnando sono così importanti come io credo e soprattutto se porteranno i benefici che dovrebbero portare, loro mi hanno risposto che non valgono niente. Mi ha sopraffatto l’ansia e mi sono svegliato.
Cosa ne dici, Nonno?
-Gran bel sogno. Quell’aquila! Anche i due vecchi saggi del villaggio! Anche il fatto che erano due.
-Ma cosa vuol dire, che non vale niente, quello che faccio?
-È l’aquila quella che ti porta le cose veramente importanti. Tu hai finito di fare le cose importanti della tua età. Quell’età è passata, ora sei in un’età in cui sono altre le cose importanti che devi fare.
-Cosa sono le cose importanti?
-È quello che dovrai capire.
-Cosa dovrò capire?
-Questo io non lo so, lo sai tu, che le hai dentro.
-Ma cosa dici, Nonno. Parli senza sapere ciò che dici, come i politicanti.
-No, io so bene quello che dico. Ti propongo un viaggio in un posto dove volano le aquile.
Vicino le montagne, c’è un’Abbazia, e lì ci sono le aquile. Possiamo andare fin là.
Nonno e Nipote partirono nelle prime ore della mattinata, per arrivare lassù bisognava fare almeno tre ore di macchina.
-Nonno, come mai ci sono le aquile, lì dove dobbiamo andare noi ?
– È una pianura collinare, proprio sotto le montagne, dove loro nidificano, per cui nella tarda mattinata e nel primo pomeriggio è facile vederle volteggiare in cerca di cibo. Ho portato il mio binocolo da bird watcher.
– Bene, bene così possiamo vedere bene le aquile.
– Una volta mi è capitato di vedere un’aquila cacciare un coniglio. Da che era lì in alto che girava si è lanciata come un siluro verso il suolo. Un momento prima di schiantarsi a terra ha aperto le ali e ha teso le zampe, sfiorando il suolo, ha afferrato il coniglio con gli artigli e ha ripreso quota volando verso le rocce della montagna.
– Uno spettacolo eccezionale.
– Effettivamente non capita tutti i giorni di vedere cacciare un rapace. Poi vedere un’aquila è un evento veramente eccezionale.
– Quell’aquila del mio sogno, cosa rappresentava?
– L’aquila è un animale regale, è il dominatore dei cieli, viene rappresentato molto spesso negli stemmi araldici, per indicare la supremazia, il comando, ma anche la forza che viene dall’alto, dal cielo. Nel tuo sogno, l’aquila era, appunto, su un castello, che è anch’esso un emblema del potere. Veniva nella tua direzione, per significare che non si trovava lì per caso.
– Cosa vuol dire allora, che diventerò re?
– Non si può mai sapere.
– Nonno, allora ti farò mio gran ciambellano.
– Per intanto accontentati di essere ciambella, i vecchi saggi ti hanno detto che non stai combinando un fico secco.
– Ma sai cosa ho pensato, non è che fossero un po’ rimbambiti quei due vecchietti?
– Noi vecchi un po’ rimbambiti lo siamo sempre. Agli occhi di voi giovani.
– Mi dicevi che, in questa zona dove dobbiamo andare noi, c’è un monastero?
– È esattamente un’abbazia, l’Abbazia d’Egitto. Ne ho sentito parlare come di un posto particolarmente suggestivo. Speriamo di trovarci qualcuno per poterla visitare. Ormai nessuno va a fare il monaco e ancor meno l’eremita, come sembra siano portati a fare i monaci di questa abbazia.
-Perché si chiama Abbazia d’Egitto?
-Non lo so per certo, ma pare che le prime abbazie siano sorte nei primi secoli dopo Cristo, in Egitto, nella regione di Tebe.
– Nonno, mi stai portando fin qua su, per vedere le aquile o per visitare l’abbazia?
– Ad essere sincero, per il piacere di stare in tua compagnia.
– Sei un vecchio bugiardo, lo sei sempre stato e io l’ho sempre saputo. Non dici mai quello che pensi veramente. Con te ci sono sempre sorprese.
Il vecchio sorrise sotto i baffi e non rispose.
– Nonno, ma tu sei mai venuto quassù?
– No, mai.
In lontananza, si profilavano delle alture e dietro di esse delle montagne più alte. Le alture mostravano un passaggio, che avvicinandosi si è rivelato essere un fiume, sul cui argine correva la strada. Tra quelle alture e le montagne si apriva la vasta vallata, attraversata dal fiume.
I due arrivarono a destinazione nella tarda mattinata.
La chiesa dell’abbazia era una costruzione rotonda, imponente a pianta ottagonale, in mattoni, ai suoi fianchi, da est e da ovest, facevano ala due costruzioni lineari, anch’esse in mattoni, con un portico che si affacciava su un ampio spazio attorno al tempio. Dietro, il fiume e la grande montagna; davanti, le alture boschive.
In fondo allo spiazzale laterale, tra la chiesa e l’edificio posto a destra di essa, che si è rivelato essere la foresteria, erano due auto. Il che ha rincuorato i due visitatori circa la presenza di persone e la possibilità di visitare l’abbazia.

– Nonno, niente aquile.
– Aspetta. Verrà il tempo delle aquile.
Verso le tre del pomeriggio, Nonno e Nipote decisero di visitare la chiesa.
La chiesa, vista da fuori, nella sua parte centrale aveva un’ampia torre, sempre ottagonale, con finestre ad arco su ogni lato del poligono. La parte più bassa, attorno alla torre, sul lato nord, in corrispondenza dell’abside, sporgeva fuori dal perimetro in una costruzione coperta da una semi cupola. L’ingresso della chiesa, sul lato sud, era protetto da un portico romanico. La porta era incorniciata da un portale in pietra, strombato su tre ordini d’archi.
La penombra del vestibolo creava un sorprendente contrasto con la luce dell’interno, filtrata dalle vetrate tenuemente colorate del tiburio, sugli archi e le colonne della cupola centrale, produceva un effetto plastico di rara suggestione in contrasto con la luce calda delle esedre, del matroneo, al primo piano, illuminate dalle finestre esterne, decorate da vetrate policrome dai colori intensi.

Il visitatore, entrando, riceveva un impatto, come se stesse penetrato in una dimensione trascendente.
Di fronte all’ingresso, all’altra estremità, era il presbiterio e l’abside con il tetto a semi cupola, su cui era affrescato un Cristo Benedicente.
Nella parte centrale del tempio era la grande cupola, sostenuta da otto colonne sormontate da tre diversi ordini di archi, chiusi all’esterno dalle finestre coi vetri azzurrati. La volta era decorata con quattro angeli che sostenevano uno scudo con le insegne del Cristo.
Un doppio ordine di colonne, delimitava un camminatoio lungo le mura perimetrali, su cui erano collocate delle pale raffiguranti scene bibliche.

Il Giovane, si guardò attorno, come per rendersi meglio conto. Poi, mostrando disincanto, proseguì diritto lungo la navata centrale.
Il Vecchio, invece, si fermò un attimo, poi si fece il segno della croce, quasi ad esorcizzare l’impatto, lentamente si incamminò lungo il deambulatorio di sinistra.
Il silenzio irreale del tempio era appena mosso dal rumore dei passi dei due visitatori.
Mano a mano che proseguiva, il Giovane, restava ammirato, dalle proporzioni armoniche delle strutture, amalgamate dai giochi di luce sugli archi, sulle colonne e le cupole. Quando arrivò al centro del quadrato marmoreo disegnato dal pavimento, sotto la grande cupola centrale, si fermò a guardare in alto, e si ricordò dell’aquila del suo sogno che puntava diritta verso di lui. Immaginò che tenesse qualcosa tra gli artigli e gliela lasciasse cadere addosso.
Cosa gli lanciava, quell’aquila, si fermò a pensare, per un attimo; lì, in quella chiesa e in quel momento?
La Bellezza, fu la risposta fulminea che intuì. La stessa Bellezza suggestiva che stava cogliendo nella luce e nelle architetture di quel tempio.
Era la Bellezza, con cui gli Dei antichi, e lo stesso Dio di Abramo, hanno creato ogni cosa. Era la stessa Bellezza che Dio ha donato agli uomini, consentendo, anche, a loro di creare.
Lì, in quel posto, in quella chiesa, l’uomo che aveva saputo accettare quel Dono, aveva creato quella Bellezza per chiunque fosse stato in grado di coglierla.
Il Giovane Adulto, era rimasto stordito dalla sua intuizione, avrebbe voluto sedersi, fermarsi a pensare, riflettere, capire meglio.

Fuori:
– È valsa, veramente, la pena arrivare fin qui. Nonno, dove hai lasciato il tuo binocolo?
– Dev’essere rimasto in macchina.
– Perché vorrei proprio vederla, almeno un’aquila.
– Il pomeriggio è un buon momento. Potremmo andare verso il fiume. È più vicino alla montagna.
– Bene, andiamo.
Approvò con entusiasmo il Giovane.
Quando il sole si fece basso sull’orizzonte, con chiaro rammarico, il Giovane Adulto, disse:
– Non credo che ormai riusciremo a vedere alcuna Aquila.
I due presero la via del ritorno.

– Nonno, cos’è la Bellezza?
– Ma cosa vuoi che ne sappia io della Bellezza.
Dopo un attimo, il Vecchio, realizzando il senso delle parole del Nipote, si fermò a pensare, poi, cominciò a parlare:
– La Bellezza è la gioventù. È Venere, gentile ed elegante, aggraziata e intelligente, che ti ama e ti rispetta. Oppure, la Bellezza è un panorama che ti lascia senza fiato. È Bellezza, fare l’amore fino a toccare, entrambi, il settimo cielo, con un dito. È Bellezza, la comprensione profonda, scoprire, capire, intuire, spingere il proprio pensiero oltre la conoscenza e il proprio cuore oltre il desiderio. Ma attenzione, la Bellezza è come la luna, ha molte facce; ed è anche come la strada con molti bivi. Devi sapere scegliere se andare da un lato o dall’altro. Puoi scegliere la bellezza di una donna, ma devi sapere bene cos’è la perfidia, la pazzia e la vanità. Puoi intuire una grande scoperta, o realizzare una grande opera, ma devi conoscerne la sua capacità distruttiva. La Bellezza, pura, è un’astrazione utopica, è il Paradiso Terrestre, a cui si può accedere solo dopo morti. Alla Bellezza della vita reale, si accede solo quando si è conosciuta la bruttezza, il male, la violenza, il disagio. Che non è l’inferno, ma il lato oscuro del chiaroscuro che disegna la vita.
– Nonno, sai cosa mi ha portato l’aquila? la Bellezza.
– Ma guarda che è un grande dono. Vuol dire che dovrai impiegare il tempo della tua vita a creare Bellezza, e perciò Bene, Progresso e Aiuto. Sono veramente contento per te, e anche per me, che sono tuo Nonno. Devi capire con quale mezzo dovrai esprimere la tua bellezza, avendo chiaro cosa c’è sull’altra faccia della medaglia, che tutto ciò che di bello creerai non ti appartiene, ma è patrimonio di quel genere umano a cui ‘tu’ appartieni. Sapere, anche, con chiarezza, che la vita è un lasso di tempo messo a disposizione di chi nasce, entro cui ciascuno deve compiere la sua opera, senza perdere alcun tempo.

Da lontano, il cielo dell’orizzonte rifletteva le luci della città, del Vecchio e di quel Giovane Adulto.

Dopo qualche giorno:
– Pronto, Giulia? – il Giovane Adulto telefona alla cugina, Spirito Guida della sua infanzia – come state….. Sai, sono stato all’Abbazia d’Egitto, con il Nonno
– Anche a me, il Nonno, quando avevo circa 25 anni, mi ha portato, fin lassù. E, devo confessarti che, per la mia vita, è stata una vera svolta.
– Ah, sì !, quel vecchio bugiardo, impenitente, a me ha detto di non essere mai stato. Ma quando sei andata tu, c’erano le aquile?
– Di quali aquile parli?

 

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