IL BRUCO DELLA SEGATURA (*)
(ovvero le vedute sghembe di Cincillà)
NEI GIORNI DELLA MERLA
Come una volta le allodole.
Non tornano i conti ma pidocchi e cimici coi treni.
Le forze in campo dopo pasto e riposo.
Pillola nuova: fa pisciare gasolio agli uomini benzina alle donne.
Non regalate cravatte bianche, portano candori.
La ricchezza si sa.
Perché non dirlo?
Le isteriche hanno ragioni da vendere.
Mi sono ritirato dal commercio.
Ci sono scippi da salotto e da strada.
Sodio bicarbonato per piogge acide.
Alluvioni? Li manda Dio per punire i poveri.
È perfettamente inutile.
Parliamo di prezzi.
Siamo tutti rappresentati in Parlamento.
I pensionati alle Maldive.
Il movimento dei forconi ha provocato caduta di maschere.
Un viaggio nella poesia può diventare Odissea.
Un volteggiare di farfalle e farfalloni.
Sobrietà e vini d’oc stringere la cinghia e l’alcool.
Valgono ma non per tutti.
MAL D’AFRICA
Ora è spuma ogni volto nei tramonti Kalahari degradano contorni
si sfaldano ombre boscimane donne steatopigie ricordi contendono dominii
tentano raccordi con l’ignoto aggiunto tra le setole un veleno ottentotto e giaguari
colori come briciole sogni ruminati da giraffe erbe mediche secche e coccodrilli.
A luci spente un cobra lo spirito qualcuno dentisiringhe veleno mortale la Grecia
il maldelpovero il capitale come penacapitale per chi non ha mangiato
i capitoni dell’Egeo per l’Ebreo per l’ombra di Menelao l’Africa respira dal
suo Corno.
(*) La sega è strumento naturale del bruco che si ciba recidendo gambi di fiori, steli di erbe.
Il bruco vive di segature ma non si nutre di segatura. Il bruco è una sega.