Al momento stai visualizzando La seconda notte di plenilunio (2)

È la seconda notte del primo plenilunio d’estate, i giovani e gli amici sono riuniti sulla terrazza sul mare per raccontarsi i sogni della notte e le storie della loro ispirazione; ed esplorare quello stretto spazio, quasi un cunicolo, dove i pittori trovano i loro colori, gli scultori la forma, i poeti i versi, il musicista gli accordi, lì, c’é solo quello e non altro, lì, non c’è spazio per altro.

 È questo il luogo dell’ispirazione ed è questo un Santuario, dove si giunge da soli per incontrare lo Spirito di tutti, attraversando il tempo, e lo spazio, della propria vita, con la mente sgombra, in assoluta solitudine, per prendere coscienza del proprio Talento, e portarlo alla luce del sole, dove, i giovani e gli amici, aiutandosi a vicenda, lo utilizzano per costruire Architravi di Futuro.                                                                                                                          

  (Continua dal numero di aprile)

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(Seconda parte)

Poco lontano, in un anfratto del terreno, quasi una fossa, dove il sole fa fatica ad arrivare era sembrato di vedere muoversi qualcosa di indefinito, che ha destato allarme, era una serpe tigrata tra le ramaglie, e poco discosto tra i sassi, è parso di intravedere, un animale di colore rosso corallo, forse è un’altra serpe. Sale il sentimento di minaccia, si cerca un’arma, un sasso da scagliare contro, si tratta di un rettile antico un piccolo triceratopo, si potrebbe rotolare contro una grossa pietra, man mano questo bestiario tellurico va popolandosi di topi, ragni e pipistrelli fino agli enormi pterodattili volanti, incombenti, come le ombre minacciose che cavalcano la notte e minacciano terrore, inseguendo l’io per strette calli buie, le nostre armi sono inermi, fino a destarci affannati in un incubo d’impotenza. La luce della ragione è stata sopraffatta dal buio timore, il potere personale ha abdicato a favore di occulte volontà collettive. Ragione e conoscenza hanno smarrito il cammino e la rotta, proprio lì ad un passo dalle Convinzioni Profonde [Santuario dell’Essere]. Il bisogno, il pericolo, e il desiderio, hanno pervaso il nostro cuore e offuscato la mente, smarrendoci in una tempesta emotiva. Senza parole, guardiamo in faccia la nostra fragilità e ci tornano in mente immagini epiche di imprese e di coraggio a evocare l’affermazione e la vittoria, antidoti per esorcizzare la paura e lo smarrimento, e, darci il tempo di fare svanire tutto in un ricordo illusorio.

Poi, ci chiediamo come tutto può essere accaduto a pochi passi da quel Santuario dell’Essere dove avevamo sfiorato il Divino Infinito. Per capire che tutto è verità, senza epica e senza vittoria, nessuna illusione e nessuna esaltazione, la realtà non conosce eccessi, bene e male si saldano sull’orlo della loro linea di frattura.

Rientriamo in noi stessi con questa nuova consapevolezza e troviamo la passione per esprimere, col nostro Talento, una creatività nuova.

Al centro, il Fuoco difficile, che trasforma e irrimediabilmente distrugge, è sempre acceso, alimentato dal Bene rancido e dal Male gravido di futuro incompreso. Sull’altare vengono sacrificate mandrie di averi per esorcizzare gli spettri del timore e scongiurare inevitabili catastrofi. È in questo luogo dell’Essere che avviene la purificazione dal peccato, quando si giunge qui, il possesso, l’egoismo e gli attaccamenti che hanno generato il male del peccato e nella mente destato oscuri mostri vanno distrutti col fuoco, fino a trasformarli in ceneri di averi, e liberare l’Essere, con il proposito di condivisione, rispetto e amorevolezza, per incontrare ciascuno il proprio talento e liberare la creatività. L’esistente apre i suoi orizzonti sulla visione del ‘Tutto’. Gli esseri viventi, le cose inanimate, i pensieri e i sentimenti acquistano un significato che ci accoglie e ci comprende, ciascuno sul proprio sentiero.

Il pensiero, con parole astratte, racconta incredibili realtà. Sono le parole degli indovini, come Tiresia e Cassandra, ma altrettanto, astratte sono le parole dei poeti, dei pittori, dei filosofi e degli scienziati, dei Saggi che hanno percorso, in pellegrinaggio, le vie delle loro discipline fino a trovare le parole che rendono universale il loro linguaggio. Le loro parole restano ‘astratte’, fino a quando qualcuno riesce a capirle, ma la forza di queste parole è nella verità, non sono, esse, parole vane, sono destinate ad emergere dalla profondità del pensiero fino ad arrivare alla quotidianità di ognuno, e silenziosamente, stravolgerla.

Il viaggio di ‘emersione’ delle parole astratte non è certo meno faticoso del pellegrinaggio che i loro scopritori (padri di famiglia, oratori e artisti) hanno compiuto per trovarle, perché le insidie cominciano proprio lì, negli anfratti degli archetipi tellurici, dove paure, ansie e illusioni esercitano il loro potere, travestendosi di realtà. E poi, più in là, nel mare delle emozioni, dove le sirene dei sensi vibrano canti irresistibili d’attrazione: Il potere, la gloria e il trionfo, intonano inni di esaltazione, che rischiano di tacitare le parole nuove del pensiero, mai sentite prima e non ancora bene comprese.

È il frastuono sollevato, di chi ha già acquisito, e vuole tenere stretti i suoi possedimenti. Nel tentativo di impedire che il nuovo veda la luce della ragione, o abbia la possibilità di illuminare di un sorriso il volto di chi si rende conto, per la prima volta. Le parole astratte sono il ‘tocco amoroso’ di chi dà e di chi riceve per intuita comprensione, per elettiva affinità, oltre le ‘parole concrete’. Destinato ad essere filtrato, sublimato e decantato dall’intelligenza di chi ha colto il messaggio, ed essere, offerto alla comprensione di tutti, lasciandone incontaminata l’Essenza e il Talento, mirabilmente, sa ascoltare e raccontare.

Quando la verità sorprende, desta emozione. Le emozioni, sommuovono i sentimenti. Nell’animo si accende il fuoco dell’Eros, che genera l’azione.

La prima volta, fu un fulmine ad accendere le sterpaglie, l’australopiteco vedendo, in lontananza, quella luce ebbe un tuffo al cuore e corse a vedere da vicino, ne sentì il crepitio, e il calore lo fermò prima che potesse arrivare troppo vicino, delle sterpaglie restava solo una polvere biancastra, ebbe timore e si allontanò. Poi, tornò sui suoi passi.

Quel fuoco, scaldava, e faceva vedere nella notte, si propagava e bruciava la pelle, riduceva tutto in cenere. È stata una emozione così forte e persistente, per l’australopiteco, da restargli come scolpita dentro e diventare un modello per tutte le stirpi che da esso si sono generate.

ll Fuoco ci affascina, guardando bruciare la legna: accende, arde, illumina, trasforma e distrugge, al di là della consapevolezza. È il fuoco che infiamma l’animo, è l’Eros che brucia nell’arte, che muove oltre la razionalità, e rende possibile ciò che non è mai stato osato, le imprese.