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un ossimoro ideologico

Il movimento “Revolution Conservative” cioè Rivoluzione Conservatrice dà forza al populismo etnico in Germania, creando quell’humus culturale, da cui si sviluppò il già nascente nazismo. Questo movimento viene fondato dal politologo cattolico Othmar Spann, famoso autore del libro del 1921 “Der ware Staat” cioè “Il vero Stato”, antiliberale ed antisocialista, all’interno del quale sono principi e spunti che poi vennero utilizzati da Julius Evola. Rivoluzione Conservatrice significa rivolgersi indietro verso il passato, che è “origine senza inquinamenti della modernità”. Infatti il movimento nasce da un senso di rifiuto del regime politico liberal-democratico e borghese, che era stato creato in Germania nel 1918, in seguito all’esito della prima guerra mondiale ed alla caduta del “Kaiserismo”. Esso fa una critica sferzante al parlamentarismo e alla democrazia, definiti la “tirannia del denaro” ed è molto nostalgico dei valori tradizionali della vecchia Germania. Il suo fondatore Othmar Spann, viennese e studioso di filosofia e scienze politiche in gioventù, è il  maggior rappresentante della dottrina dell’ “Organicismo universale” della società e dello Stato. Negli anni trenta fu il punto di riferimento per quanti tentarono la trasformazione in senso corporativo dello Stato, nei regimi fascisti europei. La concezione organicistica considera lo Stato indipendente  dagli individui, perché non c’è alcun contratto tra essi e l’istituzione statale. Lo Stato, infatti, è concepito come un organismo vivente, costituito sì dall’insieme degli individui ma anteriore ad essi. Othmar Spann fu un irriducibile avversario sia del totalitarismo comunista che, in seguito,  di quello nazista. Teorizzò, inoltre, un modello istituzionale, fortemente decentrato, che anticipò il principio di sussidiarietà dell’enciclica di Pio XI “Quadragesimo anno”. Infatti egli afferma che società, popolo e Stato sono nell’ordinamento naturale, disposto da Dio, una totalità metafisica, in cui lo Stato è la guida e il giudice degli altri ceti e che in ogni ceto vige il “fuhrerprinzip”, cioè la dottrina dei capi e dei seguaci. Ed indica gli esempi: “i capi” dell’economia sono gli industriali e “i seguaci” gli operai. Othmar Spann tentò di fare una “Rivoluzione conservatrice di stampo cattolico, nell’Austria degli anni venti e trenta: un miscuglio di idee platoniche e di mistica e scolastica medioevali, aspirando ad un  “cattolico popolo di Dio”, con il sogno di uno Stato gerarchico e corporativo. Egli aveva aspirato al rango di ideologo del Terzo Reich, ma quando i nazisti, fautori di uno Stato totalitario, occuparono l’Austria nel 1938, lo arrestarono e l’imprigionarono per un anno e mezzo. Dopo si ritirò a vita privata.

Othmar Spann

Gli esponenti del movimento “Revolution Conservative”, oltre al fondatore, furono: Oswald Splenger, Carlo Schmitt, Heinz Priek, Wilhelm Stapel, Mohler Armin, Edgard  Julius Jung, Adam Muller ed altri, tutti nietzschiani, entusiasti della formula dell “eterno ritorno”, che significa riportare la storia a prima dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese. L’assurdo capolavoro ideologico di questo movimento fu sostenere che la prerogativa originaria della natura umana fosse la disuguaglianza tra gli uomini, che doveva essere mantenuta anzi consacrata in ogni atto politico. C’era una certa varietà di personaggi antisociali all’interno del movimento  “Revolution Conservative”. Wilhelm Stapel, giornalista e scrittore della sinistra liberale, direttore del giornale “Hambourg Volskeim”, assertore della teoria dell’Organicismo statale, che resterà l’elemento fondamentale del suo programma, fino alla adesione al Nazismo nel 1933, è uno dei più importanti esponenti del movimento. La rivista mensile  “Deutsches Volkstum” di cui egli era caporedattore ed editore fin dal 1919, diventa oltremodo antisemita durante la Repubblica di Weimar. La posizione di  Wilhelm Stapel nei riguardi degli ebrei non fu quella dell’eliminazione totale, come imponeva il nazismo, però escogitò un minuzioso programma di apartheid, per allontanarli da qualsiasi partecipazione politica. Inoltre Wilhelm Stapel, in barba alla sua nota posizione di liberale di sinistra, espresse con maggior chiarezza la sua ideologia antisociale, quando affermò che, a scanso di equivoci, il concetto nietzschiano dell’ “eterno ritorno” non postulava che tutti gli uomini in origine fossero uguali o che sarebbero stati uguali, bensì al contrario che bisognava conservare sempre la condizione di disuguaglianza, che egli considerava come una “configurazione uscita direttamente dalla mano creatrice di Dio”.

Altro esponente di spicco del movimento è Armin Molher, il quale nella sua opera “La rivoluzione conservatrice in Germania 1918-1932”,  ha operato “all’interno della rivoluzione conservatrice distinzioni che hanno consentito di ricondurre al concetto una parte considerevole dei gruppi politici presenti allora in Germania, ed in particolare: i giovani conservatori, i volkisch, i bundisch, i nazional-rivoluzionari e il movimento dei contadini(1). Ma sappiamo pure dallo scrittore Joachin Petzold della DDR, autore del libro “I precursori di Hitler”, che molti esponenti del movimento “Revolution conservative” dopo il 1933, furono fra i più decisi oppositori del nazionalsocialismo, e per questo vennero eliminati.  Quindi si potrebbe vedere nel movimento “Revolution conservative” un’alternativa a Hitler, ma poi bisognerebbe, come dice Ernst Nolte“ non tener conto del fatto che alcuni degli intellettuali che negli anni Venti erano stati considerati rappresentati della Rivoluzione conservatrice divennero nazionalsocialisti convinti ed esponenti di primo piano, come ad esempio Alfred Baeumler, futuro professore di pedagogia politica a Berlino e stretto collaboratore di Alfred Rosemberg, o Ernst Krieg, per molti anni rettore dell’università di Heidelberg”, (2) Edgard Julius Jung, appartenente anch’egli al movimento “Revolution conservative”, un uomo politicamente conservatore, volontario nella prima guerra mondiale, un attivista nazionalista, inizialmente schierato con Hitlher, poi si pone contro, a causa dei metodi nazisti non condivisi. Da antidemocratico Edgard Julius Jung, anche se era un giurista di grande fama, dice che “Le rivoluzioni liberali come quella del 1979, schierano idee contro la tradizione”. Un altro esponente del movimento Heinz Riek dichiara apertamente che: “L’umanità, questa moltitudine di grandi, piccoli e piccolissimi popoli, è soltanto la deviazione che la storia compie per arrivare a pochi popoli-guida”. Oswaldo Spengler, forse il più importante rappresentante del movimento, il cui pensiero è una specie di preparazione ideologica verso il regime nazista, afferma nella sua opera “Il tramonto dell’Occidente”: “Nell’antichità si aveva la retorica, nell’Occidente si ha il giornalismo e, invero, al servigio di quella cosa astratta che rappresenta la potenza della civilizzazione, il denaro”. (3) Per lui la civiltà occidentale era entrata, già nel secolo XIX, nella sua fase di decadenza, definita “Zivilisation” che per Spengler significa lo strapotere del denaro, e che si realizza con la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, di cui egli attribuisce la colpa al liberalismo, al parlamentarismo e ai partiti politici. Egli sostiene, quindi, la necessità dello Stato autoritario, portando così acqua al mulino dell’ideologia nazista, ma mai aderendovi. Purtroppo, però, stigmatizza anche un razzismo, discriminatorio fin dalla nascita, quando spiega, pieno di orgoglio vitalistico che: “la differenza di rango tra uomini nati per comandare o per servire è una elementare legge di natura”.

Carl Schmitt

Altro grande esponente del movimento “Revolution conservative” è senza dubbio il grande giurista e filosofo Carl Schmitt, un altro pilastro teorico del nazionalsocialismo, che nel 1921 pubblica l’opera “Die dictatur” sulla costituzione della Repubblica di Weimar. Schmitt insegna in varie università tedesche fino a quando nel 1933, dopo aver aderito al partito nazista, arriva alla famosa università Humboldt di Berlino, incarico che dovrà lasciare alla fine della seconda guerra mondiale, per difendersi al processo di Norimberga, dove sebbene indagato e sottoposto a custodia cautelare non venne condannato. Eppure da presidente dell’“Unione dei giuristi nazionalsocialisti” e direttore della “ Rivista dei giuristi tedeschi”  aveva fornito supporto ideologico al Fuhrer! Ma ad un certo punto se ne era distaccato, pur senza mai esternare espliciti pentimenti. Nel 1939 aveva legittimato in termini giuridici, con il saggio “L’ordinamento dei grandi spazi nel diritto internazionale” la politica espansionistica di Hitler, fornendo così al nazismo, proprio all’inizio della seconda guerra mondiale, come dice Roberto Esposito: “Il grimaldello teorico adoperato per smantellare l’ordine fissato dalla pace di Versailles e difeso dalla Società delle Nazioni cioè il concetto di grande spazio”. (4) Questo concetto di macro-pianificazione del diritto internazionale era visto da Carl Schmitt come una sorta di dottrina Monroe tedesca, estesa all’ambito mitteleuropeo, che si adattava perfettamente  a ciò che aveva in mente di fare il Terzo Reich. Schmitt, con quest’opera inerente al concetto di spazio, ha incoraggiato la politica di guerra nazista,  giustificando anche la rivendicazione di Hitler di un diritto alla tutela dei gruppi etnici tedeschi viventi in Stati esteri. Così si spiega anche la politica nazista di insediamento in un territorio occupato, come in Polonia e in altri posti. Mancava ancora la sua posizione sull’antisemitismo, che egli estrinseca con questa maligna frecciatina, a proposito del rapporto tra un popolo e il suo spazio.  Secondo Schmitt per gli ebrei è incomprensibile il rapporto tra un popolo e il suo spazio, perché essi sono stati sempre sradicati e  delocalizzati, speculando vergognosamente, quindi, anche sul loro dramma diasporico. Per lui, invece, è molto comprensibile e cruciale questo rapporto,  perché erano state proprio le contemporanee ricerche biologiche tedesche, che gli avevano fatto formulare il proprio concetto del grande spazio, in base alle ambizioni di un popolo legittimato all’esistenza “ dalla sua specie e dalla sua origine, dal suo sangue e dal suo suolo”. A tale aspirazione del popolo tedesco, continua Schmitt: “ L’azione del Fuhrer ha dato realtà politica, verità storica e un grande futuro nel diritto internazionale”. Eppure Schmitt,  nonostante queste sue visioni, con una serie di scritti difensivi, era riuscito “ a motivare la propria posizione fornendo al procuratore Robert Kempner importanti elementi di valutazione giuridica, al punto che gli Alleati lo avevano liberato”.(5) Infine, bisogna purtroppo constatare che tutti gli appartenenti al movimento di “Rivoluzione conservatrice”, che nulla ha di rivoluzionario, propendono per l’etnocrazia, cioè per il dominio del popolo-etnos, che avrebbe liberato gli uomini dalla democrazia e  dal dominio  dell’aborrito popolo-demos.

Carmelo Nicosia

(1) Ernst Nolte. “La rivoluzione conservatrice”. A cura di Luigi Iannone. Catanzaro. Rubbettino, 2009, p.4.

(2) Ernst Nolte. Cit. p.5.

(3) Oswaldo Spengler. “Il tramonto dell’Occidente”. Milano, Guanda, p.62.

(4) Roberto Esposito. Sangue, suolo e grande spazio. La Repubblica, Lunedì 4 Gennaio, 2016.

(5) Pierluigi Battista. “Norimberga”, Corriere della sera. Milano, 2019, p.134.