Al momento stai visualizzando In pillole. Arianna e il segreto del sasso.

 

Era l’ultimo giorno di freddo quando il pettirosso saltellò sul rametto di ciliegio già gonfio di gemme da fiore, nel silenzio del giardino di montagna, vicino al torrente asciutto, lì, un sasso custodiva da millenni il suo segreto. Era giunto meteora da un’altra stella, aveva squassato la terra, diventato vulcano, formato montagne e rotolato nella piena impetuosa, fino a quel torrente. Ora, aspettava, immobile, di essere trovato da un bimbo a cui avrebbe rivelato forze e particelle dei suoi atomi stellari, per la scienza. Il pettirosso cinguettò qualcosa volando sul ramo accanto. La luce, ancora fredda d’inverno, disegnava la vallata di boschi fino alla pianura, dinanzi alla finestra di Arianna. Lei chiuse gli occhi e prese il ritmo del suo respiro. Il sentire attenuava il suo volgere e il fruscio del tempo diventava più lieve. Una consapevolezza nuova sfumava la realtà e le dimensioni delle cose perdevano i contorni. Tutto confluiva nell’essere, il pettirosso e il ciliegio, il sasso e le stelle, la luce della vallata e la pianura all’orizzonte, l’io e l’inconscio. Il tempo dell’universo sopravanzò l’attimo fuggente del tempo reale e quel momento qualunque della vita, diede ad Arianna il privilegio di rendere l’intuizione coscienza.
Quando Arianna ritornò dietro la sua finestra, il tramonto lontano aveva reso l’ombra al bosco della vallata. Il sasso aveva rivelato ad Arianna il suo segreto stellare: i suoi fermioni e bosoni giusto uguali a quelli di pettirosso e di ciliegio, alla luce della vallata e alla sostanza dei suoi pensieri. Arianna sentì l’amore riempire il suo petto di sorriso, e fu felice di essere sasso stellare, pettirosso d’inverno e ciliegio fiorito di primavera.

Poco dopo, il contrappeso della realtà apparve ad Arianna, come pianto di coccodrillo, e la tristezza stemperò la gioia di cui aveva ancora pieno il cuore.
Lo scorrere dei pensieri in una china tragica, rivelò una realtà finora celata: traboccanti ostentazioni d’affetto di madri materne per i loro piccoli, altro non sono che taglienti denti cannibali che azzannano bimbi e persone care. Rivide davanti ai suoi occhi, cruda, l’immagine del coccodrillo in lacrime.
Attonita e smarrita, Arianna doveva e voleva cancellare e nascondere i suoi pensieri, lei che un momento prima era pettirosso e ciliegio e sasso di torrente, era lei stessa crudele coccodrillo di palude?
L’incertezza impediva alle sue lacrime di uscire, impietrita.
Fece un profondo respiro e lasciò che suonasse una musica tra quei pensieri spinosi, per placare l’emozione. Emerse come una nenia natalizia, nel silenzio della sera ancora luminosa, e lei immaginò il suo bambino, che un giorno sarebbe nato, come Gesù, e vide fermioni e bosoni come la pietra filosofale che aveva sognato di trovare.
Nella sua indole trovò solidarietà, confidenza e complicità amorevole, come sicure compagne di viaggio della sua esistenza.
In quelle lacrime bene e male decantavano la loro vera natura. Arianna non ebbe più timore di piangere.

 

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