Un pittore per quanto possa essere privo di fantasia e quindi si pensa che possa essere un epigono di Piet Mondrian o un seguace della optical art, o un amante della singlossia, tanto che avendola incontrata per la prima volta ad una fermata d’autobus la riconobbe immediatamente perché era sotto la sua cintura, e non poté rivolgerle la parola; allora questo pittore che qui espone questa serigrafia una sera il poeta lo incrociò forse a Torino all’uscita del Teatro Regio, dove c’era una mostra di Paola De’ Cavero, che, lo sanno tutti, detestava i fiori, un po’ come Elisa Penna, ch’era il mio vicedirettore e di Vuesse a “Topolino”, che una volta ci fece mandare un telegramma in Spagna per una campagna contro il combattimento dei galli, e qui da mia madre c’era un increscioso pollaio che, poi, mai si è estinto, lasciato in eredità alle sue galline e volatili della riproduzione , e Vuesse più di una volta mi raccontò del porcile che avevano nell’ aranceto di Mia Nonna dello Zen, porcile si fa presto a dire ed è fuori luogo, c’era anche lì un pollaio e a lato la porcilaia, con il porco che poi dopo capodanno avrebbero quei cultori di Salvatore Giuliano scannato perché del porco, lo sanno tutti, non si butta niente, tutto serve, figuriamoci i porci della zona di Sibari, che, lo sanno tutti, etimologicamente non è altro che la Grossa Troia, la Grande Troia, la Troia, appunto, della Magna Grecia.
Da qui si vede la serigrafia di Giorgio Nelva, che è del 1968,dietro i fiori che è da Sibari che la fioraia dell’Interflora una sera sul tardi ci portò, per via delle distanze enormi e le poste inefficienti, aggiunse Vuesse, le pratiche di consegna son così delicate e sottili e, se una lettera arriva dopo tre mesi o non arriverà più, un mazzo di fiori per quanto venga da Prato che così ha lo stesso nome del prato dove i fiori dovrebbero stare, e così disse quella volta Elisa Penna quando per il suo compleanno si vide recapitare dall’Interflora un nostro mazzo di fiori, e Hemingway allora, quando mandammo quel telegramma a non so chi in Spagna versus il combattimenti dei galli, che avrebbe fatto, se fosse stato in vita ci avrebbe mandato contro a sterminarci Asterix?
Ripassando la serie dei sentimenti, che cosa scorgiamo nella serigrafia di Nelva[i], il passaggio di una giovane donna sotto i portici di via Roma a Torino, e Vuesse che ama la semplicità e la chiarezza e pensa che le ambiguità e le imprecisioni di un passo quando si protraggono nel percorso finiscano con l’esprimere che quella del passo non ha mai amato ancora profondamente e a lungo un uomo, e neppure una donna, per questo non è escluso che dopo un determinato numero di passi si fermi irritata, e allora si mette a ridere per come sorprende il poeta con quell’espressione che solo un poeta visionatore ha quando segue una giovane donna secondo i dettami di Jean Baudrillard; in questa serigrafia di Giorgio Nelva, c’è anche questo giovane uomo e quella giovane donna che sono ormai a pochi metri, questa volta in via Po, e lei si ferma e si volta di scatto e si guardano, attentamente, in silenzio, quasi davanti alla vetrina della Libreria Casalegno ed improvvisamente una furia di gioia, o di gaudio, che è più figo, li coglie, tanto che entrambi capiscono, sanno, che nessuno dei due ha mai amato l’altro.
I poeti, lo si dice in giro, son dei grandi cultori dei piaceri singolari, e quindi, in poche parole, degli estremisti pugnettari, tanto che, essendoci, nella serigrafia di Nelva del 1968, il numero 43, si fa presto a tirarsela appresso l’immagine dell’Anatra, che, a sottrazione fatta[68-43], fa la 25 del Foutre du Clergé de France in cui, appunto, la ragazza torinese del passo viene fantasmata nella posizione chiamata “L’anatra”[ii], che, per i galli e il pollaio di prima, tra Spagna e la grossa porca di Sibari, una giovane sabauda sulla sponda del letto non può che essere uno degli oggetti “a” più fantasmati nei piaceri singolari di quel poeta che ebbe a che fare per più di tre lustri con i paperi e le papere della Disney a Milano.
Nella serie dei sentimenti, anche chi scrive può aver scorto nella serigrafia di Nelva un angolo o un punctum, là come si riesce ancora a vedere, dietro quei fiori, la numerazione 13/15, che, a memoria d’uomo e di donna, il primo ci fa entrare nella posizione denominata “Gli estremi”, in cui quel che conta è che c’è un uccello che trova alloggio in un nido più stretto e gli attanti dei due sostantivi-archetipi(uccello e nido) ne traggono maggior piacere; il secondo rinvia alla posizione 25 e fa entrare in scena anche la figura dell’equus, ma al rovescio[iii]. Nel 1790, si riteneva che così cavalcando al rovescio, la giovane donna, che questa volta è anche l’attante del piacere singolare, con le chiappe così sollevate offre uno spettacolo molto più bello.
[i] Giorgio Nelva ♦ “1968-43” copia 13/15.↲Collezione privata Marisa Aino & V.S. Gaudio
[ii] Cfr. Les quarante manières de foutre, dédiées au Clargé de France[1790], Librairie Arthème Fayard, 1986.
[iii] La maniera numero 15 viene chiamata↛ “Il rovescio della cavalcata”.