Al momento stai visualizzando Il cronometro

Come chi non si è ancora arreso alla presenza dei meravigliosi strumenti che registrano il passare del tempo, Stefano pensa spesso al divenire, alla durata, alla continuità in cui è posto ogni oggetto o fatto della vita. E si sofferma a fantasticare che una catena di montagne o d’ingranaggi fa la medesima cosa: tocca le cime del sistema accidentato del tempo geologico o storico e finisce per danzare sul precipizio delle ore e degli avvenimenti.
«Sono dei veri artisti, i designer di questi meravigliosi strumenti» si trova a riflettere un giorno osservando una vasta e bella esposizione di orologi su una bancarella, durante la passeggiata lungo il mercatino del sabato in una zona poco distante dal centro città. Oltre al reparto dell’orologeria, la postazione dà spazio a un certo numero di giocattoli d’epoca, come bambole e bambolotti snodabili, trombe e trombette, tamburi e tamburelli, macchinine e trenini, soldatini di latta, robottini con la carica a molla, un monopattino, un triciclo, una nave in miniatura… Stefano ne rivede qui molti di quelli che aveva desiderato, spesso invano, da bambino. Quella bancarella sembra condensare davanti ai suoi occhi il mondo dei desideri, realizzabili a buon mercato, dall’infanzia all’età adulta.
La sua attenzione, però, è calamitata dagli orologi.
«Riescono a catturare l’attenzione racchiudendo la vastità del tempo nel giro minuscolo di un quadrante graziosamente stampato» si dice.
Ma ecco che, attratto dal suo luccichio, lo sguardo gli cade su un cronometro di gran marca, di gran valore, confuso fra le decine di orologi, cronometri e cronografi, analogici e digitali, moderni e d’antan, da polso e da taschino, da tavolo e da parete.
È strano trovarne uno lì, uno che, se non è contraffatto, sarà stato ceduto, certo a un prezzo ribassato, per chissà quale improvvisa necessità di denaro.
Stefano, che ne conosce l’effettivo valore e da lungo tempo desidera possederne uno senza poterselo permettere, è fortemente incuriosito. Accarezza con lo sguardo il cronometro, poi si avvicina al commerciante che, con fare discreto ma attento, sorveglia i movimenti dei possibili avventori che si accostano alla bancarella, e gli indica il cronometro.
«Quanto costa?» chiede con dissimulato interesse.
Quello non gli risponde subito, indugia un attimo a scrutare Stefano che, a sua volta, lo guarda colpito dalla sua particolare figura: il volto incorniciato da una lunga barba bianca e il busto stretto in una sorta di palandrana verde che gli arriva fin quasi alle ginocchia e pare accorciare la sua già bassa statura.
Il commerciante, poi, come il serpente tentatore dell’Eden, lo invita a toccare e a esaminare il cronometro, ignorando come il possibile acquirente già conosca quell’orologio in ogni particolare.
«Non so se lo compro» dice Stefano, celando il vero motivo della sua domanda. «Volevo solo sapere quanto verrebbe a costare».
«Guardi, signore, questo è un cronometro di lusso, ma io posso darglielo a un ottimo prezzo». Poi si attarda a spiegare, cercando di convincerlo all’acquisto: «Si tratta di un orologio in platino, importante, di gran pregio, famoso».
«Ah sì? dice Stefano, facendo lo gnorri. «Ma quant’è?» ripete.
La risposta del commerciante infine arriva. Ed è come una fucilata che gli stordisce le orecchie: «Gliel’ho detto, le faccio un ottimo prezzo. Cinquemila euro… Solo cinquemila euro e se lo porta via».
Stefano avverte un leggero formicolio che gli sale dalla pancia al petto e raggiunge l’acme del disappunto contemplando quell’inarrestabile strumento di dominio sul tempo, divenuto, ancora una volta, un impossibile oggetto del desiderio. Tanto più seducente quanto più irraggiungibile.
«Non posso permettermelo» dice.
Il commerciante lo squadra dall’alto in basso e dal basso in alto, e sembra guardarlo con occhio di commiserazione.
«Ci tiene tanto?» chiede dopo una lunga pausa.
«È da parecchio che gli do la caccia» dice Stefano.
Il commerciante lo scruta ancora attentamente. Lo sguardo di commiserazione sembra mutarsi pian piano in uno sguardo di simpatia. Prende il cronometro, se lo rigira a lungo fra le mani, quasi coccolandolo, poi lo porge a Stefano.
«Lo porti via» dice. «Glielo regalo.»
Stefano rimane interdetto. Guarda negli occhi il commerciante. Incredulo, stranito. Prende il cronometro e se lo rigira a sua volta anche lui fra le mani, più confuso che persuaso.
«Dice davvero?» chiede.
«Certamente.»
«Non saprei come ringraziarla…» gli dice con spontaneo senso di riconoscenza.
«Allora non mi ringrazi» risponde il commerciante. Poi aggiunge: «Guardi che a volte le apparenze ingannano».
«Che intende dire? Che è contraffatto?» domanda Stefano.
Quell’essere bizzarro non gli risponde, lo fissa negli occhi e apre le labbra a un enigmatico sorriso.
Stefano è perplesso. Gli sembra tutto così strano, così irreale.
«Grazie ugualmente» dice poi, portandosi via il cronometro.

A casa, riprende in mano l’oggetto e lo osserva minuziosamente. Cerca i segni distintivi della sua originalità e, con grande meraviglia e naturale compiacimento, li trova a uno a uno così come li descrive la casa produttrice sul proprio sito web. Tutto corrisponde con precisione a quanto esposto da quel marchio, che è famoso in tutto il mondo per serietà e rigore. Il cronometro, con assoluta certezza, è autentico. E vale molto più dei cinquemila euro richiesti.
Stefano ora capisce il misterioso sorriso fiorito sulle labbra del venditore al momento del commiato.
«Lo sapeva anche lui» riflette con rinnovato senso d’incredulità e gratitudine. «Devo proprio tornare a ringraziarlo.»
E così, il sabato successivo, di buon mattino, raggiunge il mercatino rionale mentre i venditori si apprestano ad apparecchiare le bancarelle scaricando dai furgoni la mercanzia. Ciascuno occupa lo spazio numerato, quello e nessun altro, assegnatogli dal Comune, lungo un ampio viale alberato dove le file delle bancarelle si snodano, da entrambi i lati, fino in fondo. Stefano prende subito a cercare la sua bancarella. Percorre il tratto di strada che lo separa pregustando il piacere dell’incontro con il donatore, volendo condividere con lui la gioia provata nel constatare l’autenticità e il reale valore del dono.
Ricorda abbastanza bene il posto che la bancarella occupava lo scorso sabato nella parte centrale di quella lunga sequenza. Ha memoria che, benché attirato dalla bancarella di mezzo – quella con l’invitante parata di orologi – aveva osservato, seppure di sfuggita, anche le bancarelle immediatamente vicine, poste a destra e a sinistra. Quella di destra esponeva in prevalenza oggetti di pelletteria; quella di sinistra, gioielli usati e bigiotteria. Entrambe gestite da due giovani donne. Una aveva i capelli lisci e biondi, l’altra rossi e ricci. Con entrambe aveva scambiato qualche parola e qualche sorriso quando sia l’una che l’altra gli avevano proposto di dare un’occhiata anche ai loro articoli.
Giunto sul posto, riconosce subito sia le bancarelle sia le venditrici. Corrispondono precisamente a quanto ricorda. Solo che oggi le due postazioni sono accostate. Separate solo da un breve spazio. La bancarella di mezzo non c’è.
Stefano si avvicina incredulo alla commerciante di una delle due postazioni. Sarà difficile, pensa, che si ricordi di me fra le decine e decine di visitatori.
«Mi scusi…» dice. «Posso chiederle…»
«Prego, dica pure» risponde la donna dando l’impressione di non riconoscerlo.
«Sabato scorso non c’era qui una bancarella che esponeva orologi e giocattoli?»
«Orologi? Giocattoli?» risponde lei pensierosa. Poi afferma risoluta: «Qui non c’è mai stata nessuna bancarella con orologi e giocatoli».
«È proprio sicura?»
«Al cento per cento.»
Stefano è perplesso. Si gratta la testa dubbioso. È poco convinto ma insiste:
«Il venditore era piccolo di statura… Aveva una lunga barba bianca… Indossava una mantella verde… Non ricorda di averlo visto qui intorno?»
«Qui non c’è mai stato un tipo simile.»
«Eppure…»
«Posso confermarlo anch’io» s’inserisce a questo punto anche l’altra venditrice, che ha seguito incuriosita la discussione. «Qui non c’è mai stata una bancarella con orologi e giocattoli.»
«Neanche lei ricorda di aver visto quell’uomo?» domanda Stefano.
«Ha detto piccolo di statura, con una mantella verde, una lunga barba bianca? Me ne ricorderei… Però le assicuro che qui non…»
«Mi sarò sbagliato,» dice Stefano alle due donne «scusatemi». Poi aggiunge: «Qui, d’accordo, non c’è mai stata una bancarella con orologi e giocattoli… Però, nel mercatino, sapete se ce n’è qualcuna?».
«Non mi risulta» dice la prima.
«Mai vista una bancarella del genere» dice la seconda.

Gli sembra tutto assurdo, inverosimile; tuttavia non abbandona il proposito della ricerca. Forse il commerciante ha cambiato sito nel viale. Decide quindi di perlustrare l’intero mercato e passare in rassegna tutte le postazioni. Prima la fila di destra, poi quella di sinistra.
Ogni postazione è animata dai richiami dei venditori e dalla calca vociante dei possibili compratori. Stefano fatica a districarsi in mezzo a tutta quella gente, nondimeno insiste, va avanti e indietro, esamina ogni bancarella, scruta ogni venditore. Al termine, però, deve ammettere che la bancarella con l’uomo che cerca, non c’è.
Che fine avrà fatto? si domanda. Avrà deciso di ritirarsi? Si sarà trasferito altrove? Peggio: gli sarà capitato qualche accidente? Stefano non sa darsi una risposta, ma sa che non smetterà di cercarlo.

La vita, intanto, prosegue normalmente. Con il suo ritmo. Un ritmo ora scandito dal battito instancabile e silenzioso del cronometro.
Stefano non se ne separa mai. Lo prende spesso in mano, lo accarezza come una creatura viva, ne immagina con tenerezza il cuore pulsante all’interno. Lo associa al cuore del suo donatore. Nella sua fantasia, sempre più quell’uomo si configura come un fantasma benevolo, l’agente di un mondo in cui i desideri, piccoli o grandi che siano, trovano appagamento.

Angelo Maugeri