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Infine era arrivato. Alla fine era arrivato l’indirizzo di Torino. Alla fine aveva saputo dove stava quella figurina femminile pallida e affascinante che aveva conosciuto tre mesi prima visitando il Museo Egizio.
Si chiamava M., abitava in Francia, ed era a Torino per i suoi studi d’arte e di storia sui secoli diciassettesimo e diciottesimo: avevano cominciato a chiacchierare mentre erano in coda per entrare e poi l’aveva invitata a prendere qualcosa ed avevano così parlato in abbondanza di interessi e ricerche, di lei e di lui, ma, quando l’aveva invitata a cena, lei aveva messo in mezzo un altro impegno; e poi doveva ritornare a casa, in Francia, di lì a due giorni. Comunque era riuscito ad avere il suo indirizzo mail, e promesso di scriverle, poiché lei gli aveva detto che sarebbe tornata a Torino di lì a tre mesi circa.
D’altronde, oltre che d’arte e di storia, gli aveva rivelato che si interessava anche di vecchie leggende che, come sembrava, avevano dei legami col suo paese in Francia, o addirittura con la sua famiglia, e che riguardavano il Piemonte, e specialmente Torino.
Le aveva scritto solamente pochi giorni prima, benché fossero passati già quasi tre mesi e lei stesse dunque, se aveva detto la verità, per tornare in Piemonte, chiedendole il suo recapito torinese. Se l’era poi immaginata mentre gli rispondeva: meglio, si era immaginato la sua mano pallida e minuta e il suo polso bianco, ornato da quel braccialetto a forma di due delfini che sembrano abbracciarsi e baciarsi (o mordersi); la sua mano minuta e pallida…
Un braccialetto che, gli aveva raccontato lei, apparteneva alla sua famiglia da parecchie generazioni, e su cui erano incise due parole latine: Numquam bis.

Infine era arrivata, la risposta, e non via mail, ma per posta, ed in una busta d’antan, scritta con un inchiostro nero: c’era scritto solamente: Via della Corte di Pietra, 122.
Una strada della vecchia Torino, aveva pensato, per quanto non avesse mai sentito questo nome. Aveva fatto ricerche, chiesto, girato, ma alla fine l’aveva trovata, la strada della Corte di Pietra.
Il vero nome della via era ormai un altro, ma si leggeva Contrà dla Cort ëd Pera, stinto sotto la denominazione moderna. Lunga forse neppure un centinaio di metri, con cinque o sei portoni sulla destra e altrettanti sulla sinistra, come poteva arrivare fino al numero 122? Che avesse letto male, e che fosse quindi, chissà, il 12 o il 22? No, era scritto chiarissimo: 122.
L’unica soluzione era entrare nei portoni e chiedere: una bella ragazza, straniera, che sta a Torino per i suoi studi, non può non essere notata da chi abita nella sua stessa, oltretutto brevissima, via.
Infine, nel terzo portone sulla destra, nel cortile, aveva trovato ciò che cercava: una casa, un portoncino, una targa, 122.
La donna che si era affacciata alla porta, dopo il suo bussare, sembrava uscita da un libro di favole per bambini: vecchia, ma non brutta, persino gentile, ma che non sembrava voler dare troppa confidenza, vestita d’un vestito di mussola, come si usava un tempo, e con alcuni gioielli, al collo ai polsi ed alle dita.
No, non sapeva proprio di una ragazza francese che abitasse in quella casa; la stranezza: del numero 122 qualcuno la spiegava dicendo che un tempo lì passasse un’altra strada molto lunga e che quella casa era l’ultimo ricordo di quella strada; altri la spiegavano in modo diverso, ricordando una leggenda che narrava di una casa portata lì da un altro luogo (addirittura dalla Francia) per mezzo di una stregoneria… ma, di ragazze francesi, che studiassero l’arte e la storia e che abitassero lì non ne aveva mai vista nessuna, e da molti anni.
Eppure, nella lettera si diceva proprio così, e senza nessun dubbio: via della Corte di Pietra 122.
L’aveva addirittura tirata fuori di tasca, quella lettera, che si era trasformata, nella sua mano, in briciole di carta e lacrime secche di inchiostro nero, mentre la donna scompariva e in terra rimaneva, al suo posto, un braccialetto fatto a forma di due delfini che sembrano abbracciarsi e baciarsi (o mordersi…)… Numquam bis.

 

P.S.: Dopo aver portato a compimento questa storia, sono andato davvero a vedere la via della Corte di Pietra, e l’ho trovata ed è proprio lunga forse neppure un centinaio di metri, con cinque o sei portoni sulla destra e altrettanti sulla sinistra. Però devo dire che la casa del numero 122 non c’è, sia nel terzo portone sulla destra sia negli altri, e neanche la vecchia non c’è. Il braccialetto coi due delfini però l’ho trovato… dove? I segreti di una bella donna non si rivelano…

 

Leone Inaudi

Nato nel territorio dell’antico Marchesato di Saluzzo da una famiglia originaria della valle Maira, ma cresciuto ed educato a Torino nei ruggenti ’60, predilige la narrativa breve in italiano, in cui si presentano sempre tematiche e prendono forma figure legate in modo strettissimo alla sua terra. Tornato nei luoghi della sua nascita ed infanzia, per vivere è giornalista e collaboratore di alcune piccole (ma attive) case editrici. Non ha ancora pubblicato nulla su carta.