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Ci hanno insegnato che la Letteratura odia l’attualità ed è apprendimento da non trascurare perché le eccezioni sono talmente poche da essere persino usurate e inadoperabili, ne ricordiamo due esempi notissimi anche a chi scambia il significato di letteratura per una pozione da clistere. Gli esempi che proponiamo sono fortunate locuzioni che continuano a scavalcare i secoli: Veni, vidi, vici e Usque tandem Catilinae? Per il resto, in altre lingue, fate voi lettori.

Nella realtà della vita però, e della stessa Letteratura, quest’ultima si prende rivincite che lasciano con tanto di naso, perché ci mette a cospetto della sua presenza tutte le volte che cacciata dalla porta era rientrata dalla finestra e con pretese tutt’altro che di seconda mano. Anche per queste occasioni gli esempi non mancano e clamorosi, oltre che innumerabili. Noi citiamo la peste descritta da Manzoni ne’ “I Promessi sposi”. Avvenimento che lo scrittore aveva riesumato da una attualità già remota per lui stesso. O lo scorrere e stagnare di attualità pregresse in “Guerra e pace” di Leone Tolstoj. Nell’ultimo dopoguerra anni quaranta del secolo scorso Cassola e Fenoglio, per citare solo due tra i più noti si incaricarono di riprendere nei loro romanzi l’appena trascorsa attualità partigiana e “La ragazza di Bube” si fa leggere ancora, come si propongono alla curiosità dei lettori interessati a una informazione sulla Prima guerra mondiale gli scritti di Padre Bresciani, rimasti famosi anche perché erano stati seguiti da quelli che proprio la storia della letteratura definisce  come “I nipotini di padre Bresciani”.

Nel corso di una trasmissione televisiva dei giorni scorsi Corrado Augias avvertiva sulla necessità di non abbassare la guardia nel momento auspicato dello scemare dei pericoli di contagio che l’attualità del coronavirus rappresenta per tutti, ricordando a esempio dell’esperienza pregressa, la strage provocata dalla spagnola quando, dopo la prima incursione che era stata creduta conclusa, come adesso per il coronavirus, era tornata dopo poco tempo cogliendo tutti alla sprovvista e seminando strage.

Questa noiosa premessa per finire con una conclusione ancor più noiosa, nella quale, dal sottoscala dei limiti e delle miserie umane, ci si chiede in quale emisfero o stratosfera lavorano le officine che creano i virus, quelli della peste di Tebe di cui abbiamo avuto notizie da Sofocle a quelli di cui venivano accusati gli immaginifici untori della peste narrata da Manzoni, al “coronato” dei nostri giorni di porte chiuse, tamponi, mascherine e sacrifici di medici e operatori del settore sanitario ospedaliero. Né c’e, ormai, oracolo come ai tempi descritti da Sofocle. Una sfinge o una sibilla, che, anzi, proprio quest’ultima con quella frase perentoria sul frontone della propria chiesa

ammoniva con un “Conosci te stesso”, che continua a dirla lunga ai nipotini di Sigmund Freud & Co.

Henry de Montherlant si è tirato fuori con una concisa e inappellabile frase: “Il vero mistero non è la morte ma la vita”. Un pannicello caldo che a più d’uno sembrerà formula dell’acqua calda. Insomma: Spagnola, corona o quanto di altro, da quale sorgente scaturisce questa ricorrente occasione drammatica? Si direbbe che sia da cercare in qualcuno dei misteri propri della vita come l’ha definita de Montherlant, o come tirando a maestro il ripetuto Manzoni quando a proposito della conversa sparita misteriosamente dal convento ammonisce: “Se invece di cercare lontano avessero scavato vicino” cioè nell’orto dello stesso convento…

Nei giorni di Manzoni soccorreva la Provvidenza, ma poi questa è affondata proprio nel tratto delle coste siciliane tra Acitrezza e Capomulini, come ci ha informato Verga. Non resta che aspettare i tempi lunghi della disponibilità del vaccino contro il coronavirus. Per il resto meglio non lasciare impronte di bizzarre ipotesi per i tempi in cui, probabilmente, la Letteratura, una volta superata la barriera dell’attualità, la butterà, almeno per il coronavirus, come rimedio contro la smodata crescita delle aspettative di vita, un rimedio come altro per una sfoltita di foglie morte, di vecchi pensionati a carico di chi è produttivo. Il che viene rimosso da ogni logica umana, ma dal momento in cui scopriamo come anche per questa occasione bisognerà capir che non c’è nulla da capire… un appiglio che somigli a una delle verità possibili bisogna pur darselo.

Ludi Rector