Non vengo a evocare silenzi,
solitudine e tempo oltre ogni ragionevole
controversia: da solo o in combutta;
Angelo e Samuele, alcuni ignari
turisti si mostrano instancabili
pellegrini almeno quanto me,
come me sono disposti
a lasciare una traccia e un auspicio.
Davide non resiste ancora:
le sue inquietudini, l’estro selvaggio
e futurista. Eppure amiamo da sempre
questo polveroso pianoro incolto,
nessuno escluso.
Osserviamo respiri e palpiti dentro
il cuore di questa civiltà, cuore
violato che resiste per sola fede.
Vengo a compulsare le rovine,
i malumori insepolti che aleggiano
su queste tombe utero;
Pantalica in fondo si lascia scrutare
con apparente docilità:
esiste ancora quel sapere, nelle macerie
a cui è stato ridotto. Vengo a meditare i lutti,
le lacerazioni, le piste umane scolpite
nell’indignazione e nel coraggio.
Qui si rimane levigati sassi,
sentieri tortuosi che si confondono
con la fitta sterpaglia, canaloni profondi
dove fischia il vento, lo spirito rumoreggia.
Massimiliano Magnano
Ancora su Pantalica
Pubblicato in: 2020, Febbraio, n.93/53 nuova serie, Poesia, sala Salvatore Quasimodo