Avvocato, giornalista, editore. Uomo libero e indipendente in un momento della storia italiana in cui esserlo non era facile né conveniente. Per ricordarne la figura, Barbara Boneschi ha scritto il saggio Gian Luca Zanetti dall’avvocatura al giornalismo e all’editoria, pubblicato nel 2012 da Franco Angeli. Il primo articolo l’avvocato Zanetti lo scrisse nel 1898 sulla rivista La Vita internazionale di Teodoro Moneta. Non uno qualunque, Moneta. Ma il solo italiano cui è stato conferito il Premio Nobel per la pace. Giornalista e politico, Moneta partecipò alle Cinque Giornate di Milano, all’impresa dei Mille e alla battaglia di Custoza, aiutante di campo del generale Sirtori. Ma l’attività in cui mise tutte le sue energie fu quella di propagatore della pace mondiale.
Nel 1917 Zanetti acquista (e ne sarà editore e direttore) il quotidiano milanese La Sera, che dal 1882 usciva in edizione pomeridiana, dandogli una linea di “democrazia operosa e ordinata”. L’autrice del saggio ci dice che Gian Luca Zanetti sostenne i governi Giolitti e Bonomi, criticò Nitti e fu avversario intransigente di Mussolini e del fascismo al punto da dover lasciare la direzione del giornale e cederlo sette anni dopo averlo acquistato. Ci dice che era un risoluto accentratore “legato a grandi rappresentanti dell’industria milanese”, ma sensibilissimo al rinnovamento e al progresso dell’Italia unita. Tanto sensibile da prestare attenzione ai problemi del Mezzogiorno, da sostenere il diritto di voto alle donne e da aprire il giornale al contributo del deputato, scrittore, medico, sociologo e docente di Statistica all’università di Palermo Napoleone Colajanni. Come Moneta, anche Colajanni aveva avuto un giovanile passato garibaldino. Ad appena quindici anni seguì il Generale sino all’Aspromonte, dove fu fatto prigioniero dall’esercito governativo. Garibaldi era passato da Enna, che allora si chiamava Castrogiovanni, un giorno del 1862, e al ragazzino Colajanni riuscì quello che non gli era riuscito, ancora più piccolo, due anni prima, quando i Mille liberarono la Sicilia: eludere cioè il controllo della famiglia e arruolarsi con i garibaldini.
Grande figura Napoleone Colajanni. Un uomo che fa onore alla Sicilia. Figura di grande combattente politico. E questa nota su Zanetti mi dà l’occasione per ricordarlo. Si schierò, rompendo con Crispi, a favore dei Fasci Siciliani e contro lo scandalo della Banca Romana. Fu tra i fondatori del Partito Repubblicano. Contestò certe simpatie bolsceviche del Partito Socialista Italiano. Oggi si parlerebbe di lui come di un liberale riformista. Colajanni morì nel 1921, in tempo per non vedere Mussolini al potere e l’inizio di una dittatura che sarebbe durata vent’anni e avrebbe trascinato l’Italia nella rovina del secondo conflitto mondiale.
Per Barbara Boneschi, che ha saputo ben documentare e arricchire il suo saggio, l’unità politica e sociale dell’Italia “attraverso la cooperazione” fu sempre la linea guida, il principio ispiratore dell’avvocato Zanetti. Il suo impegno editoriale non si esaurì con il quotidiano La Sera. Fondò infatti la casa editrice Unitas cui si deve la pubblicazione di periodici come La Rivista d’Italia e L’Industria. Entrambe da lui dirette e caratterizzate, attraverso grandi firme come quelle di Pareto, Einaudi, Gobetti e Calamandrei, dalla trattazione delle riforme politiche e dello sviluppo economico indispensabili per far uscire il paese dall’arretratezza. Gianluca Zanetti credeva nella cultura, nel “sapere”, che riteneva arma potente e sicura in ogni ora, “anche in quelle più tragiche – sono le sue parole – per risollevare le sorti della Nazione”.