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1.

Mostrava più anni dei suoi venticinque a causa dell’avanzata calvizie. Da tempo aveva perso parecchi capelli, ma quelli rimasti a fargli da corona intorno al capo li curava meticolosamente. Nel lato sinistro se li era fatti crescere più lunghi e, partendo dal basso, li stirava fino a raggiungere il lato destro sormontando il vuoto pressoché completo del centro. Faceva grande uso di gel. Quando non ne aveva a disposizione, ricorreva al succo di limone che, seccando, induriva il riporto dei capelli.
Andava spesso dal parrucchiere, sempre il medesimo, perché quello conosceva la sua acconciatura e sapeva fargli ben bene il riporto.
Una volta, mentre sforbiciava intorno alla sua testa, il parrucchiere andava lamentandosi. Una sforbiciata e un lamento, un lamento e una sforbiciata.
«Che cos’ha da lamentarsi?» domandò cortesemente il cliente.
«Ce l’ho con mia moglie» sbuffava il poveretto «Non ne posso più! Io che vivo fra i capelli, devo trovarmeli perfino nella minestra!… Capelli suoi, di mia moglie, lunghi e sottili, beninteso, non miei, corti e spessi… Lei sostiene che sono i miei, o che li porto io in casa dal negozio… Io con i capelli ci lavoro, in casa non ce li porto, e nella minestra no, non ce li voglio trovare!».
«Capelli di sua moglie? Dicendo così, mi fa scacciare l’idea di ammogliarmi» disse il cliente.
«Il matrimonio però ha anche i suoi lati positivi» replicò il parrucchiere.
«Sì? E quali?»
«Mia moglie, per scusarsi, mi ha detto: – In compenso hai me, senza i miracoli di trucco e parrucco».
«Immagino, immagino…» disse il cliente. Poi aggiunse: «La maggior parte delle donne non ha problemi di calvizie…»
«Invidia le donne?»
«Non le donne, i capelluti.»
Pensava a come la natura spaccia per originale varietà di attributi la loro iniqua distribuzione, favorendo i belli rispetto ai brutti, i magri rispetto ai grassi, gli alti e asciutti rispetto ai bassi e tarchiati, i capelluti rispetto ai calvi. Perciò reputava che la natura occorresse correggerla, emendarla, là dove più evidente era l’ingiustizia che perpetrava.
Cercava rimedio in creme e lozioni spacciate per miracolose, capaci di bloccare la caduta dei capelli e stimolarne la ricrescita. Le acquistava speranzoso ma, accertata la loro scarsa efficacia, ne interrompeva disilluso l’utilizzo. Perciò spesso preferiva ricorrere a un trattamento popolare ritenuto più proficuo in virtù delle sostanze nutritive che metteva in campo. Difatti, a mo’ di shampoo casalingo si spiaccicava in testa un tuorlo d’uovo e con quello massaggiava a lungo il cuoio capelluto dove, come fili d’erba in un prato spoglio, qualche capello ancora persisteva.
«Quello che mi frega è il vento» diceva poi specchiandosi con due specchietti, uno sopra e l’altro dietro il capo.
Quando usciva di casa, bello o brutto che fosse il tempo, era portato a camminare sopravvento, anche col capo coperto.

Al tempo delle castagne – periodo che assimila la caduta dei capelli a quella dei ricci – dei già radi capelli al centro del cranio gliene era rimasto solo uno. Lungo e forte, ben radicato. Per quanto ne avesse messo in conto la caduta, quello aveva resistito coraggiosamente al vario trascorrere delle stagioni. Adesso svettava solitario nella nudità del cuoio, circondato dalla folta corona laterale, come un esile filo d’erba che né la pioggia né il vento erano riusciti ad abbattere.
Gli si era affezionato. Prima di ricoprirlo con il riporto, ne controllava l’esistenza con il sentimento di chi, pensando alle lunghe battaglie combattute per la loro sopravvivenza, guarda un superstite con soddisfazione ricordando con rammarico i caduti.
Recatosi anche quella volta dal parrucchiere per l’abituale servizio, fu accolto con la consueta deferenza.
«La solita acconciatura?»
«La solita, grazie.»
Messosi all’opera, il parrucchiere intervenne sulla corona laterale dei capelli pianificandone con cura anche il riporto. Vedendo poi che al centro del capo c’era solo un capello, prima di adoperare le forbici volle cautamente chiedere:
«Che faccio, lo taglio o lo lascio?»
Il cliente rimase pensieroso per qualche secondo, in bilico fra le due possibilità. Poi senza più esitare disse:
«Lo lasci.»

Angelo Maugeri