«Nel profondo del suo cuore, aspettava che accadesse qualcosa. Come i marinai naufraghi, rivolgeva uno sguardo disperato alla solitudine della sua vita, nella speranza di scorgere una vela bianca tra le lontane nebbie all’orizzonte… Ma non accedeva nulla […] Il futuro era un corridoio oscuro e la porta in fondo era sbarrata»
Madame Bovary, Gustave Flaubert
Un giorno di sole e di acque calme, una principessa dotata di gambe, braccia, polmoni, cuore, occhi, bocca e naso decise di emergere dal profondo del mare. Aveva i capelli corti, la pelle liscia e nessun abito addosso. Ambiziosa e certa di sé, decise che quel giorno avrebbe provato a divenire regina dei mari. All’emersione, sulla spalla destra aveva una medusa che, però, con sua sorpresa, non le causava dolore alcuno; nonostante ciò, scelse ugualmente di scrollarsela di dosso, facendola precipitare in acqua. La medusa, inerme, si fece sempre più lontana per poi scomparire definitivamente negli abissi marini. E così la principessa iniziò a nuotare: in lontananza riusciva a scrutare delle ombre vaghe, sembravano scogliere, ma potevano essere anche spiagge ricche di vegetazione, forse il litorale di un continente. Tutto però era troppo, troppo lontano.
Mentre continuava a nuotare alla ricerca di qualcosa che la potesse rendere davvero regina, incontrò un uomo. Era biondo come lei e per muoversi usava uno strano marchingegno che, senza fatica alcuna, gli consentiva di spostarsi più velocemente di qualsiasi mammifero, pesce ed anfibio. Eppure, non era il re del mare. La principessa, però, che stupida non era, gli chiese un passaggio, così da poter continuare il proprio viaggio senza fatica alcuna. “Dove vai?” chiese lui, ma non ottenne alcuna risposta. Ciò, comunque, non mutò la sua generosità e così i due andarono per mare sino a quando raggiunsero un punto dove l’oceano improvvisamente si faceva molto meno profondo di prima. Era una secca, qui i due potevano toccare persino il fondale con le piante dei piedi. Ai loro lati si ergevano due faraglioni, talmente ripidi che non potevano essere scalati da uomo alcuno. Sulle loro cime, svettava un albero rigoglioso, gremito di foglie, ma privo di frutti. La principessa stava per chiedere al suo compagno di viaggio di ripartire, quando provò ad immergere la testa sott’acqua per poi accorgersi che poteva respirarvi dentro, nonostante l’assenza di branchie. “Grazie per quanto fatto, ma io resto qui, il mare mi chiama” disse esterrefatta. E così i due si salutarono, consapevoli che non si sarebbero mai più rivisti. La principessa aspettò che il suo compagno di viaggio si allontanasse sino a diventare un’ombra tra le ombre, alla pari di ciò che alla sua emersione aveva scorto in lontananza.
La principessa era entusiasta, poteva tornare da dov’era venuta, forse proprio lì avrebbe trovato il segreto per divenire regina. Lo voleva, lo desiderava, avrebbe fatto di tutto per ottenerlo, persino uccidere. Così inizio a camminare sino a superare quella secca dove si era fermata, il fondale, nonostante si fosse fatto nuovamente profondo, non era più scuro e tetro. Tutto sembrava tranquillo e luminoso, così come in superfice. Pesci colorati e coralli rendevano unico il quadro che si prospettava ai suoi occhi. Ancora non riusciva a credere di poter respirare sott’acqua, essendo uguale in tutto e per tutto ad un essere umano. Inoltre, seppur fosse completamente nuda, non sentiva nemmeno freddo. Nuotando giunse ad un arco naturale creatosi dall’unione di due rocce marine. Sembrava una sorta di arena, che – a sua volta – si affacciava s’uno scorcio d’altro mare. Improvvisamente, però, di fianco a lei apparvero altre donne. Chi aveva i capelli scuri chi chiari, chi era totalmente nuda, chi solo parzialmente: le nuove arrivate avevano solo una cosa in comune, la frase che ripetevano incessantemente. “Stai attenta! E ricorda… non devi mai e poi mai toccare i pesci, potrebbero arrabbiarsi!” La principessa, stizzita da questo monito, peraltro in assenza di qualsivoglia tipo pesce, volle dimostrare che quanto detto era assolutamente falso.
Dopo questo suo pensiero, iniziarono ad apparire i primi pesci. Erano piccoli dentici, dal colore rubino. Provò più volte a toccarli, ma senza riuscirci. Erano troppo piccoli e veloci. Allora pensò che bastasse aspettare che arrivassero quelli più grandi. Poco dopo, come se la sua volontà potesse tradursi in imminente futuro, i pesci iniziarono a farsi sempre più grandi. Sembrava davvero che ogni suo desiderio, potesse divenire realtà. Bastava davvero semplicemente pensarlo? Non si pose il problema di pensare che ciò potesse avere un costo. Spuntò così un dentice enorme, seguito da altri altrettanto grossi. Qui gli ammonimenti della platea si fecero più insistenti. “Non toccarlo!” Ma la principessa, fregandosene, lo toccò più e più volte, urlando “Visto? Non succede niente!”. Tuttavia, ad un tratto, il mare iniziò a farsi più scuro. Che sopra stesse tramontando il sole? Intanto le altre donne si facevano sempre più lontane mentre tutti i dentici – compreso quello che lei aveva accarezzato – passarono da uno stato di tranquillità totale ad uno di agitazione profonda. Stava arrivando qualcosa. Dalle profondità oceaniche iniziarono a risalire dei pesci che sembravano aver vissuto la morte per poi essere tornati indietro, erano parzialmente decomposti, ricordavano dei dinosauri in viso, sul resto del corpo avevano pinne, branchie e squame. Dalla pelle s’intravedevano alcune lische; avevano denti sporgenti, sporchi di sangue, occhi completamente bianchi ed erano avvolti da una sorta di alone funereo, color ocra. La principessa ne aveva sentito parlare, si chiamava “puzza di morte”, ma aveva sempre pensato che si trattasse solo di uno dei tanti racconti per metter paura ai bambini.
Provò ad avvicinarsi, così come aveva fatto in precedenza con gli altri pesci. Questa volta non aveva il cuore leggero e l’animo sprezzante del pericolo, questa volta aveva solamente paura. I nuovi arrivati non ricambiarono la cortesia e, dopo riuscì a sfiorarli appena, la morsero ad un braccio, squarciandole le carni. “Aiuto!” gridava invano alle altre donne che osservavano il macabro spettacolo subacqueo. Queste, però, più che inorridite, sembravano divertite: ridevano, ridevano di gusto, rinfacciandole come l’avessero già messa in guardia e come lei le avesse bellamente ignorate. La principessa, vedendo l’acqua tingersi di sangue, si spaventò ancora di più. Provò a scappare, ma non ci riuscì. Mentre i nuovi abitanti del mare continuavano a dilaniarla davanti, i dentici, apparentemente innocui, avevano iniziato a mangiarle la schiena. Quando finirono non restò nulla, se non un sogno ormai impossibile da realizzare.
E così si conclude la storia di una principessa che aveva provato a diventare regina, ma era finita sbranata viva, senza capire perché tanta mostruosità aveva scelto lei per soddisfare il proprio appetito.
Francesco Raguni