Italiani brava gente. Recitano così i luoghi comuni sul nostro “bel paese”. Italiani bravi cristiani. La domenica in chiesa, il petto ben battuto davanti a santi idolatri in armonia con un monoteismo atipico. Italia terra di salve, sàlvati, salvàti e salvini. Terra di devoti autorizzati, a cui piace stare seduti davanti la TV. Miscredenti pagani autorizzati che si dimenano tra giustizie differenziate ad hoc in contesti scabrosi rilevati da fonti poco attendibili ma mirati a colpire coscienze da indirizzare. Italia paese di mari e naviganti, paese di coste e di rive. Paese di isole e sole. Sicilia di barche e migranti. Terra bruciata dal fuoco e crocevia di dominazioni. Sicilia devota, cristiana, madre di màrtiri e martìri, ancestrale nei suoi culti e riti, accende ceri sempre più grandi in segno di carità. Salva il salvabile e rinnega il vicino abbronzato, in segno di un’invasione non autorizzata. Sicilia e siciliani, popolo di una terra arida e crudele, abbandonata con disprezzo, ma da difendere persino da un barcone. Non serve ricordare il passato, non serve solo la carità cristiana in questo caso, per ricordare il ciclico fluire della storia. Di forni troppo caldi tanto da bruciare ancora. Il siciliano sa che di salvatori verdastri non ne ha bisogno, l’unico che dovrebbe ricordare di idolatrare è quello inchiodato da più di duemila anni su una croce di legno, non necessariamente in segno di fede ma per etica morale di uomo. Del resto se anche il dialetto ci ricorda che, prima di essere uomo italiano, il siciliano è un cristiano (poiché il dialetto siciliano usa il termine “cristianu” per indicare “uomo”) un motivo ci sarà, e non dipende unicamente dalla professione di fede, ma piuttosto da un’identità insulare che non possiamo e non dobbiamo dimenticare e sottovalutare. Salviamo il salvabile!