Intervista a Vittoria Scilletta, a cura di Viviana Fubini
Non sono più tempi di analfabetismo puro. Anche in questo settore è arrivato l’inquinamento. E vi galoppa. Quello di oggi è stato classificato “di ritorno”, quindi è un tipo nuovo di analfabetismo. Non è puro come quello di una volta, quando negli atti notarili al posto della firma del “barone” il notaio certificava: “Non firma perché nobile”. Discorso che richiederebbe riflessioni e lunghi commenti alle stesse riflessioni. Una inchiesta, oggi, superati i primi dieci anni del Terzo Millennio, ci potrebbe informare su particolari sorprendenti in materia di analfabetismo di ritorno. Ma è inchiesta che non faremo. Una curiosità che lasceremo, almeno per quanto ci riguarda, nel limbo dell’immaginazione più ottimistica. Ci ha tentato, viceversa, una breve indagine sull’esperienza di quanti, per una ragione o per un’altra, (andarle a distinguere e catalogare sarebbe probatio diabolica) hanno abbandonato gli studi da poter seguire dopo la “scuola dell’obbligo”.
L’imbeccata ci è stata data dal direttore: trenta intervista ad altrettante giovani che abbiano compiuto i venti e non abbiano superato i trenta anni, alla data dell’intervista. Perché trenta soggetti per l’inchiesta? Il direttore, che ama spesso provocare con i non sense e le metafore, ci ha risposto: “Trenta come i danari del tradimento di Giuda”. Né ci ha voluto spiegare oltre. Noi l’abbiamo interpretato come il riferimento allo studio, alla formazione tradita, venduta a chi vorrebbe che l’informazione scientifica, e comunque l’informazione tout-court, restasse un privilegio di caste. A chi vorrebbe poter dominare su un gregge dove “come l’una fa le altre fanno”. Un tradimento terribile che uguaglia quello di una condanna a morte.
Le undici domande che abbiamo inviato alle trenta persone che ci sono state segnalate dai nostri fiduciari che operano in altrettanti e diversi centri d’Italia, hanno avuto, tutte, pronto e generoso riscontro. Le risposte sono state in chiara maggioranza di “pentimento”. Ben diciotto si dicono pentiti di non aver proseguito, anche chi, rispondendo ai quesiti, ci ha lasciato intendere che non avrebbe potuto garantire di un proprio “amore per il sapere”.
Altrettanto chiara la presa di posizione di chi non esita a gloriarsi della scelta di non aver proseguito. Quasi tutti manifestano sottesi sentimenti di “compatimento” verso chi, puntando a una laurea o semplicemente a un diploma, si è destinato a finire in subordine di chi non aveva proseguito con gli studi e si era dato da fare per trovarsi un lavoro. Forse una rivalsa retorica da inconfessata frustrazione. Chissà. Un elemento balza però evidente dalle risposte di chi ha lasciato: quello dell’appagamento e della “liberazione” di una condizione ritenuta imposta, coatta. Una forma blanda di odio per la scuola in quanto dovere senza prospettive di qualche meta sicura. Nessun riferimento al fascino del sapere, nessun rimpianto verso gli anni delle prime amicizie e delle prime esperienze di vita di relazione.
Dall’estensione delle risposte, e dal loro tendere più verso un genere di ricordi o rimpianti, abbiamo potuto capire più di quanto tentassero di esprimere lunghe descrizioni di ambienti e atmosfere. Forse anche per questa ragione ci è stato agevole procedere alla selezione delle risposte e alla scelta di quella ritenuta più rappresentativa, esaustiva, chiara e sincera. La pubblichiamo perché la riteniamo (noi tutti della redazione, direttore compreso) rivendicativa rispetto all’insieme delle altre, nonché esemplare per l’asciuttezza dello stile e la evidente carica di forte personalità che l’ha esitata. Chi parla poco ha molto da dire, ci viene da commentare a favore della laconicità di Vittoria Scilletta da Regalbuto, centro agricolo in provincia di Enna, da dove la la nostra intervistata vive, lavora e… legge nei ritagli che il suo lavoro le consente. Auguri, Vittoria!
Ed ecco l’intervista:
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Domanda: Il ricordo di un giorno di scuola, possibilmente il primo (asilo, elementare, quello che lei ricorda ancora).
Risposta: Quello che mi è rimasto in mente, risale alla scuola materna… mi scambiarono per una ragazzina dell’ultimo anno. Invece ero solo del primo.
D. Un ricordo qualsiasi, sempre relativo alla scuola, e legato a qualsiasi anno (medie, elementari).
R. Un ricordo della scuola elementare – poteva essere la quarta – mi sono confidata con la mia compagna di banco su un ragazzino che mi piaceva, lei… beh, gliel’ha detto. Ricordo ancora come fosse oggi l’umiliazione di allora (anche se oggi la ricordo con malinconia e sorriso); ricordo il discorso che ci fece la maestra, sul fatto che fosse normale etc. ma l’umiliazione che provai rimane indimenticabile!
D. Quale insegnante delle elementari ricorda ancora e perché?
R. Ricordo per l’appunto la maestra citata sopra, con quanta passione e delicatezza cercava di non urtare i sentimenti di alcuno.
D. Quali materie la attiravano maggiormente?
R. Le materie che mi attiravano di più sono state la matematica e la storia.
D. Svolgeva volentieri i temi d’italiano?
R. I temi li svolgevo volentieri, ma essendo sempre stata tipo di poche parole li facevo corti.
D. Quali professori delle Medie ricorda con simpatia?
R. Il professore di matematica e la professoressa di storia.
D. Lasciando la scuola ha provato rimpianti? E per cosa?
R. Ovviamente quando l’ho lasciata ero sicura, anzi, sicurissima che non avrei avuto rimpianti, l’avrei giurato sul fuoco. Beh non è così, magari non sarebbe cambiato niente, ma magari no, sarebbe stata comunque esperienza in più, ma oramai è inutile rimuginarvi sopra…
D. Se avesse proseguito con gli studi quale facoltà avrebbe scelto?
R. Mi ha sempre affascinato l’archeologia, il trovare cose antiche, civiltà perse.
D. Oggi, a distanza di anni, riprenderebbe a studiare?
R. Non credo, troppe complicazioni su tutto, certe cose non possono cambiare. Ma sicuramente se si potesse, cambierei la mia scelta di abbandonare gli studi.
D. Ci può dire il titolo di qualche libro che ha letto ultimamente?
R. Ho appena finito di leggere Una donna non dimentica, di Sidney Sheldon, e ho appena iniziato Giorno e notte, sempre di Sidney Sheldon.
D. Consiglierebbe a chi oggi frequenta una scuola media di lasciare dopo l’adempimento della scuola d’obbligo e di trovarsi un lavoro o consiglierebbe di proseguire come non ha fatto lei?
R. Consiglierei ovviamente di continuare a studiare. Anche se chi studia non ha il lavoro assicurato, ma per me non è un fatto di soldi, lo studio è importante sia come cultura sia come esperienza, come speranza; speranza di un futuro migliore, più soddisfacente. Non ci si deve soffermare solo sull’oggi, ma pensare al domani, come appunto non ho fatto io.