ĠUŻÈ ELLUL MERCER, Sotto il fuoco. Malta bombardata dagli italo-tedeschi. Diario del primo anno di guerra 1940-1941, Isabella Ellul Mercer Cefai (Traduzione dalla lingua maltese), Siracusa, Morrone editore, 2019, p. 189.
La storia, per essere scritta, ha bisogno di essere documentata. La ricerca d’archivio rappresenta la principale fonte per scrivere la storia di un luogo. Molto importanti sono i diari di guerra, perché presentano un punto di vista diverso rispetto alle fonti archivistiche e le completano. I diari sono fonti inedite prodotte da uomini di appartenenze culturali diverse che rendono vitale la memoria storica. In tempi recenti, come dice Stefano Cavazza, «anche per effetto degli stimoli forniti dalle scienze sociali e dall’antropologia culturale e in sintonia con le tendenze della ricerca internazionale, gli storici italiani hanno rivolto in misura crescente la loro attenzione ai processi di costruzione del senso di appartenenza locale». Il libro di ĠUŻÈ ELLUL MERCER, Sotto il fuoco. Malta bombardata dagli italo-tedeschi. Diario del primo anno di guerra 1940-1941 si inserisce bene in questa prospettiva.
Ho intervistato la nipote dell’autore del Diario e traduttrice del libro dal maltese, cioè Isabella Ellul Mercer Cefai per capire chi era ĠUŻÈ ELLUL MERCER.
R.: Guze Ellul Mercer, nato a Msida il 22 marzo 1897, ha condotto i suoi studi presso il Collegio Flores e poi al Liceo. Ha lavorato come impiegato con i Servizi inglesi. Il 26 luglio 1921 ha sposato Maria Teresa Brockdorrf, figlia di Frederick Brockdorff editore di Msida. Ha preso parte all’Assemblea Nazionale per redigere la bozza della Costituzione del 1947. Nel 1950 dopo aver finito il suo lavoro con Servizi britannici, ha cominciato la sua carriera politica ed è stato eletto per tre volte consecutive, nel 1951, nel 1953 e nel 1955. Tra il 1955 e il 1958, è stato Ministro dei Lavori e Ricostruzione nel governo di Dom Mintoff. Tra il 1955 e 1958, ha portato a termine una serie di progetti, come l’ampliamento e la ricostruzione dei collegamenti stradali. Per la prima volta a Malta si è cominciato a parlare di educazione a tempo pieno nella scuola, che diventava gratuita. Nel 1957 furono costruite diciotto nuove scuole e ne furono ampliate molte altre.
È morto a Sliema il 22 settembre 1961, all’età di 64 anni.
D.: Mi può descrivere la carriera letteraria di questo famoso personaggio maltese?
R.: La letteratura – sosteneva Ellul – è il mezzo per educare il popolo maltese. Ha iniziato la sua carriera letteraria nel 1927. Ġużè Ellul Mercer apparteneva a un gruppo di scrittori socio-realisti, alcuni dei quali all’epoca militavano nel partito laburista. Insieme ad autori come John F. Marks, Ġużè Bonnici, Juann Mamo, Ġużè Orlando e Ġużè Chetcuti, Ellul Mercer ha scritto di ingiustizia sociale e povertà; dei livelli di elevata disuguaglianza tra il popolo maltese e i suoi sovrani coloniali; del diritto all’istruzione; ma soprattutto di emancipazione materiale, secolare, intellettuale e politica dell’intera nazione.
Ha scritto centinaia di articoli su quotidiani e riviste.
Ha pubblicato:
Le novelle “Il Hmar” (L’asino) e “Il Hmara” (L’asina);
La Toqtolx (Non uccidere) 1927;
Ħrejjef ta ‘mingħul (Le favole di un maledetto) 1929;
Għall-Imħabba (Per amore) 1938;
Leli ta ‘Ħaż-Żgħir (Leli del villaggio) 1938, un romanzo psicologico, il primo nella letteratura maltese, nel quale Ellul Mercer descrive come l’ignoranza possa portare allo sfruttamento.
Taħt in-Nar (Sotto il fuoco) 1949, diario di guerra;
Naħal u Friefet (Api e Farfalle), due volumi 1949 e 1957.
Ellul Mercer è vissuto in una fase tumultuosa della storia maltese. Durante il conflitto politico-religioso tra il partito laburista e la chiesa maltese negli anni Sessanta, quando, in quanto membro dell’esecutivo del partito laburista, Ellul Mercer fu interdetto dalla chiesa. Eppure sono già del 1928 scritti come Ħrejjef ta’ Barraminau (Storie incredibili) che erano stati vietati dalla Chiesa. A causa delle sue convinzioni sociali e politiche, Ellul Mercer fu sepolto nella parte sconsacrata del cimitero che i maltesi chiamavano “miżbla” (letteralmente: discarica).
Commento al libro
Nel libro Sotto il fuoco. Malta bombardata dagli italo-tedeschi. Diario del primo anno di guerra 1940-1941 l’autore che lavorava per i Servizi inglesi inizia il suo diario dicendo: «Prima di lasciare il mio posto di lavoro ho saputo da un amico inglese che il primo ministro italiano Ciano che ha comunicato all’ambasciatore inglese a Roma che l’Italia sarebbe entrata in guerra contro gli inglesi, e che da un momento all’altro Mussolini avrebbe dato questa notizia… ma la maggioranza dei Maltesi non ci vuole credere». Ciò perché tra Italia e Malta erano stati amici e lo sono anche adesso. Tanto che a Malta nel 1932 era stato istituito l’Istituto di Cultura grazie ad una conferenza tenuta da Ugo Ojetti. Il console generale Silenzi in questa occasione aveva detto: «Se nel mondo vi fossero più Istituti di Cultura e meno officine per fabbricare armi e munizioni…allora certo sarebbe assai più facile parlare di una pace universale e solo allora i problemi dell’unione dei popoli non troverebbero tante difficoltà alla loro soluzione». Pur tuttavia le cose non andarono in questo modo perché Malta durante la seconda guerra mondiale, era di grande importanza strategica tra le forze aeree Italiane e della Germania e la Royal Air Force dall’altra. L’Asse decise di costringere Malta alla resa, bombar-dandola o prendendola per fame, attaccando i suoi porti, le città, il capoluogo e le navi alleate che rifornivano l’isola. Malta fu una delle zone più bombardate durante la guerra, perché punto strategico, cioè stazione intermedia lungo il percorso commerciale britannico verso l’India e l’estremo oriente. La consapevolezza riguardo la paura dei primi attacchi aerei non era stata realizzata, perché dice l’autore «la paura è arrivata dopo. Fino a quel momento, e come tanti altri non avevamo realizzato bene cosa significasse trovarsi sotto un attacco di bombe, specialmente quando ci si trova sotto un tetto in una città o in un villaggio che viene attaccato». L’autore nonostante la paura, non viene meno nel lodare alcune categorie di maltesi. Egli dice: «Non tutti erano impauriti quanto me, per il forte attacco di ieri sera (era mercoledì 12 giugno 1940). Il comportamento di tanti Maltesi che come me si erano trovati per la prima volta sotto il fuoco, è da lodare; soprattutto monaci, preti, poliziotti, altri. I primi fra tutti che hanno mostrato una grande capacità erano quelli dell’Air Raid Precaution. Il dovere trascina questa gente nei posti più pericolosi… Si prendono cura dei feriti e di quelli che hanno perduto la casa; in poche parole aiutano chiunque ne abbia bisogno».
L’autore, alla fine del suo diario, e cioè martedì 10 giugno 1941 scrive delle considerazioni molto importanti: «Paura, trasalimenti, spaventi rumori assordanti, in una sola parola una vita peggiore di quella delle bestie hanno minato la salute dei figli più piccoli, una ferita che non guarirà mai. Chissà quanti di questi che crescendo diverranno donne e uomini, saranno costretti a pagare tutto ciò che hanno subito». Ma oltre al sentimento della paura, dice l’etno-antropologo dottor Corrado Di Pietro: «C’è un altro sentimento. Quello della santità del giorno. È difficile da spiegare una cosa del genere. Malta è una piccola isola e nei suoi piccoli villaggi c’erano delle feste, delle feste religiose, del Santo Patrono. Questa religiosità diffusa era una specie di collante fra tutta la popolazione, perché raccoglieva la gente attorno alla famiglia, attorno alla mensa, attorno alla festa e quindi in qualche modo si viveva. La guerra, i bombardamenti procurano anche in questo caso la rottura. Una rottura del tempo e una rottura dello spazio. Una rottura del tempo perché le feste non si possono più programmare. E se si fanno si svolgono in modalità nascosta, senza troppi clamori. È una rottura dello spazio, perché tutto ciò che prima accomunava lo spazio sentimentale, ora non è più possibile perché ognuna se ne sta nelle proprie case».
Il dottor Corrado Di Pietro trae da questo libro un altro sentimento importante, il dolore. “Il dolore- dice Di Pietro- è figlio della solitudine, della carne lacerata, martoriata”. Egli mette in risalto un passo del libro dove l’autore scrive: «Era una bella mattina d’estate, Il sole era molto luminoso e abbagliante. L’aereo sembrava una grande palla di fuoco e cadendo, lasciava dietro di sé, una scia di fumo a forma di “S”, in quel momento ho sentito una grande pena per quel giovane che con grande sofferenza stava morendo bruciato lassù in un bel giorno d’estate, per colpa dell’orgoglio e della durezza di qualcuno che lo ha mandato su di noi per attaccarci e distruggerci, come è crudele il mondo».
“Che bella lezione ci viene fuori da queste pagine, continua Di Pietro. Ma quante lezioni di storia dovremmo fare per capire la pietas e la commiserazione, la compassione di questo giovane che scrive e scrive di un nemico fra le altre cose. L’aereo è un aereo nemico, e lui, l’autore ha pietà per il soldato nemico che muore bruciato vivo in aria. Questo perché il dolore appartiene a tutti”.
Ma «Com’è successo in passato, anche in questa occasione, Malta ha dimostrato che, anche se piccola, nell’intelligenza e nel comportamento dei suoi figli è fra le prime ad avere esaltato la sua civiltà e il suo orgoglio».
Ho chiesto ancora ad Isabella, nipote dell’autore del libro:
D.: Sul retro della copertina del libro si legge: “Quanto siete fortunati voi che state solamente leggendo e che non avete sofferto niente di quello che hanno sofferto i vostri padri e le vostre madri!”
Dopo aver letto questa frase le chiedo: A Malta i giovani sono consapevoli di ciò che è successo in passato ai loro nonni e al paese tutto e se nelle scuole e presso le istituzioni si fa qualcosa per evitare che ciò possa avvenire nuovamente a causa di mentalità che hanno poco senso umanitario?
R.: Sì, nelle scuole si parla di questi eventi, ma ritengo non abbastanza. Io sto facendo la mia parte; ho proposto al ministro della cultura di fare adottare questo libro tradotto in italiano nelle scuole maltesi per due motivi: fare conoscere bene cosa hanno fatto i loro nonni per rendere migliore la loro vita, e per divulgare la lingua italiana che io amo molto ma che da qualche anno si sta perdendo. Non è più la lingua che si studiava e si parlava correntemente prima dell’avvento degli inglesi.
D.: Mi sembra di aver capito che questo libro è stato scritto per due motivi:
Il primo per raccontare un periodo storico da parte di chi ha subito le conseguenze della guerra.
Il secondo motivo, più importante per l’autore, è di voler esaltare il coraggio e la determinazione del popolo maltese. Alla fine del suo diario l’autore scrive: Abbiamo visto grandi e potenti nazioni cadere sotto i piedi degli stranieri al primo colpo di gamba ricevuto, mentre i giovani maltesi su questa piccola roccia isolata dal resto del mondo continuano a sfidare il fuoco. Solamente per questo, se non per altro Malta merita onore e gloria.
Riguardo a questa mia considerazione Isabella cosa ne pensa?
R.: Abbiamo mostrato tanto coraggio tutti, non solo i giovani. I giovani erano alle postazioni contraeree e rischiavano per primi. Ma anche le donne e gli anziani hanno collaborato; le donne portavano secchi di acqua per raffreddare i cannoni che se si riscaldavano eccessivamente rischiavano di incepparsi. Tutti hanno difeso Malta.
Un bombardamento che Malta ha subito, non in quanto interessata nel secondo conflitto mondiale, ma solo perché “ospitava” gli inglesi. Quindi noi siamo stati vittime; siamo stati usati.
I maltesi sono stati sempre fratelli degli italiani, e per strani giochi politici ci siamo trovati gli uni contro gli altri. I maltesi sono stati fedeli e hanno rispettato i patti con gli inglesi; per questo motivo è stata concessa a Malta la George Cross una onorificenza che ha inorgoglito tutto il popolo e che oggi si trova sulla bandiera maltese.
Dice l’autore nella prefazione: «Per concludere, sarebbe un peccato non parlare, in queste memorie, dei soldati e delle loro gesta». Ma è stato importantissimo pubblicare ciò che Ġużè Ellul Mercer ha scritto. Ed è stato un editore siracusano che ha avuto questo privilegio.
Ho intervistato il dottore Carlo Morrone editore riguardo questa pubblicazione:
D.: Come ha conosciuto la Signora Isabella traduttrice del libro?
R.: Ho conosciuto Isabella Ellul Mercer nell’agosto del 2017 nel caffè letterario che avevo realizzato a Malta, nella città di Sliema.
Quando ha saputo che ero giornalista ed editore mi ha portato in visione alcuni libri pubblicati da suo zio scrittore e politico molto noto in tutta Malta, Guzè Ellul Mercer, scritti in lingua maltese.
Lei, che parla bene la lingua italiana, mi ha tradotto i titoli e le prefazioni di alcuni libri. Fra tutti mi ha colpito “Tħat in-nar” (Sotto il fuoco). Ho scoperto dalla prefazione si trattava del diario dei bombardamenti su Malta da parte degli italiani e dei tedeschi, nel 1940-41. Mi è sembrato utile fare conoscere all’Italia questo testo.
D.: Come è nata l’idea di pubblicare un libro che tratta di un aspetto particolare della guerra maltese?
R.: Non si tratta di una guerra maltese; all’inizio della seconda guerra mondiale, Malta era un protettorato inglese. Questo divenne un grave handicap per l’Italia quando Mussolini dichiarò guerra proprio all’Inghilterra. Gli inglesi cominciarono ad attaccare i convogli italiani che portavano armi e soldati in Africa Orientale. Bisognava occupare o rendere innocua Malta. Nel mese di giugno del 1940 cominciò un fitto bombardamento sugli obiettivi sensibili dell’isola: aeroporti e porti.
Guzè Ellul Mercer, che lavorava con gli inglesi, ha scritto un diario di questa fase della seconda guerra mondiale.
Il National Book Council ha accolto con entusiasmo il progetto di tradurre in lingua italiana il testo e lo ha sostenuto fino in fondo.
Il grande successo che il libro ha trovato (soprattutto e incredibilmente a Malta), ha portato il National Book Council a propormi la traduzione di quello che è considerato il capolavoro di Guzè Ellul Mercer “Leli ta Haz-Zghir” (Leli di Casal Piccolo).
Il libro, ancora oggi studiato nelle scuole superiori di Malta, è già in fase di traduzione, ovviamente a cura di Isabella Ellul Mercer, e sarà pubblicato entro questa estate.
Luisa Santoro