La testa di Giovannino volava da palo in frasca, come se fosse sospinta lontano dal vento: in un momento gli veniva in mente una cosa, poi subito un’altra, ma presto ne subentrava un’altra ancora.
Voleva fare il giro del mondo, poi immergersi nei mari più profondi, andare sulla luna, ma anche correre al parco giochi, collezionare conchiglie e galoppare col cavallo: i suoi progetti erano infiniti, dalla ricerca della pietra filosofale all’allevamento dei bachi da seta, dall’esplorazione delle galassie alla coltivazione dei tartufi.
La testa girava all’impazzata, sospinta da una strana frenesia, come se volesse precedere il tempo che scorreva ineluttabilmente: ruota e gira, vorticava in un guazzabuglio di pensieri contrastanti che sembravano spingerlo lontano, ma lui faceva meno di un passo.
Una sera, quando era assalito da pensieri concentrici che volevano spingerlo da una parte, ma anche dall’altra, per tutto questo girare all’impazzata la sua testa si bloccò.
Allora Giovannino cominciava a dire parole strampalate, che non avevano né sugo né senso e tutti ridevano a crepapelle: era come stare al circo e lui ne sparava di tutti i colori, con la gente che applaudiva per tante astruserie che non volevano dire proprio niente, ma tutti credevano che ci fossero nascosti doppi sensi, parole magiche, formule d’incantesimo.
Adesso tutti lo consideravano una specie di guru, un iniziato che prevede il futuro e il tempo che farà il giorno dopo, uno che dà i numeri della cabala e fa vincere al totip: le sue astrusità lasciavano tutti a bocca aperta, come se parlasse l’oracolo.
Succedeva però che mai nessuno vincesse, che piovesse quando prevedeva sole, che le schedine non fossero mai azzeccate, così un poco alla volta la gente cominciò a voltargli le spalle, come uno che invece di fortuna porta solo scalogna.
Infatti in quel periodo seccava l’acqua della fonte, morivano le pecore nei prati, fulmini colpivano i malcapitati a passeggio: si diffuse la voce che fosse proprio per colpa sua, che girava sempre con un vestito nero come il carbone che spaventava anche i bambini.
Un giorno lo videro che parlava con gli alberi, scambiate per persone, poi lo scorsero quando rimproverava un merlo perché cantava troppo, una volta lo scoprirono mentre cercava di ammansire una gallina che gli facesse l’uovo e persino quando invitava le vipere a entrare in casa per ripararsi dal sole.
Così tutti si accorsero che la sua testa era bloccata: nessuno andava più a trovarlo e tutti fuggivano appena lo incontravano perché si diceva che portava il malocchio, così lui trascorreva le sue lunghe giornate in perfetta solitudine nei supermercati, dove c’era l’aria condizionata.
Un giorno, mentre era appostato vicino ai surgelati, arrivò una strana signora con un lungo vestito azzurro e un buffo cappellino in testa: aveva un sorriso radioso e lui ne restò ammaliato.
Pensò subito che fosse scesa dal cielo, perché nei suoi occhi s’intuiva una dolcezza infinita: infatti era una fata, mandata da qualcuno in suo soccorso.
Dopo un attimo di esitazione, eccola armeggiare con la borsetta, poi estrarre una bacchetta: lui restava senza fiato a guardarla, ma poco dopo la vide battere la bacchetta, che era quella magica, proprio sopra la sua testa, come per gioco.
Bastò un colpetto e la sua testa cominciò a ruotare, cose se si fosse disincagliata o liberata da un malefizio: subito sentì che qualcosa dentro di lui si stava liberando, come se uno slancio nuovo lo invadesse.
La fata era già sparita, tornando nel suo mondo incantato, ma quando Giovannino si guardò allo specchio si accorse che la sua testa era girata dall’altra parte e ne provò tanto spavento che si mise a tremare.
Avere la testa sistemata all’incontrario non è una bella situazione, ma lui non si scoraggiò, anzi cominciò a raccontare delle storielle ai bambini che venivano al supermercato: erano delle fiabe che parlavano di fate e di streghe, ma succedeva che Giovannino, con la testa girata all’incontrario, calcava la mano su spiriti maligni e diavoletti.
Alla fine i bambini scoppiavano a piangere, terrorizzati, e le madri lo guardavano in cagnesco perché adesso i loro bambini non riuscivano più a dormire di notte per paura che comparissero maghi o lupi.
Così Giovannino si trovò del tutto solo, perché più nessuno voleva giocare con lui: a vederlo con la testa girata all’incontrario le mamme si scandalizzavano e fecero diffondere che era un buono a nulla, solo di far paura ai loro bambini, tanto educati.
Per fortuna un giorno ritornò quella fata e, visto che tutti erano in lacrime, con le madri furenti, diede un altro colpo con la sua bacchetta sulla testa di Giovannino: questa volta la sua testa s’aggiustò, guardando in faccia ogni cosa.
Allora lui si mise a raccontare storie esilaranti, che facevano ridere tutti e più nessuno piangeva: al massimo qualcuno diceva che erano tutte storie campate in aria…
Mario Rondi