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COTONE IDROFOBO

rubrica di pareri socio-psico-eccetera

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la crisi del MATRIMONIO ieri e oggi

quadro

 

È che oggi i giovani si sposano con troppa facilità.

Questa è l’argomentazione più ricorrente a cui più volte mi sono trovata ad annuire. Ma le cose stanno davvero così?

Può dirsi, la sottoscritta, appartenente a una generazione younger ma non crede che i propri coetanei pensino al matrimonio come a una pizza. Se solo ci si pensa un attimo, non è che ieri per sposare una donna il pretendente dovesse prima recuperare il vello d’oro! Se provassimo ad ascoltare le storie raccontate dai nostri nonni, ma anche dai nostri genitori, ci troviamo a pensare “ma così? e gli hai detto ?”. I miei nonni si conoscevano appena quando si sono sposati e ho sempre creduto che il loro fosse il matrimonio più riuscito che conosca. Forse il solo.

Se ascolto storie e riflessioni di questa nuova generazione, me stessa compresa, mi accorgo invece di quanto siamo difficili, paranoici, in preda a insicurezze e timori di non avere davanti la persona giusta, di perder tempo al seguito di qualcosa che potrebbe non durare o averci ingannato, paturnie giustificate da esperienze pregresse, o anche da quelle vicarie dei nostri genitori e dei genitori dei nostri amici, fallimentari, che terrorizzano ulteriormente la visione disastrosa che abbiamo oggi del “legame legalizzato”.

Siamo davvero più faciloni oggi che ieri? E se la ragione fosse da ricercarsi altrove?

Affiora una vocina, che non vuol essere definitiva né dispensatrice di verità, ma si lega ad aspetti culturali e sociali quali sono quelli propri di un’era speedy-gonzales in cui prendi un aereo e sei a casa per cena e al top della performance ranking svetta la sacra self-realization, il più inviolabile dovere di un cittadino nella parte di Terra imbevuta d’Individualismo. Non che i popoli storicamente collettivisti spicchino per un’esemplare politica di rispetto verso i diritti umani! Ancor oggi dove le esigenze d’una collettività (come può essere nel piccolo anche la famiglia) viene prima del singolo, solitamente questo non sta proprio bene. Dove, invece, la più grossa colpa è quella di non essere coerenti con se stessi, con i propri sentimenti, i propri ideali (ergo il comunemente chiamato Occidente), “ogni testa è un tribunale”.

C’è una crescente intolleranza nei confronti dei difetti dell’altro, lì dove ieri i nostri nonni detenevano un’ammirevole capacità quantomeno di commiserazione. C’è forse di mezzo anche l’umiltà a fronte dell’arroganza, che ridimensiona anche la concezione che abbiamo di noi stessi? Ancora una volta la sindrome porta il nome di Individualismo. Che non si rischi tuttavia di demonizzare ciò che ha permesso alla nostra civiltà di raggiungere traguardi di civilizzazione, come si accennava, poco su, in merito al rispetto dei diritti umani. Che ogni estremizzazione non rechi beneficio ma tutt’altro è già abbastanza assodato persino nell’epoca del Nobel per la Letteratura a un cantautore. Così, questa diffusa crisi che ognuno si diverte ad attribuire a un diverso male preferibilmente figlio della deumanizzazione o della degradazione culturale e morale delle nuove generazioni, propongo di non addebitarla al matrimonio, bensì alle relazioni umane e alla loro gestione, dove la relazione è sia con l’Altro che con Sé.