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UNA ENCICLOPEDIA DI VIZI E VIRTÙ DI UN SECOLO TRA CAOS E CIVILTÀ BOSCHIVA, SPREMUTI IN CHIAVE AFORISTICA E PROPOSTE DA STEFANO LANUZZA, ECCELLENTE LETTERATO DI CHIARA FAMA EUROPEA, CHE METTE DA SEMPRE AL PRIMO POSTO IL PENSIERO E LA RICERCA.

Si può dire che Stefano Lanuzza sia un assiduo frequentatore del BOSCO, considerando che l’attuale suo nuovo libro, intitolato Caos e bosco, segue a Bosco dell’Essere , pubblicato a inizio secolo. Lanuzza è un guardiano impeccabile della realtà letteraria europea, evidentemente con particolare attenzione verso quella italiana, di cui a più costanti riprese continua a dimostrarsi informatore con grazia e acribia scientifica, cui si dovrà aggiungere l’autonomia di ricerche personali fuori coro, e fuori binari di ingegneria accademica. Sarebbe correttezza qualche cenno ai pregressi impegni dello stesso Autore tra narrativa e poesia proposte come altrettanti modelli di ricerca sulla linea di espressività linguistica la cui originalità gioverebbe conoscere a quanti annaspano a sperimentare tra contaminazioni e mistilinguismo. Ma non dobbiamo distrarre l’attenzione che auspichiamo per la novità recentissima, di Caos e bosco  (pagg. 200, euro 16, Oedipus editore), un libro nel quale si può leggere la enciclopedica personalità dell’intellettuale oltre al “divertimento” per un genere di informazioni che variano fornendo un caleidoscopio di occasioni collegate al “come eravamo”, al “come siamo”, a quanto di vizi e virtù la dolente realtà, di caso in caso epocale, ora certa, ora incerta, ha continuato a ispirare la filosofia, la letteratura e persino i più nobili cronisti.

Enciclopedia della civiltà di un secolo e passa? O lacerti tra storia e filosofia del caos che ripete la selva intricata di ombre su sentieri non tracciati, né tracciabili? Lanuzza non è stato mai parenetico nei suoi scritti di analisi critiche. Né didascalico, perché anche in questo caso di una combinazione di “sentenze” collazionate come per un dolente divertimento. L’ordine presentato è un mosaico di coloriture che riproducono la parte scottante, drammatica, paradossale, ridicola, con l’esito di coinvolgere il lettore a cospetto della figura virtuale-concreta del caos e del bosco. Insomma, un libro di assoluta originalità e di assicurato valore e forte gradimento per ogni tipo di lettore. Noi ci fermiamo a citare un quarto di pagina tra quelle più “semplici” non aforistiche e dense di pensiero come nella soverchiante offerta del divertimento di Lanuzza. Il quale si dimostra anche collezionista narratore di straordinari paradossi: <<Montale ha        frequentato fino alla terza tecnica, poi studi da baritono, e infine tre lauree ad honorem>> (E. Biagi, Mille camere, 1984). Ancora Montale: redattore del <<Corriere della Sera>>, Cavaliere di Gran Croce, senatore a vita e premio Nobel. <<si è saputo che il poeta si faceva scrivere le recensioni che pubblicava su Corriere da Henry  Furst, poi le firmava>> (E. Biagi, I come Italiani, 1993). Ed Einstein bocciato all’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo. Mozart supera a stento l’esame di ammissione all’Accademia filarmonica di Bologna. Manzoni studente svogliato e annoiato. Annoiato a scuola pure il matematico, fisico e cosmologo Stephen Hawking. Darwin per qualche tempo pensa di farsi prete. L’astrofisica Margherita Hack è debole in matematica. Verdi non viene ammesso al Conservatorio di Milano”. Come “Paradossi” non c’è male, ma il bello è tutto da scoprire tra CAOS E BOSCO.

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UNA “ANTOLOGIA RAGIONATA DELLE POESIE DI LEOPARDI” PRESENTATA E CURATA DA SONIA CAPOROSSI E ACCOMPAGNATA DA UN SAGGIO CONCLUSIVO DI APPROFONDIMENTO DI ANTONINO CONTILIANO.

Ai cultori di studi leopardiani (ma anche agli studenti che si accingono alla conoscenza del Poeta di Recanati e ai più comuni lettori di buoni libri e docenti), suggeriamo di non farsi sfuggire l’occasione che viene offerta dal recentissimo e nuovo studio di Sonia Caporossi, L’Infinita solitudine, Antologia ragionata delle poesie di Giacomo Leopardi, pubblicato dalla Marco Saya edizioni (Pagg.150, euro 15,00).  La “marcia in più” che la Caporossi dimostra nel saggio introduttivo alla scelta delle poesie, non è solo la originalità del confronto tra pregresse indagini analitico-critiche, da Francesco Flora a Edoardo Sanguineti, ma viene esaltata dalla originalità di confronti in cui la musicista (Sonia Caporossi è nota musicista compositrice) propone confronti e conclusioni che illuminano aspetti inediti per la storia della critica alla poesia leopardiana. Citiamo da pag. 19 del saggio introduttivo della suddetta curatrice a proposito di tutto il discorso su L’infinito:Sembrerebbe quasi il superamento dell’idillio, non fosse per in Canto successivo, La quiete dopo la tempesta, che seppur composto prima del Pastore non è stato posizionato in quest’ordine a caso dall’autore. Paragonando l’incipit  esultante e gioioso a un Presto sinfonico degno di Beethoven, Francesco Flora negli anni Quaranta sottolineava proprio l’impeto idillico del componimento (…). E Antonino Contiliano, ancora su L’infinito: “Calvino scrive, infatti, che Leopardi nella poesia L’infinito parte <<dal rigore astratto d’una idea matematica di spazio e di tempo e la confronta con l’indefinito, vago fluttuare delle sensazioni>>. Il vago che ha a che fare con le cose, gli spazi e i tempi dell’esperienza quotidiana di ciascuno di noi. E se da un lato si riferisce alle astrazioni concettuali circa le grandezze quantitative infinitesimali ( o nulle) della ragione calcolante, l’altro lato è quello delle astrazioni circa le estensioni quantitative del sentire, l’elemento estetico-percettivo dell’immaginazione fantasticante.>>

L’antologia è ricca di 24 poesie in edizione integrale, dato evidentemente imprescindibile per una offerta come questa; tuttavia non scontato per quanti a memoria delle edizioni scolastiche, dai loro tempi del liceo, si scopriranno sorpresi di potere conoscere quella parte del mondo leopardiano di cui avevano assaggiato la punta dell’iceberg e vagamente informati sugli ulteriori momenti più autentici del poeta più caro, di cui adesso Sonia Caporossi e Antonino Contiliano, puntando su L’infinito, spiegano, con chiarezza e applicazione scientifica, la solitudine, cioè il denominatore su cui s’impone la vibrazione umana delle due anime in una: la poesia e il pensiero.

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